Si sono spenti i riflettori sul palcoscenico delle elezioni chiudendo con il voto una campagna elettorale che poco ha avuto a che fare con l’oggetto delle votazioni ed è stato sacrificato alla bassa cucina della nostra politica interna.
Eppure le elezioni del Parlamento Europeo (PE) rappresentano un fatto estremamente innovativo per i popoli europei chiamati a eleggere direttamente i componenti del PE. Non era così agli inizi della costruzione europea quando il PE era solo un’Assemblea parlamentare europea i cui componenti erano nominati dai parlamenti nazionali. L’assemblea fu poi trasformata in Parlamento vero e proprio con elezione diretta per due motivi: a) il costo crescente della Politica Agricola Comune (Pac) che richiedeva un controllo dei bilanci più legittimato, b) lo scarso interesse alla vita della Comunità dei cittadini europei che pur riconoscevano l’importanza storica del tentativo di integrazione in corso fra popoli storicamente nemici.
La Comunità, sin da allora, veniva vista come una sorta di corpo estraneo che si sovrapponeva ai singoli stati, ma nei paesi fondatori l’obiettivo dell’agognata unità politica superava queste remore.
Oggi, a oltre 60 anni dall’inizio, con 28 stati membri, 27 dopo la Brexit, siamo di fronte ad un Parlamento che incarna un’idea di indiscusso successo che non è interpretata da tutti allo stesso modo. Cresce un diffuso malcontento male indirizzato: c’è chi confonde l’Ue con l’euro e vorrebbe uscirne, chi vuole lasciare solo quest’ultimo senza uscire dall’Ue, chi al contrario vorrebbe mantenere la moneta unica sottraendosi all’Ue, chi vorrebbe recuperare il potere delegato all’Ue e chi vorrebbe aumentare il ruolo di quest’ultima. Il risultato di questi atteggiamenti è in parte confermato dalla crescente frammentazione delle famiglie politiche europee che renderà complessi gli equilibri e difficile la formazione degli Organismi comunitari.
Ma veniamo all’agenda europea a breve, e cioè dopo il 31 ottobre: giorno in cui cesseranno i vecchi Organismi, si insedieranno i nuovi e, forse, sapremo qualcosa della Brexit.
In quel momento dovrà iniziare il lavoro di preparazione del Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) per il prossimo settennio, sapendo se la Gran Bretagna farà ancora parte dell’Ue e per quanto tempo o ne uscirà, con quali tempi e a quali condizioni. Una prima incognita enorme e un tema, quello del bilancio, decisivo per l’attività dell’Ue. La proposta dell’attuale Commissione è stata presentata già da un anno ed è stata esaminata, ma in un contesto che di fatto attendeva l’esito del voto.
Per l’agricoltura, che è il secondo punto dell’agenda, le cose si complicano. Le risorse ad essa destinate dipenderanno dal QFP. Anche per essa è pronta da un anno la proposta della Commissione già corredata dalle bozze dei regolamenti relativi. Il PE uscente ha già espresso un primo parere, ma quello subentrante vorrà farlo a sua volta. Al di là dei contenuti della nuova Pac due fatti sono chiari: a) le risorse destinate all’agricoltura caleranno a causa dell’uscita della Gran Bretagna, pagatore netto al bilancio comune come tutti i grandi paesi europei fra cui l’Italia, b) la quota % di recupero del nostro paese per il nuovo equilibrio interno fra paesi ricchi e poveri sarà minore che in passato e quindi inciderà sul nostro bilancio agricolo.
Le proposte della Commissione tenevano conto di tutto ciò e risultavano equilibrate, ma prima, nel clima elettorale, e ora, con l’avvio del nuovo mandato, sono discusse da molti paesi e partiti.
L’avvio del nuovo periodo di vita comunitaria richiederà quindi un rodaggio lungo e paziente. Si devono creare nuovi equilibri e nuove alleanze. Non sarà tanto, come la campagna elettorale nostrana ha lungamente detto, una questione di “Italia contro tutti”, ma in maniera molto articolata di “tutti contro tutti”, includendo non solo le questioni politiche che probabilmente vedranno vincente una coalizione fra Partito Popolare Europeo, Socialisti e Democratici e Liberali oppure un’altra con gli stessi, a cui si aggiungono i Verdi europei. All’opposizione i sovranisti e i partiti estremisti. Non sarà indifferente l’alleanza che uscirà dalle trattative che iniziano in questi giorni, ma tutto richiederà un lavoro di ricomposizione fra partiti nazionali, partiti europei e interessi specifici dei diversi settori, nel nostro caso l’agricoltura, che nella proposta della Commissione assorbe poco meno del 30% delle risorse comuni. Ma nel suo stanziamento dovrà fare spazio all’ambiente. Insomma, si annunciano tempi non facili.
Buongiorno Europa, con tutto il cuore, e che sia davvero un giorno buono, per noi e per Te!