Nel passato l’alimentazione degli italiani era regolata dalla tradizione che stabiliva cosa, come e quando mangiare durante il giorno (colazione, pranzo e cena), nel corso della settimana (giovedì gnocchi, sabato trippa ecc.), nel susseguirsi delle feste (Natale e Capodanno, ecc.) e nel volvere delle stagioni (tempo delle mele, delle castagne, del vino nuovo ecc.). Tutto questo è scomparso e allora sono spuntati prima i fisiologi, poi i nutrizioni-sti e i dietologi che con il loro camice bianco e anche le loro piramidi hanno tentato e continuano a cercare di regolare l’alimentazione della popolazione, ma con scarsi risultati. Sull’alimentazione oggi, usando terminologie anglofone, imperversano i
blog (o siti) dove gli
influencer (influenzatori) hanno migliaia e anche milioni di
followers (seguaci più o meno fanatici). Inoltre i mezzi d’informazione, iniziando dai giornali, ogni giorno annunciano i cibi che non dobbiamo mangiare o i cibi che proteggono il cuore, fanno evitare il cancro o sviluppano l’intelligenza, in una ridda di notizie mutevoli e non di rado contrastanti, per cui quello che ieri era veleno oggi è salvifico o viceversa e questo va a incrementare l’attuale cucina di Babele, nella quale la gente, senza più le sicurezze della tradizione, diviene ansiosa se non timorosa di quello che deve mangiare.
Di particolare attenzione per la sua diffusione è il fenomeno degli
influencer,
blog,
blogger e
followers che comprendono anche i ciarlatani in rete.
Influencer è chi influenza qualcuno attraverso un
blog, un sito di internet particolarmente predisposto per accogliere discussioni e scambi di opinioni. Proposto un tema si avvia una discussione alla quale via via si uniscono altri navigatori che con i loro più disparati pareri, e non di rado divagazioni, s’ingrossa il flusso dei messaggi, delle risposte, controrisposte e via dicendo, quando non si arriva ad insulti più o meno velati. Alcuni
blogger con il tempo acquisiscono notorietà e hanno un elevato numero di utenti o seguaci (
followers) più o meno abituali del sito che giunge anche a destare l’interesse di chi opera sul mercato. Sul sito compaiono allora messaggi pubblicitari che portano un utile economico per i blogger proprietari del sito e il
blog da ludico diviene un lavoro remunerativo. Come in tutte le attività vi sono
blogger trasparenti ma non mancano altri che non lo sono, divenendo
influencer poco seri, superficiali, incompetenti e ignoranti degli argomenti che trattano e che, quel che è più grave, danno avvio a discussioni nelle quali i partecipanti non sono in grado di distinguere tra verità e fal-sità, i competenti dagli imbroglioni.
Ampio è oggi il fenomeno dell’
influencer marketing: influencer scelti in base alla propria sfera di influenza che mostrano sostegno o approvazione (
endorsement) per determinate marche o prodotti generando un effetto pubblicitario, ma senza palesare la finalità commerciale della comunicazione. Agli occhi dei consumatori, pertanto, gli
influencer presentano una maggiore credibilità rispetto alle figure professionali impiegate dall’impresa per promuovere la propria marca e prodotti per esempio agenti,
promoter, brand ambassador, testimonial ecc. L’azione degli influencer facilmente può sconfinare in una pubblicità occulta e divenire ingannevole per il consumatore che è indotto ad interpretare la comunicazione come un consiglio derivante dall’esperienza personale dell’
influencer e considerarla attendibile. Per evitare ogni tipo di ambiguità, il Codice di Autodisciplina della comunicazione commerciale all’art. 7 impone che la comunicazione commerciale debba essere sempre riconoscibile come tale.
L’
influencer non è una figura nuova, anzi antichissima, se si pensa a quanto avveniva nei secoli passati come documenta Piero Camporesi (
Il Libro dei Vagabondi – Prefazione di Franco Cardini, Garzanti, Milano 2003) o i più anziani possono ricordare nelle piazze dei mercati dove i venditori ambulanti attiravano la gente con la loro oratoria per vendere la loro merce, soprattutto se falsa, come il filtro magico cantato nell’opera lirica
L’Elisir d’Amore di Gaetano Donizetti. Ora però il fenomeno da limitato e locale si è mondializzato, interessa un sempre maggior numero di persone e diviene pericoloso quando non riguarda più argomenti frivoli quali la moda, ma tecnici e sensibili e tra questi l’alimentazione in generale, la dietologia e la cucina, mentre i navigatori in rete non hanno la preparazione di distinguere le verità dalle falsità, le notizie corrette dalle bugie.
Esiste un metodo, uno schema, un percorso logico per individuare le informazioni sull’alimentazione vere da quelle false, inesatte, enfatizzate e distorte o almeno per avere un sospetto?
Assolutamente improponibile è un controllo pubblico dei siti, mentre importanti sono alcune precauzioni. Un primo sospetto per un ciarlatano informativo si deve avere quando un sito accoglie argomenti disparati che indicano una propensione a rilanciare notizie con lo scopo di catturare l’attenzione di una sempre più vasta cerchia di followers, soprattutto con più o meno evidente propensione a sollevare dubbi, sospetti e l’esistenza di cospirazioni o trame nascoste. Una seconda precauzione sta nel risalire alle fonti dell’informazione che interessa, come si fa con gli alimenti, per i quali si esige la tracciabilità della loro origine dando peso a chi produce la mate-ria prima, la trasforma e la commercializza, e come si dovrebbe fare per ogni merce che non si deve acquistare da un qualsiasi fornitore ma in un negozio di accertata fiducia. Anche per l’informazione bisogna controllare dove una notizia è nata e è stata pubblicata, e a questo riguardo esistono banche dati consultabili gratuitamente. Avendo una sia pur limitata conoscenza della lingua inglese, eventualmente utilizzando anche i sistemi di traduzione automatica, è possibile conoscere se una notizia origina da una ricerca scienti-fica, da chi e in quale istituzione è stata effettuata e da quale rivista pubblicata, tutti criteri di credibilità, anche se è sempre necessaria una corretta in-terpretazione dell’informazione.