Che tipo di associazione c’è, se ne esiste una, tra il consumo regolare di legumi e le malattie cardiometaboliche? La domanda è stata formulata da un gruppo di esperti internazionali (alcuni dei quali italiani) per fornire risultati il più possibile aggiornati e affidabili sui cui basarsi per stilare le nuove linee guida della European Association for the Study of Diabetes. Per rispondere gli autori hanno scandagliato tutta la letteratura recente, in particolare per quanto riguarda le metanalisi e gli studi di coorte (cioè su popolazioni selezionate e poi osservate nei loro comportamenti) presenti nei grandi database scientifici, aggiornati fino al marzo 2019.
Il risultato, pubblicato su Advances in Nutrition, è stato abbastanza sconfortante dal punto di vista della qualità dei dati disponibili, che non permettono di trarre conclusioni molto nette. Tuttavia, una tendenza emerge chiaramente: includere nella propria dieta piselli, lenticchie, fagioli e altri legumi aiuta a ridurre almeno alcuni indicatori di rischio cardiovascolare.
I 28 studi analizzati comprendevano migliaia di casi di malattie cardiovascolari, infarti, ictus, diabete, ipertensione e obesità e le mortalità a essi associate. L’esame dei documenti ha permesso di dimostrare che chi consuma più legumi ha una diminuzione del rischio di sviluppare una malattia cardiovascolare dell’8%, una malattia coronarica del 10%, ipertensione del 9% e obesità del 13% rispetto a chi ne consuma di meno. Non sono invece emerse associazioni significative con l’incidenza di infarti, ictus e diabete, né con la mortalità da patologie cardiovascolari, coronariche e ictus.
Al di là degli effetti evidenziati, salutati come positivi dagli autori, risulta però negativo il grado di affidabilità di questi risultati, definito (in base a criteri statistici ben noti e riconosciuti), basso per le malattie cardiovascolari e molto basso per gli altri parametri. C’è dunque una grande necessità di ricerche condotte meglio, in grado di inquadrare con più precisione e chiarezza le caratteristiche di una classe di alimenti che sta acquistando uno spazio sempre maggiore, via via che la carne perde terreno, come ottima fonte di proteine, fibre, e micronutrienti, e dotata di bassi livelli di grassi e basso indice glicemico.
Il Fatto Alimentare, 25/11/2019