La crescente preoccupazione per il comfort termico degli animali zootecnici è giustificabile, non solo per i paesi che occupano le zone tropicali, ma anche per le nazioni in zone temperate dove le alte temperature ambientali stanno diventando un problema (Nardone et al., 2010; Segnalini et al., 2013; Vitali et al., 2019).
Lo stress da caldo influenza negativamente la produttività degli animali da allevamento e, quindi, compromette la catena di approvvigionamento alimentare e l'economia del settore zootecnico. Si sono ottenuti progressi nelle strategie di gestione per alleviare in parte l'impatto dello stress termico sulle prestazioni degli animali durante le stagioni calde. Tuttavia, gli effetti negativi dello stress termico saranno più evidenti in futuro se i cambiamenti climatici continueranno e, come previsto, se la popolazione e la necessità di alimenti aumenterà a livello mondiale. Inoltre, i programmi di miglioramento genetico che esaltano le caratteristiche di produzione degli animali di allevamento possono aumentare la suscettibilità dell'animale alle alte temperature ambientali a causa della stretta relazione tra la generazione di calore metabolico e livello di produzione (Kadzere et al., 2002).
Gli animali omeotermi (secondo il loro stato fisiologico) hanno una zona termica in cui il dispendio energetico per mantenere la temperatura corporea normale è minima, costante ed indipendente dalla temperatura ambientale. Quando variabili ambientali, quali la temperatura ambiente, l'umidità, la circolazione dell'aria e la radiazione solare si combinano per raggiungere valori che superano il limite superiore della zona termica, gli animali entrano in una condizione nota come stress termico. Lo stress da caldo si verifica quando la temperatura corporea di una data specie supera il range per la normale attività, questo è dovuto ad un aumento di carico termico totale (produzione interna e ambiente) superiore alla capacità di dissipazione del calore stesso. Ciò induce risposte fisiologiche e comportamentali per ridurre lo stress. Risposte comportamentali e fisiologiche sono inizialmente quelle di aumentare la perdita di calore e ridurre la produzione di calore interna nel tentativo di mantenere la temperatura corporea nell'intervallo di normalità. Le risposte iniziali sono considerate: meccanismi omeostatici e comprendono una maggiore assunzione di acqua, aumento della sudorazione e della respirazione, frequenza cardiaca ridotta e riduzione della assunzione di alimenti (Bernabucci et al., 2010). Se l’esposizione è prolungata, la risposta di acclimatamento è ottenuta attraverso processi di omeostasi (Horowitz, 2002). Queste riposte portano a modificazioni del metabolismo e delle performance (produttive e riproduttive), alla alterazione della risposta immunitaria fino alla morte degli animali (Vitali et al., 2009; 2011).
L'impatto del cambiamento climatico sulla produzione animale è stato classificato come segue: i) disponibilità di alimenti sotto forma di concentrati, ii) pascolo e produzione e qualità delle colture foraggere, iii) salute, crescita e riproduzione e, iv) malattie e diffusione di queste (Rotter e Van de Geijn, 1999).
In futuro potrebbero esserci notevoli impatti dei cambiamenti climatici sui sistemi agricoli, ma è chiaro che il cambiamento climatico è solo uno dei numerosi fattori chiave del cambiamento. Altri fattori come la crescita della popolazione, la globalizzazione, l'urbanizzazione, le mutevoli aspettative socio-economiche e le preferenze culturali, ad esempio, possono avere un impatto considerevole sul sistema e sulla sicurezza alimentare (Ruth, 2019).
La maggiore difficoltà nella gestione dell’allevamento animale nel mondo corrisponderà al crescente fabbisogno di prodotti animali. Le risposte dei sistemi di allevamento a questi requisiti saranno diverse.
I sistemi di produzione basati sul pascolo o su sistemi misti, che contano sulla disponibilità di pascoli e colture agricole, saranno i più danneggiati dai cambiamenti climatici (Nardone et al., 2010).
La tendenza positiva, sia nel numero di capi sia nella produttività che è stata osservata negli ultimi decenni, potrebbe rallentare o addirittura diventare negativa, se non si fa uno sforzo per adattare i sistemi di produzione. I danni potrebbero essere considerevoli, dal momento che nei sistemi a pascolo e misti si alleva quasi il 70% di tutti i ruminanti nel mondo. In tutto il mondo si producono quasi i 2/3 del latte e della carne da ruminanti. Inoltre, più del 50% di questa produzione è allevata nei paesi in via di sviluppo in cui il fabbisogno di prodotti animali aumenterà di più.
Al momento sembra difficile valutare se le aree perse o meno dalla desertificazione a causa dei cambiamenti climatici, saranno compensate dalle zone che saranno favorite dal cambiamento climatico.
La necessità di raddoppiare la quantità di prodotti animali nei prossimi 4 decenni dovrebbe essere soddisfatta essenzialmente dai sistemi irrigui e industrializzati.
Come può accadere? Un aumento degli animali allevati e della produttività in questi sistemi è prevedibile. Pertanto, avremo, probabilmente, più suini e avicoli. Questa previsione sarebbe confermata dalla crescente tendenza della produzione di carne di maiale e pollame in corso. Inoltre, a causa delle difficoltà del pascolo e dei sistemi misti, possiamo prevedere un aumento della produzione di latte e carne da parte dei sistemi industrializzati, anche se questo aumento sarà più moderato rispetto agli avicoli e ai suini. L'alta correlazione (r = 0.93) tra densità di popolazione umana e densità di popolazione animale, trovata in un'analisi condotta in 23 paesi mediterranei, supporta questa possibilità (Nardone et al., 2004).
La ricerca scientifica può aiutare il settore zootecnico in questa battaglia contro i cambiamenti climatici. Tutti i ricercatori che operano nel campo delle produzioni animali devono collaborare strettamente con colleghi di altre discipline, prima con agronomi, fisici, meteorologi, ingegneri, economisti, ecc.
Lo sforzo nella selezione di animali che fino ad oggi è stato principalmente orientato verso caratteri produttivi, da ora in poi, deve essere orientato verso la robustezza e soprattutto l'adattabilità allo stress da caldo. In questo modo la biologia molecolare potrebbe consentire di ottenere direttamente i genotipi con le caratteristiche fenotipiche necessarie.
La ricerca deve continuare a sviluppare nuove tecniche di sistemi di raffrescamento, isolamento termico e così via, concentrandosi più che in passato su tecniche che richiedono un basso dispendio energetico e idrico.
Nuovi indici più completi del
temperature-humidity index per valutare gli effetti climatici su ogni specie animale devono essere sviluppati, e anche i rapporti meteo devono essere sviluppati con questi indici, per informare gli agricoltori in anticipo.
Soprattutto per battere il cambiamento climatico o in ogni caso per non lasciare che il clima batta i sistemi di allevamento, i ricercatori devono essere molto consapevoli delle tecnologie di conservazione dell'acqua.
In futuro possiamo trarre profitto, più che nel passato, dagli anni di esperienza delle persone che vivono in zone aride applicando le nostre conoscenze scientifiche a pratiche tradizionali utili.