L’americana Dean Foods, numero uno del comparto in USA, ha portato i libri in tribunale, tarvolta da un indebitamento superiore al miliardo di dollari. A mandare in crisi la storica società statunitense sono stati il crollo del consumo di latte bovino negli States (da 130 lt pro capite nel 1975 a 66 oggi) e il boom dei cugini vegetali: il fake-milk di soia, cocco, avena, mandorla, ecc. che è in crescita vertiginosa, con un giro d’affari che prende il 15% del mercato. In altri paesi, come la Gran Bretagna, il “latte verde” è arrivato al 25% del mercato.
Il fenomeno ha messo solide radici anche in Italia. “E’ cambiata la struttura familiare, in molti fanno la prima colazione al bar. Fattori che, sommati agli attacchi per le presunte allergie e quelle degli ambientalisti hanno fatto perdere al nostro mondo 250 milioni di litri in cinque anni”, dice Massimo Forino direttore di Assolatte.
Gli scaffali dei supermercati parlano da soli: i succedanei vegetali occupano ormai lo stesso spazio del prodotto originale. A prezzi superiori (da € 1,75 al lt quello a base di avena ai 3,39 quello a base di riso), malgrado la materia prima sia in buona parte costituita da acqua: la soia è poco più del 2% del totale degli ingredienti, il cocco il 4%.
La convenienza per i produttori è chiara: la redditività dei latti alternativi è del 6% superiore a quello classico. Al momento però i grandi produttori italiani hanno puntato più sulle produzioni di latte bovino ad alto valore aggiunto (senza lattosio, microfiltrato, ecc) senza spingere troppo sulla variante verde. Un po’ perché il latte in eccesso è stato dirottato sul mercato dei formaggi, che tiene. Un po’ perché c’è speranza, in tempi brevi, di allungare la vita del latte fresco.
da: Repubblica, 14/11/2019