Prima che i giochi siano chiusi e che poi tutti si pongano le solite domande sull’ennesimo ‘marziano’ piovuto dai cieli della politica sul ministero dell’Agricoltura, scriviamo a futura memoria che per l’agricoltura italiana e quella europea sarebbe ora di compiere un atto di straordinario coraggio – una vera rivoluzione – e di metterci qualcuno che ne capisca qualcosa e non stia lì a scaldare la seggiola e tagliare nastri.
Per l’Europa il nome ce l’abbiamo da tempo ed è quello di Paolo de Castro, due volte ex ministro, poi europarlamentare e presidente della Commissione agricoltura dell’Europarlamento. Non devo stare qui a ripercorrere il curriculum di Paolo e ricordare il lavoro svolto in Italia e a Bruxelles a favore dell’agricoltura italiana, ultimo ma non da ultima la direttiva sulle pratiche sleali (che speriamo sia ai primi posti nell’agenda del nuovo governo). Non voglio farlo anche perché mi fa velo l’amicizia di una vita. Però ricordando lo sgarbo che Paolo subì quando Renzi (allora trionfante sull’onda del 40% ottenuto dal Pd alle Europee) mandò in Europa la Mogherini nell’irrilevante ruolo di ministro degli Esteri dell’Ue (che non ha una politica estera, è noto) invece di proporre De Castro per il rilevantissimo ruolo di commissario all’Agricoltura, allora dico e sottoscrivo che il nuovo, inedito governo Conte-bis dovrebbe battere un colpo in Europa e indicare il suo nome per il posto di commissario all’Agricoltura. L’uomo giusto al posto giusto, apprezzato anche dalla maggioranza dei partner europei ed espressione di quella Europa mediterranea che ha nell’ortofrutta uno dei suoi pilastri economici. Il mondo produttivo italiano si sta muovendo. E’ il momento di fare sul serio, di far capire alla politica che l’agroalimentare, il made in Italy, non è solo un lustrino da mettersi sulla giacca, ma un comparto che richiede competenze tecniche e conoscenza dei dossier (altro che il ministero dell’Agri-Turismo, che speriamo torni ad essere solo dell’Agricoltura e magari dell’Alimentazione, come in Spagna).
Più caotica la situazione per il ministero italiano. Leggiamo (su agricolae.eu) dell’ipotesi di una candidatura ‘tecnica’, quella di Giuseppe Blasi, attualmente capo dipartimento Politiche comunitarie del Mipaaft. Sicuramente uno che i problemi li conosce. Ma leggiamo anche che i 5Stelle avrebbero chiesto il ministero per uno dei loro, e la cosa ci inquieta. Speriamo che il Pd tenga duro e soprattutto capisca che l’Agricoltura non è un dicastero qualunque che può essere usato come premio di consolazione alla fine delle trattative. Ribadisco qui quello che ho già scritto più volte: giudico l’esperienza del ministero dell’Agri-Turismo deludente, se non fallimentare. Il ministro Centinaio – per carità, nulla di personale – mi è sempre sembrato uno capitato lì per caso. Simpatico ma inconcludente.
Ripeto: non mi interessa capire se è il ministro inadeguato o se è la struttura ministeriale sclerotizzata e burocratizzata. Una cosa la so: di un ministero così il mondo produttivo non sa che farsene: se non stanno lì a risolvere i problemi delle imprese, che ci stanno a fare? Quanto successo questa estate con la crisi dell’ortofrutta, prima di mercato e prezzi, poi flagellata dalla cimice asiatica, dimostra che i tempi di reazione della struttura ministeriale sono inadeguati rispetto all’urgenza dei problemi e ai ritmi di un mercato sempre più competitivo. Sull’emergenza cimice si è mossa la Regione Emilia Romagna con tempismo e il tavolo aperto a Bologna è già diventato un tavolo nazionale dove i problemi sono stati analizzati e trovati i primi (purtroppo parziali) rimedi. Ci sono alcuni assessori regionali che sono meglio di qualunque ministro, e tra questi l’emiliana Simona Caselli sarebbe una candidata ideale se il Pd volesse fare bella figura indicando una donna e un amministratore apprezzato (anche da chi non è del Pd) per efficienza, intraprendenza e conoscenza dei dossier.
Una accoppiata De Castro a Bruxelles e la Caselli a Roma sarebbe un colpo magistrale per il nostro Paese. Sto sognando? Delirando? Forse. Ma visto che il Pd chiede ‘discontinuità’ non sarebbe l’ora di farla davvero questa discontinuità mettendo le persone giuste al posto giusto? I tecnici competenti in primo piano e i politici come sottosegretari, in seconda battuta. Lo ha detto anche Grillo. Speriamo non fosse una battuta.
* direttore del Corriere Ortofrutticolo