L'albero non nasconde più la foresta del produttivismo, non è più un dettaglio o un incomodo, ma un elemento centrale dell'agricoltura. Questa è la “filosofia” del Centro per la cooperazione internazionale nella ricerca agronomica per lo sviluppo (Cirad) che elogia i benefici di questa pratica, sfruttando i numerosi vantaggi offerti dagli alberi e delle siepi quali: la protezione del suolo dall'erosione, il miglioramento la fertilità e conservazione dell'acqua, fornire ombra e cibo al bestiame, aumentare la biodiversità riparando uccelli, pipistrelli, impollinatori e altri insetti. Infine, costituiscono una produzione complementare, grazie ai loro frutti o al legname e alla legna da riscaldamento. Questo metodo tradizionale, tuttora praticato nei paesi tropicali, era molto diffuso anche in Francia fino all'inizio del XX secolo. È riapparso circa dieci anni fa perché attenua i cambiamenti climatici riducendo l'effetto serra tramite la fotosintesi degli alberi. E perché i terreni agroforestali si adattano meglio ai rischi meteorologici. Tra gli esempi di buone complementarietà alle nostre latitudini, vi è l'associazione tra grano, colza o orzo con il noce.
Questa combinazione, come affermato dal direttore di ricerca agroforestale presso l'Istituto nazionale per la ricerca agricola (Inra). offre rendimenti eccellenti. Stessa cosa vale per il silvopastoralismo, con praterie ombrose dove le mucche producono, ogni giorno, un litro di latte in più".
Da: “L’Obs” (Francia) in Agrapress - Rassegna della stampa estera n. 1286, 7/3/2019