In occasione della presentazione, a Roma, del sesto Rapporto «Agromafie» elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agroalimentare, sono state allestite alcune portate denominate “Il crimine nel piatto degli italiani”. I clan mafiosi portano sulle tavole «prodotti illegali, pericolosi o frutto di sfruttamenti di agricolture primarie». Il regolamento Ue 1967/2006 ne mette fuori legge lo stoccaggio, l’immagazzinamento e la vendita che però ancora avviene attraverso vie illegali.
Alcuni pericolosi esempi sono: la mozzarella sbiancata con la soda, il riso proveniente dalla Birmania, frutto della persecuzione e del genocidio dei Rohingya. Attenzione anche al pesce vecchio «ringiovanito» con miscele di acidi organici e acqua ossigenata mescolata con il ghiaccio, che consente di restituire al branzino o alla sogliola di turno una freschezza apparente. C’è anche la bistecca di animali macellati clandestinamente, senza alcun controllo sanitario sia sulla carne sia sui locali nei quali viene sezionato o sulle procedure igieniche usate dai «macellai».
Tra gli antipasti ci sono le tartine con tartufi cinesi, spacciati per italiani, visto che il
«Tuber indicum» è simile al tartufo nero nostrano (al quale assomiglia nell’aspetto senza però possederne le straordinarie qualità organolettiche) e funghi porcini secchi romeni serviti come nazionali. Il tutto innaffiato da vino scadente adulterato con lo zucchero, la cui aggiunta è vietata in Italia. Per condimento occhio, soprattutto tra i low cost, all’olio di semi colorato alla clorofilla `venduto´ per extravergine: un pericolo presente anche al ristorante dove ancora vengono portate in tavola vecchie oliere e bottiglie senza il tappo anti rabbocco, vietati da anni. Ad accompagnare i piatti illegali c’è poi il pane cotto in forni clandestini dove si usano scarti di legna e mobili laccati contaminati da vernici e sostanze chimiche. Infine i biscotti con il miele «tagliato» con sciroppo di riso, mais o zucchero per gonfiarne il volume con sottoprodotti che costano un decimo del vero miele. E banane dell’Ecuador, prodotte del lavoro minorile come denunciato dal ministero del Lavoro Usa.
da La Stampa, 14/2/2019
L’agroalimentare dichiarato “Made in Italy” forse non riesce a tutelare l’apprezzamento finora manifestato diffusamente.
Sarebbe utile sapere quante “agromafie” siano state individuate e severamente punite, oltre che private delle ricchezze accumulate da fonti criminali (NdR)