La riscoperta e valorizzazione di alcuni pseudocereali anche esotici per i nostri ambienti, ha comportato l’individuazione di specie rimaste neglette per lungo tempo. Si possono citare in proposito il grano saraceno (Fagopyrum esculentum Moench.) e la quinoa (Chenopodium quinoa Willd.). Altra specie che recentemente è riuscita a conquistare una discreta fascia di mercato è l’amaranto (Amaranthus spp.), genere originario del Messico e del Centro America che, insieme al mais, al fagiolo, alla stessa quinoa e alle varie specie di zucca, è stato uno dei principali alimenti dei Maya e degli Aztechi.
La riscoperta di questa pianta come preziosa risorsa alimentare, risale agli anni Settanta, quando, alcuni studi avviati da Dowton (1973), misero in evidenza le sue notevoli proprietà nutritive delle specie più diffuse: Amaranthus cruentus L., A. hypocondriacus L., A. caudatus L. e A. edulis Speg.
Le principali caratteristiche di questa specie, di cui, oltre ai semi, si possono consumare anche le foglie a guisa di spinaci, sono l’elevato contenuto di proteine (15 - 18%), di lisina e di calcio rispettivamente con medie di 5.2 e 0.37 g/100 g di sostanza secca, oltre ad essere caratterizzato dall’assenza di glutine e quindi idoneo all’alimentazione dei celiaci. In particolare il contenuto di lisina, superiore ad alcuni alimenti di origine vegetale (cereali, fagioli, soia) ed animale (carne, latte, uova), conferisce a questa specie elevate potenzialità di mercato soprattutto là dove, fino a questo momento, è stata confinata quasi esclusivamente nel settore salutistico.
L’amaranto, oltre a costituire la base di un gran numero di preparazioni alimentari, viene impiegato anche per la formulazione di barrette, snack, muesli, semi soffiati, estrusi ed altri prodotti come biscotti e pane. Per quest’ultimo impiego però, ed in generale per la produzione di paste lievitate, è necessaria la miscelazione con farine di cereali che, nel caso di produzioni destinate ai celiaci possono essere di mais, sorgo, riso o miglio.
Un’utilizzazione particolare di questa specie è quella del “latte di amaranto” che, per il suo ottimo bilanciamento degli aminoacidi e per l’elevato contenuto di calcio, è indicato per l’alimentazione dei bambini, anziani e degli intolleranti il lattosio.
Le foglie di alcune varietà particolarmente pigmentate, possono essere utilizzate per l’estrazione di un colorante rosso impiegato nell’industria alimentare.
Altrettanto interessante è l’impiego di questa pianta nel settore non alimentare, sebbene questo aspetto non risulti ancora altrettanto studiato. Le proprietà riconosciute sono attribuite all’elevato potere antiossidante “anti-invecchiamento”.
Sebbene alcune potenzialità di questo pseudo cereale siano ormai consolidate anche al di fuori delle sue aree di origine, in Italia l’amaranto non ha ricevuto molte attenzioni. Questo, nonostante prove agronomiche, alcune delle quali poliennali, abbiano messo in evidenza la possibilità di introduzione di questa specie nel nostro Meridione, anche con buoni risultati produttivi.
I risultati di due anni di prove di coltivazione in Toscana Centrale (2011-2012) condotte dall’Università di Firenze, confermano quanto emerso in sperimentazioni condotte in Meridione sulla migliore adattabilità di A. cruentus ai nostri ambienti ai fini della produzione di seme. Seppure nei limiti delle prove parcellari infatti, quest’ultime si sono espresse con rese molto elevate superando anche le 5 t ha-1 e con buoni contenuti sia di proteine che di lipidi.
L’amaranto dunque, si conferma come una potenziale specie a ciclo primaverile-estivo per i nostri ambienti soprattutto là dove, in questo periodo, si temono fenomeni di siccità per altre colture.
Il mercato italiano di specie assimilabili all’amaranto è praticamente inesistente e quindi risulta molto difficile trarre conclusioni circa l’economicità della coltura. Certamente questa pianta non è destinata a sostituire nessuno dei grandi cereali, ma in considerazione delle sue molteplici utilizzazioni, fette di mercato si potrebbero anche articolare là dove la richiesta sia di semi che di olio, è attualmente soddisfatta in gran parte dall’importazione.
(Sul tema amaranto si è svolta una giornata di studio presso l’Accademia dei Georgofili venerdì 22 marzo 2013)