Suolo e cambiamenti climatici: un futuro preoccupante

di Marcello Pagliai
  • 03 April 2019
Siamo appena all’inizio della primavera e già si levano preoccupanti gridi di allarme per la siccità. Non piove da circa due mesi, proprio in un periodo in cui, generalmente, la pioggia ricarica le falde idriche oltre che soddisfare le esigenze delle colture in atto.
Si riaffaccia, quindi, lo spettro della siccità di due anni fa e ciò è, senza dubbio, dovuto ai cambiamenti climatici che stiamo vivendo e il loro impatto sul suolo si può così sintetizzare:
- Incremento dell’aggressività delle piogge. Si calcola che negli ultimi vent’anni sia aumentata di 9 volte.
- Aumento del numero e della lunghezza dei periodi di siccità.
E’ ampiamente documentato, infatti, che l’aumento con cui accadono eventi piovosi di forte intensità provoca, di conseguenza, un incremento dei fenomeni erosivi, talvolta catastrofici. Piogge concentrate in un breve periodo aggrediscono la superficie del terreno e producono effetti tangibili se non eclatanti. Le anomalie del regime pluviometrico e la gestione non sempre corretta del territorio mettono sempre più a rischio il suolo e l’erosione, che rimane il principale aspetto della degradazione del suolo stesso, supera mediamente di 30 volte il tasso di sostenibilità (erosione tollerabile). Il non corretto uso del suolo non è solo legato alle attività agricole, ma anche e soprattutto alle attività extra agricole. Pochissimi studi (Italiani, ma anche Europei) stimano il danno economico causato dalla perdita di una risorsa non rinnovabile come, appunto, il suolo.
A fronte di eventi catastrofici causati da eccessi idrici, aumentano anche frequenza e durata dei periodi di siccità, mettendo a rischio la salute degli eco-sistemi agricoli e forestali. E’ altrettanto evidente che i cambiamenti climatici e l’intensificazione della pressione antropica hanno ridotto la capacità dei suoli di trattenere l’acqua a seguito alla rilevante diminuzione della sostanza organica che si è verificata ricorrendo ad agro-tecniche non sostenibili. Di recente sembrano anche aumentati i fenomeni ventosi sia estremi, come in occasione del disastro VAIA, sia di intensità normale ma che, con la loro continuità, contribuiscono ad inaridire lo strato superficiale del suolo.
Nonostante, negli ultimi tempi i “gridi di dolore” sullo stato di salute del suolo si siano fatti sempre più estesi e insistenti, si continua ad ignorare questa risorsa tanto da non mettere in atto iniziative e azioni concrete atte a contrastarne la degradazione in un ottica di lungo periodo, proprio perché nel suolo i processi di cambiamento avvengono nel lungo termine. Infatti, dopo l’allarme lanciato dal giornale francese “Le Monde” sulle gravi conseguenze del declino della biodiversità, inclusa, quindi, anche la biodiversità del suolo, l’Agenzia Freshplaza.it del 30 Marzo 2018 rilancia un messaggio accorato del “National Geographic” in cui si afferma che il 75% del suolo mondiale è degradato. La situazione italiana può essere pertanto estesa a tutto il pianeta, così come sono le stesse le cause di tale degradazione, totalmente imputabili all’attività antropica. Inoltre, proprio recentemente un nuovo rapporto FAO lancia l’allarme sull’inquinamento del suolo e i rapporti annuali ISPRA evidenziano i dati allarmanti del consumo (impermeabilizzazione) del suolo stesso.
Si impone, quindi, una pianificazione dell’uso del territorio, partendo dalla completa conoscenza dei tipi di suolo. Gli impatti ambientali variano da suolo a suolo, in funzione dell’uso e della gestione. In particolare, l’attività agricola determina fortemente i processi idrologici e i rapporti acqua-suolo: il ricorso alle pratiche agricole sostenibili non è più procrastinabile. Nell’immediato vi è la necessità di attuare un Piano quadro nazionale finalizzato, sia a recuperare e accumulare l’acqua piovana, attraverso la creazione di serbatoi e vasche di espansione, sia a incrementare la raccolta dell’acqua non trattenuta dal suolo (drenaggio, ruscellamento) con la realizzazione di piccoli e medi bacini di raccolta, nonché il ripristino della funzionalità dei numerosi “laghetti” già esistenti, anche con funzione di laminazione delle piene. Allo stesso tempo sono da favorire tutte quelle strategie di gestione delle risorse idriche e del suolo che possono favorire il risparmio idrico e la tutela delle acque disponibili.
Oggi, più che mai, si chiede all’agricoltura di produrre prodotti di qualità e per questo è fondamentale lo stato di salute del suolo. È del tutto evidente che un suolo degradato e inquinato difficilmente produrrà cibi buoni e sani.