Se facessimo un sondaggio fra la gente chiedendo: “secondo lei, qual è l’organo più importante nell’organismo degli animali superiori?” Sicuramente, al primo posto figurerebbe il cuore, ma anche il cervello sarebbe fra i primi in graduatoria e, altrettanto sicuramente, l’intestino sarebbe relegato in fondo alla classifica. Siamo influenzati nel giudizio pensando a che tipo di lavoro “sporco” fa l’intestino e, anche, pensando al fatto che è “infestato” da miliardi di microrganismi.
Il relativamente nuovo problema sollevato dalla massiccia presenza di batteri divenuti resistenti agli antibiotici e la messa al bando degli antibiotici stessi in alimentazione animale, hanno avuto come conseguenza il fatto che la salute della micropopolazione intestinale non fosse più facilmente controllabile, con conseguenze disastrose sull’efficienza delle produzioni animali. Da qui il rinnovato interesse dei nutrizionisti verso lo studio delle funzioni dell’intestino e la ricerca di prebiotici e probiotici alternativi ai vecchi antibiotici.
Allo scopo di mettere a fuoco l’argomento, vediamo di fare il punto sulle nostre conoscenze attuali al riguardo.
Molteplici sono le funzioni che l’organo intestino svolge: oltre ad essere il sito più importante per la digestione e l’assorbimento dei nutrienti, esso è anche il maggiore organo endocrino del corpo. Lo strato epiteliale che riveste la parete interna del tubo intestinale è composto da cellule di diversi tipi, fra le quali gli enterociti, con funzioni di assorbimento, di difesa dell’integrità della parete e di secrezione di proteine a spiccata attività antimicrobica. Alla base dei villi sono presenti altre cellule, le cellule del Paneth, le quali, oltre a secernere altre sostanze antimicrobiche, esercitano anche un importante ruolo nel meccanismo delle difese immunitarie. Oltre a tutto questo, l’ambiente intestinale ospita una cospicua varietà di microrganismi, conosciuta come
microbiota, fondamentale nel controllo dei patogeni, delle funzioni immunitarie e della produzione di nutrienti indispensabili, fra i quali molte vitamine del complesso B.
Il microbiota intestinale influenza in maniera determinante le condizioni di salute generali dell’animale. Infatti, l’intestino dei neonati viene colonizzato immediatamente dopo la nascita ed i microorganismi inoculati esplicano una azione di “educazione” nei riguardi del sistema immunitario e di moderazione della reazione agli antigeni. Contemporaneamente, il microbiota produce nutrienti, fra i quali alcune vitamine, aminoacidi ed acidi grassi a corta catena, oltre a contribuire alla digestione ed all’assorbimento alimentari.
La larga biodiversità del microbiota può inibire gli enteropatogeni dal colonizzare ed infettare l’ambiente enterico. Maggiore è la biodiversità microbica e migliore è la resistenza alla colonizzazione da parte dei patogeni. I microorganismi “buoni” modulano l’espressione dei ricettori che regolano la permeabilità intestinale, le citochine proinfiammatorie, la tossiemia metabolica e la resistenza insulinica.
Secondo le più recenti acquisizioni scientifiche, l’impiego di antibiotici in alimentazione animale riduce la diversità e la complessità della composizione del microbiota con la indesiderata conseguenza che gli animali risultano più esposti ai patogeni enterici. La ridotta resistenza alla colonizzazione dei patogeni ha aggravato il già grave problema della resistenza microbica acquisita agli antibiotici. L’impiego degli antibiotici nei mangimi seleziona le specie dei patogeni resistenti a detrimento degli altri. Si sta correndo ai ripari, avendo messo gli antibiotici al bando, ma è troppo tardi.
Cosa possiamo fare a questo punto? Bisogna, in primo luogo, cercare di rispristinare la biodiversità microbica, riducendo il carico dei patogeni. A questo scopo si propone l’uso di integratori ed additivi composti di prebiotici, probiotici, enzimi e vari estratti vegetali. I mannani delle pareti cellulari dei lieviti, tipo
Saccharomyces cerevisiae, si sono dimostrati affidabilmente efficaci nel ripristinare la biodiversità microbica intestinale, sia a favore dei “buoni”
Bacteroides, sia contro i “cattivi”
Campylobacter e
Samonella.
In conclusione, l’uso indiscriminato e massiccio degli antibiotici in alimentazione animale si è rivelato un pericolosissimo boomerang, anche nei nostri riguardi. Si sta correndo ai ripari e gli strumenti ci sono. Ma ci vorrà del tempo e, soprattutto, la buona volontà di tutti, visto che il pericolo è di dimensioni globali.