Il 4 gennaio nella sala consiliare del Comune di Magliano in Toscana, con la partecipazione di Autorità, di un vasto pubblico, di rappresentanze delle Forze dell’ordine e delle Associazioni degli agricoltori, si è tenuto un convegno sul problema delle predazioni da parte dei lupi, sui conflitti tra la tutela di questa specie e i pastori, sulle ricadute economico-sociali.
Il Sindaco di Magliano Diego Cinelli ha sottolineato la presenza di un fenomeno in controtendenza per la comunità locale, costituito dal ritorno dei giovani in agricoltura, in evidente contrasto con il disagio economico che i continui attacchi da parte dei lupi comportano. Anche l’indotto è in sofferenza. Il Sindaco ha quindi rivolto un accorato appello ai numerosi politici e alle autorità presenti per adoperarsi, ognuno per la parte di competenza, alla soluzione del problema. La Vicesindaco con delega alla predazione Mirella Pastorelli, organizzatrice della manifestazione, ha additato la latitanza delle Istituzioni e la lentezza della burocrazia. Secondo la relatrice, le leggi italiane e la stessa convenzione di Berna non riflettono la situazione attuale relativamente alle consistenze delle popolazioni di lupi e alle problematiche conseguenti alla loro concentrazione in determinati territori vocati alla pastorizia.
Molto tecnico e apprezzato l’intervento dell’Europarlamentare On. Dorfmann che ha sottolineato la necessità e la priorità di intervenire a livello della legislazione europea. Una legislazione che ha, giustamente, tutelato il lupo quando era in via di estinzione. Oggi però la situazione, soprattutto in alcune Regioni, è profondamente cambiata. Il relatore a proposito della Direttiva habitat ha sottolineato come alcune zone (come per esempio alcune zone della Finlandia, della Grecia, della Spagna ecc.), il controllo delle popolazioni di lupi, sebbene con limitazioni, sia consentito. Negli Stati in cui il lupo è protetto dalla
Direttiva habitat, come l’Italia, la caccia al lupo non è consentita, ma occasionalmente, in circostanze particolari (come ad es. in zone ad elevata pressione predatoria sul bestiame in produzione zootecnica), alcune deroghe alla Direttiva possono essere temporaneamente applicate (art. 16 della Direttiva comunitaria habitat 43/92), purché sia mantenuto lo “stato di conservazione soddisfacente", della specie. Inoltre per la richiesta di deroga è necessario dimostrare che le misure di prevenzione siano applicate correttamente. Un’attenzione particolare è stata rivolta alla presenza di ibridi (cane-lupo), che andrebbero abbattuti sia per la tutela della specie Lupo, sia per gli attacchi agli animali domestici e in qualche caso per l’incolumità dell’uomo, come è emerso proprio di recente (Cfr. Il Giunco.net del 28 gennaio 2019:
Un uomo di 65 anni è stato aggredito da due lupi mentre con un amico stava passeggiando nella campagna tra Sticciano e Roccastrada.). Dorfmann ha ribadito la necessità di cambiare la normativa europea e quella degli Stati membri allo scopo di avere una popolazione stabile, compatibile con la tutela della specie e con le attività zootecniche. Secondo il Relatore, nel Parlamento europeo su questi temi ci sarebbe un accordo trasversale che va oltre gli schieramenti politici. Un altro aspetto da considerare riguarda il ruolo di indirizzo del Parlamento europeo, mentre spetta agli Stati membri l’adozione di provvedimenti calibrati alle realtà locali.
In Italia il lupo è protetto sulla base dei provvedimenti normativi di seguito riportati: D.M. “Natali” del 23/7/1971; D.M. Marcora del 22/11/1975; Legge 5 agosto 1981, n. 503 (ratifica della Convenzione di Berna); L.11/2/1992 n.157 che esclude il lupo dalle specie cacciabili; D.P.R. 8-9-1997 n. 357 e s.m.i.
Molto apprezzato anche l’intervento dell’On. Liolini (Presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati) che si è dichiarato d’accordo sulla necessità di una nuova legge nazionale che tenga conto dello stato demografico del lupo e dell’incidenza degli ibridi, che secondo il relatore ammonterebbero al 53% della popolazione. Liolini ha ribadito con forza che con il lupo bisogna convivere ma, nel contempo, risarcire in maniera rapida e totale chi subisce i danni.
Il Sen. Berardi si è impegnato a portare avanti un piano lupo a livello del Parlamento italiano che miri ad assegnare al lupo ambienti remoti, distanti dalle zone vocate all’allevamento ovino.
Santarelli, Presidente del caseificio di Manciano, ha rivolto un accorato appello ai rappresentanti politici affinché pongano rimedio agli abbandoni delle attività zootecniche che, soprattutto in montagna, ambiente notoriamente fragile dal punto di vista sociale e ambientale, hanno raggiunto livelli da esodo. In un convegno organizzato a Arcidosso qualche tempo prima era emerso che il latte conferito ai caseifici sociali era diminuito da 6 a 2 milioni di litri all’anno, con gravi ripercussioni sull’occupazione, sul mercato e sull’indotto.
