L’Università di Siena ha messo a punto una rivoluzionaria e innovativa analisi antifrode che permette di sapere cosa beviamo, ricostruendo a ritroso il processo di vinificazione dalla bottiglia fino al vitigno impiegato per la produzione.
Ai ricercatori basta poca materia prima. La tracciabilità del DNA rende possibile il riconoscimento della truffa ed anche i “tagli” più sofisticati effettuati sui vini in cui la varietà dichiarata nel disciplinare è mescolata in modo sapiente e quasi impercettibile con altri vitigni.
Oggi sulle bottiglie di vino “Sboarina”, prodotte da un’azienda viticola veronese, compare il marchio “DNA traced”, certificazione rilasciata dallo spin-off Serge Genomics dell’Università di Siena. Le analisi hanno confermato che il vino è fatto con uve “Corvina” e “Rondinella”, il tipico Valpolicella classico Doc.
Purtroppo, la diffusione di questo metodo di analisi, da parte degli Enti certificatori regionali, dei vini Dop e Igt, nonché degli uffici repressione frodi, è ancora scarsa perché sembrano preferire all’analisi del DNA quella mediante risonanza magnetica che tuttavia, secondo gli studiosi, ha un margine di incertezza maggiore.
Gli esiti degli ultimi anni di studi sistematizzati dall’Ateneo di Siena con l’Università di Cambridge verranno ora pubblicati dalla prestigiosa rivista scientifica Plos One, nella speranza che si riconosca come l’analisi molecolare del DNA possa tutelare e dare valore aggiunto alla qualità del vino italiano.
da: La Repubblica, 11/2/2019