Mentre il fiume Po si avvicina alla fatidica portata di 600 metri cubi al secondo, sotto la quale scatta l'emergenza siccità insieme alla dannosissima risalita chilometrica del cuneo salino, anche l'Adige segnala una crescente sofferenza idrica. Il trend è allarmante, se si paragona l'attuale portata, inferiore ai 100 metri cubi al secondo, a quella di 5 anni fa di oltre 271 metri cubi al secondo, un exploit idrico, dal quale ci si è progressivamente allontanati.
Sul bacino del fiume Adige, nella prima quindicina di marzo di quest’anno è caduto il 93% di pioggia in meno. Anche la situazione dei fiumi in Emilia Romagna è critica.
Diverso il trend positivo nelle regioni meridionali, dove i bacini di Puglia, Sicilia e Sardegna sono indicativamente oltre il 60% delle capacità d'invaso, largamente superiore alle condizioni dello scorso anno.
Occorre sottolineare che in Italia ogni anno cadono mediamente 302 miliardi di metri cubi di pioggia, di cui i cambiamenti climatici hanno incrementato l'estremizzazione degli eventi, aumentando i rischi idrogeologici; ad oggi, ma di tale ricchezza idrica tratteniamo, per diversi usi, solo l'11,3% dobbiamo maggiormente tesaurizzare tale patrimonio.
Il Ministro dell'ambiente ha recentemente detto che il 20% del territorio italiano è a rischio desertificazione per un andamento meteorologico, a macchia di leopardo, accentuato da una spesso incontrollata cementificazione del suolo, la cui prima risposta sta nell'aumentare la resilienza delle comunità attraverso la creazione di bacini per trattenere l'acqua piovana. In Italia attualmente esistono 381 dighe con altrettanti invasi, ma ne servirebbero altri 2.000 di dimensioni medio-piccole.
Il piano nazionale invasi deve quindi mirare e investire alla realizzazione di infrastrutture idrauliche, indispensabili a cogliere le opportunità di un paese ricco di "oro blu".
da Agrapress n.2706, 2/4/2019