La discussione, condotta con competenza e professionalità dal dott. Salvatori, che non ha mancato di fornire il suo personale contributo di conoscenze al dibattito, ha messo in luce un fenomeno, decisamente cambiato rispetto anche al recente passato, che presenta aspetti di criticità, soprattutto in zone in cui determinate attività economiche risultano condizionate dalla presenza del lupo.
Il problema in Toscana è particolarmente accentuato sui rilievi maremmani che vantano una lunga tradizione pastorale. Dalle testimonianze risulterebbe che la presenza del lupo storicamente in tutta la Maremma era per lo più occasionale. Le campagne erano maggiormente popolate, il sistema di allevamento più intensivo di oggi e anche la prevenzione, conseguentemente, era maggiormente efficace. La stessa popolazione era più avvezza a determinate soluzioni adottate per difendersi dagli attacchi dei lupi: il “lavoro” svolto dai cani maremmani era non solo tollerato, ma apprezzato più di quanto non avvenga oggi da parte di escursionisti poco avvezzi a gestire un attacco o il semplice abbaiare di questi cani. La presenza di ibridi (cane-lupo) rappresenta un problema in più in quanto, oltre a rappresentare motivo di inquinamento genetico della specie Lupo, con quello che ne consegue dal punto di vista biologico, cambia le modalità di predazione degli animali in produzione zootecnica, e pare che gli ibridi abbiano un minor timore nei confronti dell’uomo. Alcune ricerche che accreditano il lupo come principale controllore-selettore della fauna ungulata selvatica (l’analisi delle feci ha dimostrato in alcuni casi che le principale fonte di alimentazione è costituita da giovani cinghiali) spesso sono state eseguite in aree a scarsa densità di ovi-caprini. La presenza di vaste aree protette rappresentano indubbiamente uno scrigno di biodiversità, ma anche zone di rifugio della fauna selvatica. Numerose ricerche (alcune presentate presso l’Accademia dei Georgofili che da sempre ha manifestato notevole sensibilità a questo problema) hanno messo in evidenza squilibri anche rilevanti, che nell’insieme finiscono per determinare un impoverimento della biodiversità quando determinate specie prendono il sopravvento. Vedi il caso delle concentrazioni di cervi, di caprioli, di daini, di cinghiali in alcune aree protette della Toscana e la loro influenza sulla rinnovazione dell’Abete bianco, sui danni ai cedui, sui danni di natura idrogeologica in zone montane, etc. Per gli erbivori non bisogna sottovalutare la loro mobilità per la ricerca di risorse alimentari, per cui parlare di densità su vaste estensioni è fuorviante come la “Statistica di Trilussa”. Per il lupo detto aspetto assume particolare importanza se si considera, come dimostrano numerosi studi, che questo animale è capace di percorrere decine di chilometri in una sola notte a fini predatori.
In generale però, oltre a provvedimenti normativi appropriati, un’opera di educazione ambientale su basi scientifiche si impone. La crescente presenza di fauna di grossa taglia sia erbivori, sia predatori, accentua nel pubblico (particolarmente in quello che vive in aree urbane sempre meno preparato in campo biologico e spesso scarsamente consapevole delle problematiche socio-economiche delle zone rurali) la sensazione di un ritorno a condizioni naturali e pertanto è vista con favore dal vasto pubblico che considera questi valori poco o affatto negoziabili. Complice la disinformazione, si ritiene che vi sia una diffusa tendenza a sottovalutare i rapporti di conflittualità che si instaurano, quando si superano determinate concentrazioni, dalla compresenza del lupo con le pecore, dei cervi o dei caprioli con i vigneti, dei cinghiali con le colture agricole. Raramente si considerano le ricadute economiche e sociali che determinate scelte o determinate posizioni integraliste comportano.
Si tratta di valutazioni innanzitutto politiche che richiedono una disponibilità al dialogo anche da parte dei vari portatori di interesse a riconoscere che esistono zone vocate alla presenza di determinate specie animali e zone poco o affatto vocate. Raggiunto il suddetto obiettivo si potrà dire che si è fatto un notevole passo avanti, il secondo passo riguarda il contenimento delle popolazioni entro i limiti delle capacità portanti del territorio e delle attività economiche in esso presenti
Un principio inderogabile comunque risiede nella considerazione che la tutela della fauna selvatica presuppone la messa in atto di misure di difesa delle produzioni agro-silvo-pastorali efficaci e sostenibili che siano in grado di rendere minimi ed eccezionali i possibili danneggiamenti. Ciò non deve escludere che il risarcimento del danno sia repentino e integrale a chi lo ha subìto. Soltanto in questo modo si potranno attutire i conflitti che oggi esistono.
FOTO: un lupo immortalato da una videotrappola a Calenzano (FI)