La conferenza “Soil and the SDGs: Challenges and need for action” organizzata a Bruxelles il 25 novembre 2019 dalla Direzione Generale Ambiente della Commissione Europea, ha ospitato una ricca agenda di interventi per dare una visione a 360° delle sfide legate alla degradazione del suolo che avanza nei diversi territori degli Stati Membri e l’urgenza di pianificare azioni e prevedere strumenti adeguati per invertire la tendenza in atto nella nuova programmazione comunitaria 2021-2027. Gli Obbiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS) elaborati dalle Nazioni Unite richiamano l’attenzione sul suolo in diversi punti, sia direttamente che indirettamente, pur senza aver sviluppato un obiettivo specifico al riguardo. A livello europeo, la Soil Thematic Strategy elaborata nel 2006 ha rappresentato una pietra miliare per stimolare il confronto politico su questo argomento. Più tardi, la Roadmap to a Resource Efficient Europe ha avuto lo scopo di dare una continuità alla misura elaborata nel 2006, e di promuovere la gestione sostenibile delle risorse, compresa la gestione del territorio e del suolo, che dovrebbe realizzarsi entro il 2050. Nonostante queste iniziative di alto profilo, le politiche mirate alla prevenzione del degrado del suolo rimangono frammentarie e basate su politiche settoriali.
La conferenza, pertanto, ha riguardato l’analisi dello stato di avanzamento nell'attuazione degli OSS relativi al suolo, così come la condivisione di dati, monitoraggi, buone pratiche e raccomandazioni politiche. Nel corso della giornata, rappresentanti delle istituzioni dell'UE, dell'agenzia europea dell'ambiente, della comunità scientifica e della Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione hanno fornito spunti sulla tematica da diverse prospettive.
Nell’intervento che ritraeva le attuali condizioni del suolo in Europa è emerso che nonostante i miglioramenti in termini di tutela del suolo, produzione e consumo, sia nella pratica che nelle politiche, non sono stati sufficienti, soprattutto in un contesto di cambiamento climatico ed aumento di eventi estremi, a garantire una resilienza a lungo termine. Una costante degradazione dei suoli, in termini sia fisici (ad es. erosione e compattazione), chimici (soprattutto per i suoli delle aree urbane e per l’agricoltura intensiva, frequentemente contaminati) e biologici (in particolare per la diminuzione del carbonio organico e della biodiversità), sottolinea l’urgente necessità di un piano d’azione per raggiungere la “Land Degradation Neutrality” (LDN), ossia lo stato in cui la quantità e la qualità delle risorse del territorio e del suolo, necessarie per supportare le funzioni e i servizi dell'ecosistema per migliorare la sicurezza alimentare, rimangono stabili o aumentano entro determinate scale temporali e spaziali. Pioniera in questa direzione è stata la Germania, che già dal 1998 ha elaborato e attuato politiche per contenere il degrado del suolo. In Italia, è stata proposta la metodologia messa a punto negli anni novanta dal progetto Medalus, per calcolare un indice di qualità ambientale e intervenire in alcune aree maggiormente vulnerabili del Paese, in particolare: Sicilia, Molise, Puglia, Basilicata e Sardegna. La proposta è indirizzata a promuovere azioni concrete per sviluppare politiche regionali e nazionali per il raggiungimento della LDN, prevedendo congiuntamente un sistema di monitoraggio, ricerca scientifica e campagne di sensibilizzazione pubblica.
Malgrado i buoni propositi che sono emersi da tutti gli interventi, le linee guida, sia in termini di buone pratiche e sia di politiche d’indirizzo, sono rimaste molto generiche durante l’intera conferenza. Le considerazioni espresse, sono risultate condivisibili, non esaurienti ed in alcuni casi ovvie: non hanno dimostrato, infatti, di avere una chiara visione sulle metodologie da adottare per promuovere un reale cambiamento nelle politiche di sostegno, per favorire l’adozione di razionali sistemi di gestione sostenibile del suolo che vanno sì monitorati, ma anche misurati in termini d’impatto e riconosciuti come servizi ecosistemici, corrispondendo agli agricoltori virtuosi il giusto ricompenso economico.
Risulta quindi necessario considerare in modo integrato sia gli aspetti della gestione e sia quali interventi possono essere attuati, ma anche quelli necessari per tendere verso una LDN, stimando le risorse economiche necessarie ed i tempi per valutare in modo oggettivo l’impatto di un cambio di paradigma indispensabile, soprattutto per il nostro Paese. Questi fondamentali aspetti non sono stati affrontati con adeguatezza e rigorosa impostazione scientifica, mentre sono state evidenziate alcune delle urgenze per spostare le priorità, sia in termini di politiche e sia di azione, dalla semplice osservazione del suolo agli aspetti pratici e gestionali, confermando la necessità delle analisi di scenario e l’osservazione costante delle criticità dello stato di salute del suolo, proprie per ogni regione europea.
In questa prospettiva appare promettente il ruolo che potrà svolgere la ricerca nel nuovo programma comunitario Horizon Europe (2021-2027), presentato brevemente durante la conferenza, il cui scopo è sostenere la ricerca e l’innovazione. All’interno di questo programma si inserisce il “Report Mazzucato”, che raccoglie diverse “missioni” all’insegna dell’innovazione e dell’adattamento al cambiamento climatico. Nonostante la diversità e specificità che caratterizzano ciascuna missione, il filo conduttore è uno solo: dimostrare come l’innovazione può non solo garantire la crescita economica, ma anche consentire di trasformare alcune sfide globali in missioni concrete, misurabili e, soprattutto, realizzabili. In particolare, l’unità di missione “Soil health and food” ha proprio il suo focus sul suolo: essa ne riconosce infatti il valore fondamentale, classificandolo come “risorsa naturale scarsa e non rinnovabile”, e fattore chiave per garantire la sicurezza alimentare, il mantenimento della biodiversità, la mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Il report sottolinea che, in termini di gestione dei suoli, i finanziamenti, la ricerca e l'innovazione sono rimasti indietro rispetto ad altri settori. Ed è proprio questa la parola rivoluzionaria: gestione, perché il suolo non va solo osservato, ma anche gestito. Ciò è fondamentale per consentire il trasferimento dei risultati della ricerca ed il successo di futuri progetti e politiche: la ricerca non può rimanere segregata all’ambito accademico, ma deve piuttosto essere applicata e diffusa in campo, adattata ai contesti specifici ed essere infrastrutturata con qualificate competenze professionali adeguatamente formate e dotate di avanzati strumenti, al passo delle continue evoluzioni tecnologiche, in dialogo costante con necessità e sfide concrete.
Il riconoscimento dei fondamentali aspetti che riguardano la gestione del suolo ha permesso alla conferenza di concludersi positivamente, con l’auspicio che il nuovo scenario post-PAC che si aprirà nel 2020 porterà più consapevolezza e maggiore innovazione per l’adozione diffusa dei sistemi sostenibili di gestione del suolo, risorsa così vitale per il benessere e la sopravvivenza della nostra società contemporanea, con l’impegno di consegnarlo alle future generazioni in
condizioni migliori rispetto a quelle attuali.