In Italia, la Statistica Forestale del 1947 riportava 5.6 milioni di ettari di boschi e ora (2005) l’Inventario Forestale riporta 10,5 milioni di ettari. La diversità di metodo rende impossibile seguire l’aumento delle singole coperture forestali e, per seguire le cause del grande aumento bisogna andare per congetture.
Poco l’ effetto del rimboschimenti. Mettendo insieme le superfici attribuite alle specie esotiche e alle specie italiane presenti fuori dalle regioni di indigenato non si arriva a 400 mila ettari. Forse c’è qualche cosa da aggiungere, ma certamente si è lontani da riempire la differenza fra il 2005 e il 1947. Per inciso, la robinia, con 233 mila ettari, risulta la specie esotica più diffusa in Italia, ma è anche noto che si tratta di una specie capace di diffusione spontanea.
L’effetto dell’espansione spontanea in campi o in castagneti da frutto in disuso è più evidente e suffragato anche da esempi macroscopici come l’invasione dell’acero montano e del frassino maggiore con altre latifoglie lungo le pendici marginali delle Alpi e progresso del pino cembro nei pascoli abbandonati delle malghe. Boschi di nuova formazione si individuano con sufficiente sicurezza in tutti o quasi i 400 mila ettari che l’Inventario attribuisce agli arbusteti di clima temperato, a i betuleti, ecc. I boschi del carpino nero, ignorati dalla statistica del 1947, ora sarebbero 780 mila ettari, è facile, dunque che anche questa specie abbia conquistato degli spazi.
Per quanto riguarda tutte le altre specie si può dire che al 2005 risultano superfici ragguardevoli. Le specie che dominano su superfici comprese fra 1 milione e 500.000 ettari sono nell’ordine: faggio, cerro, roverella, carpino nero, castagno, abete rosso e larice. Le latifoglie figurano bene anche nello scaglione fra 500 e 100 mila ettari) con la robinia e l’ acero montano.
I boschi non classificati costituiscono un indice sia di abbandono della coltura che di invasione spontanea. l’Inventario del 2005 riporta, infatti, 1,6 milioni di ettari di boschi (soprattutto di latifoglie) per cui non è stato possibile definire una forma di governo e di trattamento perché la loro struttura non aveva tracce di una gestione precedente.
I cedui. La superfice del tipo di bosco più legato all’azienda agraria è rimasta invariata dal 1967 con 3,7 milioni di ettari o poco meno. Inoltre, l’inventario pubblicato nel 2005 rivela che alla data dei rilievi 1,2 milioni di ettari di bosco ceduo avevano superato i 40 anni: una età ben superiore a quella di un ragionevole turno e corrispondente ad un avviamento all’alto fusto. Dunque anche una parte dei boschi sarebbe in disuso.
In conclusione, la superficie forestale non è aumentata in seguito ad opere conseguenti ad una politica forestale, ma per cause opposte.
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