Sull’ Etna sono state censite oltre 80 di specie di Cocciniglie,
che rappresentano più della metà di quelle note per la Sicilia. Molte
entità sono cosmopolite, introdotte in tempi recenti con piante
coltivate e, pur avendo rilevanti ricadute economiche per i danni che
arrecano alle piante, non rivestono valore zoogeografico. Maggiore
interesse scientifico hanno le specie che, per decine o centinaia di
migliaia di anni, sono rimaste isolate in alcune zone del vulcano dove
si sono evolute indipendentemente, dando origine a specie o sottospecie
neoendemiche esclusive dell’Etna e, pertanto, costituiscono un
importante tassello della storia del popolamento animale del territorio.
Nel corso dei periodici rilievi sulla dinamica
di popolazione della Processionaria dei pini, effettuati a partire
dagli anni ’80 del secolo scorso, sono state collezionate anche le
Cocciniglie presenti su piante endemiche del vulcano. Nei pascoli e
nelle radure della zona più alta delle pinete e nella vegetazione ad
Astragalus siculus, fino a quota 2.600 m s.l.m.m., sono ampiamente diffusi i robusti cespi della emicriptofita
Festuca circumediterranea (FOTO)
che forma estesi popolamenti monospecifici su pendii poco stabili,
soggetti a forti erosioni, esercitando una insostituibile azione
colonizzatrice e stabilizzatrice. Su tale graminacea Euri-mediterranea
sono state raccolte tre entità sicule, finora note esclusivamente per il
territorio etneo; le due descritte da Mazzeo come
Balanococcus santilongoi e
Rhizoecus lelloi, successivamente, trasferite rispettivamente ai generi
Trionymus (famiglia Pseudococcidae) e
Ripersiella (famiglia Rhizoecidae), nonché il Coccide
Scythia aetnensis.
Come tutti gli invertebrati pecilotermi, tali specie sono fortemente
influenzate dai fattori edafici e climatici, in particolare dalla
temperatura, che condizionano il numero di generazioni annuali e le
modalità di svernamento. Lo Pseudococcide
T. santilongoi, che
vive su radici, colletto e foglie, compie una generazione annua e sverna
allo stadio di uovo e di neanide; in primavera le femmine iniziano
l’ovideposizione che si protrae fino all’autunno. Il Rizecide
R. lelloi,
vive sulle radici della graminacea; le femmine depongono le uova
legandole con i sottili filamenti cerosi che ne ricoprono parzialmente
il corpo. Si ritiene che compia una generazione annua e sverni come
neanide di seconda e terza età. Il Coccide
S. aetnensis, morfologicamente affine alla sibirico-europea
S. festuceti,
presente in Turchia, è specie monovoltina che sverna allo stadio di
uovo protetto dall’ovisacco materno. Nella tarda primavera, in
coincidenza con l’emissione della nuova vegetazione della pianta ospite,
avviene la schiusura e le neanidi neonate, dopo essersi fissate sulle
foglie, secernono un feltro ceroso, che ne ricopre interamente il corpo,
proteggendolo durante lo sviluppo. La femmina adulta, in luglio-agosto,
dopo l’accoppiamento, depone circa 150 uova entro l’involucro ceroso
dal quale fuoriesce progressivamente. Il complesso parassitario del
Coccide studiato da Siscaro e coll., è composto prevalentemente dagli
Imenotteri Encirtidi
Discodes aeneus e
Baeocharis pascuorum, nonché dagli iperparassitoidi
Cerapterocerus mirabilis e
Marietta picta.
Quest’ultima specie, che afferisce alla famiglia Afelinide, presenta
forme alate e microttere, ed è un comune iperparassitoide di
Pseudococcidi e Coccidi. Tale complesso parassitario, insieme alle
estreme condizioni ambientali, concorre validamente a mantenere le
popolazioni del Coccide in equilibrio con la sua pianta ospite.
Fig.1. Femmine di Scythia aetnensis
Fig.2. Femmina di Trionymus santilongoi nel terreno
Fig. 3. Femmine di Ripersiella lelloi nel terreno