La casa colonica, com’è noto, è stata una delle componenti più importanti, meglio sarebbe dire la principale, di quello che Emilio Sereni definì il ‘bel paesaggio’ toscano. Certamente è stata la più caratterizzante e significativa del paesaggio agrario della Toscana, che è poi il paesaggio della mezzadria. Oggi che la mezzadria è scomparsa da decenni e le coltivazioni tradizionali sostituite da moderni e razionali impianti, oppure abbandonate, la casa colonica è l’unica testimonianza di un secolare paesaggio agrario. Inoltre queste case sono state quasi tutte recuperate con una ben diversa destinazione d’uso: come seconde case e/o come sede di agriturismo. Si è posto quindi il problema del loro restauro, attraverso una conoscenza consapevole, che ha fatto tornare di attualità la storiografia della casa colonica.
Già nella prima metà del Novecento il geografo Renato Biasutti denunciava la necessità di indagini conoscitive sulla dimora rurale in Italia, sulla scia di quanto, già da qualche decennio di andava facendo in altre nazioni europee. A lui va il merito di aver dato vita, negli anni Trenta, alla collana delle monografie regionali, da lui stesso iniziata con quella su La casa rurale nella Toscana, pubblicata da Zanichelli nel 1938. Una collana, tuttavia, non ancora conclusa nel 1970, quando venne dato alle stampe il volume 29, di sintesi, che Giuseppe Barbieri e Lucio Gambi curarono su La casa rurale in Italia.
Se il primo suggerimento di ricerca partì dai geografi, negli stessi anni anche gli architetti si interessarono a questo argomento, come si evince dalla mostra sull’architettura rurale nell’ambito della VI Triennale di Milano del 1936, curata da Giuseppe Pagano e Guarniero Daniel. Pagano vedeva nell’architettura rurale una logica scaturita da necessità pratiche, dunque un modello, «un libro di onestà edilizia denso d’insegnamento», in un’epoca segnata da una predominante retorica architettonica.
In anni più recenti la casa colonica, da sempre soggetto di pittori e vedutisti, è stata al centro di attenzioni per gli amanti del paesaggio toscano, come Guido Biffoli, e per gli storici dell’arte o, meglio, degli storici dell’architettura, come Lorenzo Gori Montanelli e Gigi Salvagnini. Molteplici sono state le chiavi di lettura della dimora rurale, per i tanti aspetti sotto i quali può essere interpretato il suo divenire, come dimostrano certe catalogazioni su scala locale.