La ricerca e il consumo del fungo spontaneo, pregiato per la sua rarità è sempre stata motivo di sfida goliardica tra gli appassionati del settore ma oggi più che mai rappresenta una nuova opportunità di business sui mercati internazionali per l’immagine di tradizione, tipicità e di legame con il territorio di origine. La tematica ha radici storiche molto lontane nella tradizione gastronomica italiana e di alcuni altri Paesi europei e negli ultimi anni sta guadagnando sempre maggiore attenzione sia da parte del consumatore che delle autorità di controllo e legislative in termini di sicurezza al cunsumo.
Con la lettura tecnico-scientifica tenuta dal dott. Nicola Sitta (micologo professionista) l’Accademia dei Georgofili ha voluto ancora una volta testimoniare come l’investimento nella conoscenza scientifica, affiancata a quella maturata in campo, sia fondamentale nel sostegno alle eccellenze gastronomiche del nostro Paese.
La commestibilità dei funghi spontanei non dipende esclusivamente dalla presenza di sostanze potenzialmente tossiche nella composizione ma dalla sensibilità e variabilità individuale del consumatore interessato al loro consumo. Esiste solo una breve lista che elenca le principali specie di funghi velenosi e/o dichiarati non commestibili sui quali converge la totalità delle opinioni in ambito scientifico, tossicologico ed epidemiologico; mentre per tutte le altre specie, così come emerso dalla disamina critica e comparativa delle più recenti collane di libri di settore, sono spesso dichiarate opinioni contrastanti e spesso addirittura opposte sulla loro commestibilità. In numerosi casi si fa riferimento alla disincentivazione del consumo piuttosto che alla dichiarazione di non commestibilità. La complessità delle interrelazioni tra i diversi fattori di natura biologica, tossicologica, sociale e commerciale implicati, la scarsa condivisione delle conoscenze pregresse e maturate in ambito scientifico, di natura tossicologica e biochimica, la facile confondibilità e la mancanza di una chiara definizione delle specie/varietà di funghi edibili rispetto a quelle velenose, l’imprescindibile esigenza di garanzie igienico-sanitarie senza rinunciare alle tradizioni gastronomiche, sono le principali cause che hanno obbligato le autorità preposte alla sicurezza e al controllo della qualità degli alimenti ad un nuovo percorso di confronto tra le competenze disponibili in ambito accademico e professionale che si concretizza con la recente regolamentazione sulla commercializzazione e consumo di funghi micorrizi in ambito internazionale. A differenza degli altri Paesi europei, la normativa italiana è l’unica a fare esplicito riferimento all’ausilio di opportune competenze tecnico/professionali per stabilire l’assenza di tossicità e quindi la commestibilità di tali prodotti naturali, forse il riconoscimento della più lunga tradizione nel nostro Paese. E’ un bel passo avanti, ma è solo all’inizio il percorso di sviluppo di un sistema di garanzia della salubrità di tali prodotti naturali che sia in grado di sostenere la loro commercializzazione sul mercato agroalimentare.
Il quadro di riferimento è ancora piuttosto confuso e il micologo è la figura professionale più adeguata ad affrontare la problematica in ambito operativo. In tal senso sono già stati attivati corsi di formazione del micologo che mirati allo sviluppo di competenze verticali e trasversali in grado conferire gli strumenti per analizzare i numerosi fattori che determinano in modo critico la commestibilità dei funghi micorrizi: la diffusione del consumo a livello individuale-mercato locale/internazionale; la gravità del danno potenziale derivante dal consumo di funghi potenzialmente pericolosi; i potenziali effetti micotossicologici; tecniche di analisi molecolare finalizzate alla tipizzazione di specie e varietale; effetto dei trattamenti tecnologici di largo uso quali l’essiccamento, il congelamento e la disidratazione osmotica sulla qualità e sicurezza dei funghi spontanei.