Le piante costituiscono l’unica fonte di tutti i nostri alimenti (indirettamente anche di quelli d’origine animale), producono anche ossigeno e assorbono anidride carbonica, consentendo di mantenere una composizione atmosferica equilibrata e quindi di respirare. Senza l’attiva vegetazione delle piante (e produzione) non sopravvivremmo. Per questo abbiamo gradualmente imparato a coltivare la terra e renderla più fertile, anche nel tempo.
Dalla metà del ‘700, i Georgofili hanno attivamente contribuito a razionalizzare le tecniche agronomiche e la tutela dell’habitat, nonché a difendere i terreni dalle erosioni e dai dissesti idrogeologici.
Gli agricoltori sono stati sempre i più diretti interessati e quindi i più attenti alla tutela dell’ambiente. Lo stesso termine di agricoltura viene oggi più puntualmente definito come “razionale gestione delle fonti rinnovabili della biosfera”. E’ una definizione che ci richiama agli stretti legami concettuali e logici fra agricoltori e ambientalisti, oggi purtroppo improvvidamente malintesi.
Ci richiamano a questi legami anche altri grandi problemi nuovi che si prospettano a livello mondiale. Ve ne ricordo due prioritari e strettamente connessi fra loro: l’esaurimento delle superfici coltivabili del nostro pianeta e la crescente insufficienza delle produzioni alimentari globali.
A livello nazionale i due problemi rispecchiano altrettante realtà incombenti: il “consumo” (cioè la riduzione) irreversibile delle nostre superfici utilizzabili (SAU) e la auto-insufficienza delle nostre complessive produzioni agricole primarie.
Complessivamente, sul mercato mondiale, l’offerta potrebbe forse aumentare ma non di molto. Mentre si prevede una forte crescita globale della domanda, non solo per l’aumento numerico della popolazione (da 6 a 9 miliardi nei prossimi 40 anni), ma anche per l’aumento dei consumi individuali.
Un aumento delle attuali aree agricole del nostro pianeta non è quasi più praticabile. Una soluzione possibile sembrerebbe essere quella di ottenere aumenti delle produzioni unitarie dalle superfici già attualmente coltivate. Ma non si potrà sempre contare su una tale possibilità, anche perché la crescita delle produzioni unitarie non può essere considerata senza limiti.