Abbiamo tutti letto o, comunque, sentito dire che la cosiddetta “dieta mediterranea” è stata riconosciuta come una delle più salubri al mondo, alla luce dei risultati di seri studi scientifici, facilmente accessibili in internet. La maggiore aspettativa di vita, le minori incidenze di obesità, di malattie cardiovascolari e tumori ne sono la dimostrazione, tanto che il 16 novembre del 2010 l’UNESCO ha iscritto la dieta mediterranea nella lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità.
Ma sicuramente non tutti sanno che esiste una commissione di 37 esperti, denominata EAT-Lancet Commission, la quale si autodefinisce una “startup no-profit”, dedicata alla trasformazione del sistema alimentare mondiale attraverso “science, impatient disruption and novel partnership”, auspicando “un controllo centralizzato globale delle nostre scelte alimentari”. In altre parole, dovremmo tutti, dal cittadino delle nostre metropoli al pastore Masai, dal pampero argentino al pastore sardo, adottare una “dieta sana universale di riferimento”, basata, fra l’altro, sulla eliminazione delle carni rosse e bianche e dei latticini.
È opportuno ricordare che la suddetta commissione è stata fondata dalla Fondazione Stordalen, a sua volta finanziata da Wellcome Trust, che è ufficialmente partner di FReSH (Food Reform for Sustainability and Health), nell’ambito del World Business Council for Sustainable Development (WBCSD), organizzazione quest’ultima che raggruppa le più grandi multinazionali nei settori alimentare, farmaceutico, chimico e bio-tech.
Prepariamoci a mangiare solo cibi in scatola prodotti da qualche multinazionale, giudicati salubri e sostenibili dalla EAT-Lancet Commission e rinunciare ai nostri formaggi, al pesce alla griglia o ad una bistecca ogni tanto, decisamente dannosi per la nostra salute, almeno secondo i 37 esperti della suddetta Commission.
Il 30 maggio scorso la questione è arrivata nel Senato della nostra Repubblica sotto la forma di interrogazione parlamentare. Il Ministro delle politiche agricole ha risposto all'interrogazione n. 866 illustrata dal sen. Bergesio (L-SP) sulla tutela della dieta mediterranea rispetto al programma proposto dalla commissione internazionale EAT-Lancet. Ha informato che la delegazione italiana alla commissione ONU sulle etichettature si è adoperata per modificare la posizione che danneggiava l'agroalimentare italiano. Il Ministro ha anche affermato che occorre evitare una classificazione standardizzata dei singoli prodotti, che prescinde dalla qualità, e tenere conto del fatto che la dieta mediterranea è stata riconosciuta patrimonio dell'umanità.
Speriamo bene.