Sentiamo ormai costantemente l’allarme sul futuro riscaldamento del pianeta, sostenuto dalla teoria AGW (Antropogenetic Global Warming ) e da presentazioni, ormai classiche, (REPORT 2001 dello IPCC), che indicano nell’attività antropica la causa prima degli attuali innalzamenti termici.
Con lavori che abbiamo in corso e che ci pare logico dover continuare, non pensiamo di contrastare sul piano delle verifiche fisico-chimiche le reazioni dell’atmosfera alle azioni dell’uomo. Qui basta ricordare che Benny Peiser, direttore del Global Warming Policy Foundation, ha dichiarato che: ”se non vediamo prove convincenti entro il 2015 sarà chiaro che i modelli sono fallaci …”.
Noi desideriamo piuttosto utilizzare le risposte biologiche dei vegetali (ed in particolare della vite) per leggere come nel passato più o meno lontano essi abbiano reagito al clima del momento, e da queste risposte ricavare indicazioni sugli andamenti climatici. Si tratta in definitiva di utilizzare dei proxies e cioè quegli archivi naturali che presentano qualche relazione con le temperature ambientali.
Se prendiamo fenomeni relativi alla fenologia delle piante (germogliamento, fioritura,crescita dei frutti, maturazione …) possiamo avere correlazioni con gli andamenti termici sicure e quindi credibili.
Nel caso particolare, ci stiamo dedicando a indagini sulla vite, per una precisa conoscenza delle sue reazioni fenologiche e perché ci è stato possibile attingere ad una fonte unica e straordinaria.
A Koszeg, cittadina ungherese (Lat 47° 22’ 52”, Long 16° 33’ 13” ) abbiamo potuto consultare nel locale Museo municipale, una raccolta di disegni di germogli di vite in grandezza naturale, eseguiti sempre alla stessa data (24 aprile, festività di San Giorgio che vede suggestive cerimonie locali dedicate alla vite) collezionati dal 1744 ai nostri giorni.
E’ da considerare quindi un fatto eccezionale avere a disposizione per lo studio (sulla base di una convenzione fra l’Accademia Italiana della Vite e del Vino e la locale Municipalità) proxies con oltre 260 anni di osservazione: misurazione di germogli provenienti sempre dallo stesso ambiente collinare in assenza di inquinamenti ed agglomerati urbani, dove la vite, in questa espressione fenologica, è stata solo soggetta alle condizioni termiche del sito.
I risultati ci stanno offrendo risposte molto interessanti che sono in fase di approfondita elaborazione.
In sintesi, sta emergendo che, nei due secoli e mezzo considerati, si possono evidenziare bene 4 periodi più caldi o più freddi e che nel passato abbiamo avuto momenti caldi come o più degli attuali; che i periodi di passaggio fra fasi calde verso più fredde o viceversa, sono segnati da forte variabilità e quindi con eventi anche bruschi come quelli che viviamo.
E’ interessante sottolineare che gli studiosi del 1800 accesero una forte polemica (paragonabile all’attuale) per sostenere però la tesi inversa, cioè l’ipotesi di un “raffreddamento globale”. Eravamo intorno al 1850, quando le temperature scendevano, fino a che non avvenne la svolta degli anni 1980-90.
In definitiva, nessuno ritiene contestare l’attuale tendenza verso un periodo più caldo, però l’osservazione del passato ci porta ad essere molto, molto cauti sulle eventuali cause antropiche e molto meno pessimisti sul futuro della coltivazione della vite. Questo lo dico , perché molti illustri colleghi già si preoccupano di come dovrà cambiare la viticoltura.
Basterà , viceversa, a mia opinione, tenere sotto osservazione il sistema senza pensare a particolari interventi o cambi varietali. E non sarebbe male capire che, in definitiva, stiamo solo lasciando un periodo più freddo.