Un nuovo studio pubblicato su
Nature mostra che il contributo al rilascio di CO2 profonda nelle zone di avanarco, una delle zone intorno gli archi vulcanici, è maggiore di quanto si pensasse e che i microorganismi estremofili che vivono nel sottosuolo contribuiscono, assieme alla precipitazione di calcite, a rimuovere fino al 94% del flusso di CO2 in questa zona, con conseguenze su geologia e clima.
Lo studio svolto da un team di ricerca del Cnr-Irbim e Università Federico II di Napoli mostra che i microorganismi presenti nel sottosuolo sono direttamente o indirettamente responsabili del sequestro di grandi quantità di CO2 proveniente dal riciclo della crosta terrestre in zone di subduzione. La ricerca ha visto impegnate 27 istituzioni di sei paesi. Il progetto è finanziato dal consorzio internazionale Deep Carbon Observatory ha coinvolto anche il Wood Hole Oceanographic Institution (Usa), l'Osservatorio Vulcanologico della Costa Rica (Ovsicori), l'Università del Tennessee a Knoxville e l’Università Politecnica delle Marche.
Le zone di subduzione si formano quando due placche tettoniche si scontrano, scivolando una sotto l'altra e mettendo così in comunicazione superficie terrestre e mantello. Durante questo processo, che crea le fosse abissali oceaniche e le catene di archi vulcani a terra, la crosta oceanica e i sedimenti che la ricoprono sprofondano, fondendo e rilasciando CO2 e altri composti volatili che, in parte, risalgono in superficie e formano ad esempio i gas delle catene vulcaniche che caratterizzano le zone di subduzione. Conoscere le quantità rilasciate in superficie e quelle sequestrate nel mantello è fondamentale per capire il ciclo del carbonio globale e la sua influenza sul clima nel lungo periodo, il contributo di tali dinamiche al ciclo globale del carbonio è pertanto oggetto di intenso studio. Il lavoro mostra che una frazione importante di carbonio è bloccata da processi microbici nella crosta terrestre invece di essere spinta in profondità o riciclata in atmosfera, con importanti conseguenze per la stabilità del clima: fino al 20% del carbonio subdotto viene intrappolato nel sottosuolo sotto forma di calcite, invece di sprofondare nel mantello o essere rilasciato in atmosfera tramite i gas vulcanici”.
Lo studio ha profonde implicazioni per la comprensione del clima terrestre nel passato e dei meccanismi di sequestro della CO2 in atto e coinvolge discipline diverse come la geologia, la vulcanologia, la geochimica e la microbiologia. I ricercatori hanno mostrato come i microbi presenti nel sottosuolo possono influenzare processi geologici enormi.
Il team internazionale di ricerca guarda già a nuovi orizzonti. Si stanno studiando anche le zone di retroarco che potrebbero riservare sorprese simili per quanto riguarda i meccanismi di sequestro della CO2 profonda: in tal caso, l'impatto dei microrganismi sul ciclo del carbonio profondo potrebbe essere ancora più ingente, con ovvie conseguenze sulla comprensione del clima e le interazioni tra il sistema terra e la vita.
Comunicato stampa CNR, 29/4/2019
Foto: Donato Giovannelli and Karen Lloyd collect samples from the crater lake in Poás Volcano. Credit: Katie Pratt