La perdita di ossigeno nell'oceano mondiale è in cima alla lista delle principali minacce legate al riscaldamento globale. Il tasso complessivo di ossigeno è diminuito dell'1-2% tra il 1960 e il 2010. E le simulazioni dei modelli prevedono che il calo potrebbe continuare e raggiungere tra l'1% e il 7% in più entro la fine del secolo.
Le condizioni di vita stanno cambiando nel gigantesco ambiente marino, che rappresenta il 97% dello spazio fisico abitabile di questo pianeta.
Nel suo rapporto speciale sull'oceano e la criosfera di settembre, il gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) ha messo in luce questa tendenza. L'Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) rincara la dose e lancia un nuovo allarme sotto forma di un imponente studio intitolato "Deossigenazione degli oceani: problema che coinvolge tutti", pubblicato in occasione della conferenza sul clima COP25 di Madrid. Ci sono voluti tre anni per arrivare a questo studio di diverse centinaia di pagine, al quale hanno collaborato 67 scienziati provenienti da 51 istituti di ricerca in 17 paesi. (….)
Vicino alle coste si moltiplicano le "zone morte", o più precisamente ipossiche, anche anossiche in casi estremi. Più di 700 di queste aree private di ossigeno e abbandonate dalle specie che possono farlo sono ora identificate. Tuttavia, il 10% di loro è in fase di recupero, notano gli autori, perché ora sappiamo cosa le produce e che mezzi usare per evitarlo.
L'agricoltura intensiva e le acque reflue non trattate scaricano l'eccesso di azoto e fosforo sulla costa, aumentando il fitoplancton e altre macroalghe. La decomposizione di tutta questa materia organica consuma la maggior parte dell'ossigeno disciolto nell'acqua. L'eutrofizzazione – primo stadio prima dell'ipossia – si sta diffondendo e ora colpisce più di 900 aree in Asia, ma anche nel Mar Baltico, nel Mar Nero o nel Golfo del Messico…
Questo fenomeno allontana i pesci brucatori, prede apprezzate dai grandi predatori e favorisce invece le piccole specie detritivore. (…)
Per le specie che respirano nell'acqua di mare, adattarsi alle variazioni dei livelli di ossigeno è molto complicato. E i rifugi mancano perché per effetto del riscaldamento globale, la disossigenazione avviene a tutte le profondità.
Poiché l'ossigeno si dissolve meno bene nell'acqua calda, la stratificazione verticale della colonna d'acqua sta diventando più forte, rallentando la diffusione tra gli strati superiori a contatto con l'atmosfera e i fondali, più freddi. Inoltre, la circolazione più lenta nelle profondità vi riduce l'apporto di ossigeno.
Questo squilibrio complesso avrà un impatto sui sistemi di risalita di acqua fredda carichi di nutrienti che alimentano ecosistemi molto ricchi, come quelli situati in particolare al largo del Perù e dell'Africa occidentale. I pescatori conoscono bene questi fenomeni e hanno molto da perdere.
da: “Le Monde” in Agrapress, Rassegna Stampa Estera 12/12/2019