Ci crediamo uomini liberi, ma siamo in realtà condizionati, consapevoli o no, da molte forze di varia natura, non solo di carattere economico, ma anche sociali, psicologiche e, soprattutto, politiche.
Una delle maggiori armi per influenzare le opinioni del pubblico e per orientarlo verso certi atteggiamenti e verso certe scelte sono, come ben sappiamo, i cosiddetti mezzi di comunicazione di massa, cioè quelli che una volta erano la radio, i giornali (per chi sapeva leggere) e la televisione (in epoche più recenti) e adesso sono principalmente internet e i social network.
Questi potenti mezzi di persuasione e di propaganda costituiscono nella nostra società attuale grossi strumenti di potere in mano a gruppi economici e politici o agli stessi governi, che ne fanno l’uso che ritengono migliore allo scopo di piegare il pubblico alla propria volontà e ai propri interessi, facendogli dimenticare che, forse, i problemi sono altri.
Ho scritto questo lungo preambolo perché il bombardamento mediatico di pochi mesi fa per ricordarci i 50 anni che ricorrono dallo sbarco sulla Luna mi ha fatto ricordare, come a moltissimi, dove ero quella sera. Me lo ricordo benissimo, avevo 6 anni, ero a casa dei miei nonni, con genitori e qualche zio a vedere quello che all’epoca non riuscivo a percepire come qualcosa di straordinario. E lo era, allora come adesso.
La stampa ha poi rilanciato notizie riguardanti progetti volti a portare l’uomo sulla Luna, su Marte e persino più in là, non più per qualche minuto, ma per viverci permanentemente.
L’ambizione dell’uomo non conosce ostacoli e, per il futuro, si progetta di alterare l’atmosfera di Marte o il clima di Venere per renderli abitabili, di far nostre le risorse minerarie probabilmente presenti su questi pianeti.
Ma, forse, invece di pensare di colonizzare la Luna o Marte, dovremmo prima pensare di preservare il pianeta in cui abitiamo e, quindi, salvare noi stessi e coloro che ci seguiranno. Non dico che non si debbano perseguire queste strade che non sappiamo ancora dove ci porteranno, anzi. Altrimenti contraddirei la mia voglia di ricerca.
Dico solo che nei 50 anni che hanno seguito la prima passeggiata lunare, i progressi sono stati enormi e hanno portato, soprattutto nel mondo cosiddetto occidentale, un mutamento enorme nella qualità della vita e il primo impulso è quello di compiacersi del maggior numero di beni che abbiamo a disposizione per soddisfare le esigenze della popolazione mondiale (ma non di tutta, purtroppo). Ma il progresso ha anche portato con sé tutta una serie di conseguenze negative che sempre più velocemente ci stanno portando a un punto di non ritorno.
Direte che c’entra tutto questo con gli alberi…
C’entra, perché mentre celebriamo una conquista epocale avvenuta 50 anni fa, quando molti di noi non avevano il telefono in casa, invece adesso ne abbiamo anche due-tre in tasca, e pensiamo a conquiste proiettate in un futuro sempre più prossimo, non siamo ancora riusciti a capire che se non irrighiamo un albero, questo muore; se piantiamo materiale di pessima qualità, non arriverà mai a raggiungere i risultati voluti; se lo danneggiamo col tagliaerba, la sua vigoria e anche la sua vita saranno compromessi.
Vogliamo andare su Marte a piantare alberi perché sappiamo che essi sono necessari per la produzione di ossigeno, ma forse non abbiamo capito che dell’ossigeno ne abbiamo bisogno prima, qui.
Prima di pensare alle foreste planetarie, pensiamo a come gestire gli alberi nelle nostre città.