Se non ci muoviamo in fretta approvando nuove politiche per la popolazione, l’energia e l’acqua, l’obiettivo dello sradicamento della fame rimarrà tale.
All’inizio di questa primavera, gli agricoltori statunitensi stavano piantando 96 milioni di acri di mais, la più grande superficie da 75 anni. Un debutto di primavera caldo ha portato a un ottimo inizio della coltura. Gli analisti prevedevano una dei migliori raccolti di sempre.
Gli Stati Uniti sono il maggior produttore ed esportatore di mais.
Nel paese, il grano rappresenta i quattro quinti del raccolto dei cereali statunitensi. A livello internazionale, il grano statunitense supera i raccolti di riso e mais della Cina messi insieme. Fra i tre grandi cereali - mais, frumento e riso - ora il leader è il mais, con una produzione ben superiore a quella di frumento e quasi doppia rispetto al riso.
La pianta di mais è sensibile quanto produttiva. Ha bisogno di molta acqua e cresce in fretta, è vulnerabile sia al caldo estremo che alla siccità. Ad alte temperature, la pianta di mais, che di solito è molto produttiva, va in shock termico.
Nel momento di passaggio dalla primavera all’estate, nella Corn Belt il termometro inizia a salire. A Saint Louis, nel Missouri, a sud della Corn Belt, la temperatura a fine giugno ha sfiorato o superato i 38 gradi per dieci giorni consecutivi. Nelle ultime settimane la regione è stata colpita da un caldo “disidratante”.
Le mappe settimanali sulla siccità pubblicate dall’Università del Nebraska mostrano l’area colpita che si espande sempre di più nel paese, a metà luglio è arrivata a ricoprire praticamente l’intera Corn Belt.
Le rilevazioni sull’umidità del terreno sono fra le più basse mai registrate.
Mentre temperatura, precipitazioni e siccità servono da indicatori indiretti per le condizioni di crescita, ogni settimana il Dipartimento statunitense dell’agricoltura diffonde un rapporto sul reale stato delle colture di grano. Quest’anno i primi rapporti erano molto promettenti. Il 21 maggio il 77% del grano statunitense era valutato “fra il buono e l’ottimo”. La settimana successiva la percentuale era scesa al 72%. Nelle otto settimane seguenti, al 26%, una delle percentuali più basse di sempre. Il restante 74% è valutato “fra pessimo e sufficiente”. E la coltura continua a deteriorarsi.
In poche settimane abbiamo visto come condizioni estreme che dipendono dal cambiamento climatico possono ripercuotersi sulla sicurezza alimentare. Dall’inizio di giugno i prezzi del grano sono aumentati quasi della metà, toccando il record il 19 luglio.
Il mondo sperava in un buon raccolto statunitense per rifornire gli stock di mais, pericolosamente bassi, ma questo non è più possibile. Gli stock di cereali continueranno a diminuire da qui alla fine dell’anno di raccolto, rendendo ancora più precaria la situazione alimentare. I prezzi, già alti, crescono seguendo quello del mais, probabilmente verso un record.
Non soltanto l’attuale situazione alimentare sta peggiorando, ma peggiora anche il sistema alimentare nel suo complesso. Abbiamo notato i primi segni di disfacimento nel 2008, dopo un improvviso raddoppio dei prezzi dei cereali in tutto il mondo. Con l’aumentare dei prezzi, i paesi esportatori hanno cominciato a limitare le esportazioni per tenere bassi i prezzi nei propri paesi. Per tutta risposta, i governi dei paesi importatori sono entrati nel panico. Alcuni hanno cominciato a comprare o affittare terre in altri paesi, sulle quali produrre cibo per se stessi.
Benvenuti nella nuova geopolitica della scarsezza alimentare. Con l’assottigliarsi delle provviste andiamo verso un’era alimentare, un’epoca, in cui ciascun paese farà per sé.
Dal punto di vista alimentare, il mondo è nei guai. Ma non sembra che i leader politici abbiano colto la portata di quello che sta accadendo. I progressi nella riduzione della fame degli ultimi dieci anni si sono invertiti. Se non ci muoviamo rapidamente per adottare nuove politiche sulla popolazione, l’energia e l’acqua, l’obiettivo di sradicare la fame resterà tale.
Il tempo sta finendo. Il mondo potrebbe essere molto più vicino a un’ingestibile carenza di cibo - piena di prezzi in aumento, dilaganti disordini per il cibo e definitiva instabilità politica - di quanto la maggior parte delle persone creda.
L’Autore è presidente dell’
Earth Policy Institute e l’articolo è stato pubblicato su
“The Guardian” (Gran Bretagna) – da Agrapress rassegna stampa estera n° 992