E’ stata una festa, una grande festa la settima edizione dei
Protagonisti dell’Ortofrutta a Venezia (18 gennaio 2019), organizzata come di consueto dal “Corriere Ortofrutticolo”. Un evento che ha raggiunto la sua maturità e che consente un momento di incontro al di fuori delle solite logiche stressanti di lavoro. Qualcuno dirà: c’è qualcosa da festeggiare? In effetti l’anno che si è chiuso e quello che si apre non ci stanno dando buoni segnali sul fronte dei prezzi, dei consumi, dell’export. E neppure su quello dei rapporti con politica e istituzioni. Il settore continua ad essere preso sottogamba, mi pare, come figlio di un dio minore. Gli attori ci sono, si sono anche riuniti attorno a un Tavolo, ma c’è come l’impressione di girare a vuoto. Ci ripetiamo sempre le stesse cose e cresce la frustrazione di non riuscire a cambiare nulla. La scena mediatica ormai è presa da altri temi, si parla di sostenibilità, di biodiversità, di economia circolare, di grande bellezza dell’ortofrutta…per carità tutti temi importanti, degni di attenzione, ma mi sembra che stiamo volutamente parlando d’altro.
Dov’è la grande bellezza se, come ha detto impietosamente Renzo Piraccini, le nostre clementine “sono quasi a rischio di estinzione visto che quest’anno tre chili di clementine italiane si vendevano sul mercato al prezzo di un caffè, causa una lacunosa attività di marketing, di brandizzazione, di monitoraggio del mercato”? Se importiamo il doppio degli agrumi che esportiamo? Se ormai dilagano nei market promozioni a 1 euro/kg, pardon 0,99? Se Belgio e Olanda stanno dando filo da torcere alle nostre pere e mele sul mercato tedesco, se una grande catena come Rewe i pomodori ciliegini ha deciso di comprarli tutti in Spagna tagliando fuori l’Italia? Se assistiamo inermi ai successi commerciali di Spagna, Polonia ecc sui mercati lontani dove noi non possiamo accedere?
Vedo (e leggo) che i responsabili freschi e freschissimi delle catene sono molto attivi sulla stampa e prodighi di consigli e rimproveri al mondo produttivo: le cose vanno male (e anche le catene perdono colpi e fatturato) “perché voi produttori non fate bene il vostro lavoro – questo il succo del discorso – perché siete disorganizzati e infine perché producete male: frutta e verdura sono meno buone di dieci anni fa perché si punta solo sulla quantità, sulla shelf-life, sulla facilità di raccolta e conservazione. Dove sono finiti i profumi, i sapori, i colori di una volta? Dovete fare più qualità ma al giusto prezzo”, questo il consiglio finale, che suona un po’ beffardo.
Primo perché la frutta acerba, insapore, standardizzata tante volte è così perché condizionata proprio dalle logiche della Distribuzione Moderna, secondo perché si chiede di fare più qualità ma a prezzi sempre bassi, in pratica un doppio anzi un triplo salto mortale. Facile rispondere che senza produttori che guadagnano la nostra ortofrutta chiude bottega, come la stanno chiudendo alcune filiere (pesche/nettarine, clementine) ormai in crisi cronica di prezzi e mercato. Con questo non voglio dire che tutte le catene sono uguali. Non c’è dubbio che dietro al boom del biologico, di IV e V gamma, della rivoluzione vegetale, dei prodotti di territorio e a marchio Dop-Igp ci sono politiche distributive illuminate che hanno fatto il bene della produzione, però il rapporto tra mondo distributivo e produttivo resta ancora troppo squilibrato e lontano da una reale partnership. Ci sono esempi di innovazione, di progetti positivi, vincenti, di cui il nostro Paese è ricchissimo, vanno solo conosciuti e valorizzati in una vetrina importante come quella dei Protagonisti. Ancora una volta l’evento dei
Protagonisti dell’ortofrutta dimostra che le energie ci sono, i buoni progetti pure, la voglia di innovare anche. Ma serve una politica nazionale che esca dagli slogan improvvisati, dai luoghi comuni, dalle frasi fatte, dal parlare d’altro, per porsi davvero il primo problema che attanaglia il settore: la perdita di competitività delle sue imprese.
*Direttore del Corriere Ortofrutticolo