“Confrontarsi per migliorare” …. è il filo conduttore della attività che il Centro Studi GAIA sta portando avanti da alcuni anni in tema di organizzazione economica dell’agricoltura con un approccio di benchmark tra esperienze concrete in vari comparti e Paesi. Nel merito si sono trattati i temi della cooperazione agricola, delle Organizzazioni di Produttori, dell’interprofessione e della contrattualizzazione dei rapporti tra gli operatori della filiera, cercando in ogni caso di mettere in relazione stato della ricerca, realtà produttive e di mercato e orientamenti della politica.
L’iniziativa congiunta Accademia dei Georgofili-CREA PB del 26 giugno scorso si muove su questo percorso. L’argomento del confronto riguarda quali possono essere gli strumenti di regolazione del mercato delle filiere vitivinicole a denominazione di origine a fronte del rischio derivante dalle diverse componenti (congiunturali, infra-annuali e di trend) che determinano fluttuazioni dei prezzi.
Il tema è complesso per la molteplicità di strumenti che possono essere utilizzati allo scopo ed è di estrema attualità nell’imminente riforma della PAC e per come sarà affrontato a livello nazionale e regionale.
L’iniziativa ha inteso avviare una riflessione tra i portatori di interesse prendendo spunto dalla ricerca condotta da Daniela Toccaceli tra il 2017 e il 2018, basata sul benchmark tra l’AOC Champagne - come caso di paragone - e le DOCG Chianti Classico e Conegliano Valdobbiadene Prosecco. Le tre denominazioni, al di là della tipologia di vino e dei modelli organizzativi adottati, hanno molti punti in comune. Anzitutto sono vini all’origine dell’enologia moderna, che negli anni hanno compiuto lo sforzo di distinguersi per l’eccellenza del prodotto, per la valorizzazione economica e la tutela paesaggistica delle rispettive zone storiche di produzione.
Lo scopo del Benchmark è stato anzitutto quello di individuare e analizzare la soluzione attuata dall’AOC Champagne, attraverso il suo Comité Interprofessionnel Vin Champagne (CIVC), e, in parallelo, quali soluzioni sono adottate nei casi italiani, tenendo ovviamente conto delle differenze normative, strutturali e organizzative.
L’originalità del benchmark condotto dalla Toccaceli sta nel metodo di analisi neo-istituzionale che ha utilizzato, per comprendere quali sono i meccanismi economici che hanno reso possibile il successo dell’AOC Champagne e di come tale metodo può essere utilizzato per dare risposte organizzative innovative e efficienti nella realtà italiana. L’analisi neo-istituzionale non è stata ancora utilizzata per interpretare le condizioni di efficienza nel mercato dei vini a DO. La sua utilità è apparsa in tutta la sua evidenza dal risultato del benchmark che ha individuato il ruolo centrale degli strumenti che favoriscono la trasparenza di mercato. L’aspetto che ha permesso al CIVC di utilizzare un metodo quali-quantitativo di previsione dell’evoluzione della domanda e quindi gli strumenti per il controllo della produzione e dell’offerta, è la costruzione e il controllo di quella che è stata qualificata come filiera informativa. Inoltre, è emersa l’importanza del coordinamento orizzontale e della cooperazione tra produttori che nel caso specifico sono stati attuati attraverso il sistema cooperativo che ha “strutturato” la fragile maglia produttiva dello Champagne.
In definitiva, i risultati permettono di considerare la capacità risolutiva degli strumenti non di per sé, ma unitamente alle condizioni di trasparenza del mercato e strutturazione della filiera in cui vengono utilizzati.
Con quest’ottica, si è cercato di ricondurre le esperienze maturate dai due casi di studio italiani (Prosecco Valdobbiadene DOCG e Chianti Classico DOCG) per comprendere come si collocano nell’attuazione degli strumenti della PAC oggi disponibili, in particolare gli artt. 166 e 167 dell’OCM relativo all’adeguamento dell’offerta alle esigenze del mercato e alla definizione di regole di commercializzazione destinate a migliorare e stabilizzare il funzionamento del mercato comune dei vini che richiama l’opportunità che a definire tali regole siano “in particolare” le Organizzazioni interprofessionali che rappresentino l’intera filiera. Allo stato attuale, ai Consorzi di tutela italiani non è consentita più tale opzione. Sono invece a disposizione altri strumenti messi a disposizione dalla normativa nazionale vigente. In particolare l’utilizzazione all’art. 39 e 41 della L.238/2016 che definiscono e regolano rispettivamente gli strumenti per la gestione delle produzioni, e le funzioni dei Consorzi di tutela, tema su cui la Regione Toscana ha testimoniato il percorso innovativo attuato. Innovativo è lo strumento di “Piano” stabilito dall’art. 6 del DM del MIPAAFT del 18 luglio 2018. Nelle varie regioni e nei vari Consorzi di tutela, dovrà essere valutato a quali condizioni tali strumenti di supporto alla regolazione dell’offerta diventano efficaci, con l’avvertenza che l’analisi neo-istituzionale potrebbe essere di grande aiuto a sciogliere molti nodi legati alla scelta di un modello organizzativo orientato a garantire maggiore trasparenza di mercato.
Questo è il contributo che la ricerca della Toccaceli ha offerto alla riflessione dei partecipanti all’iniziativa del 26 giugno. La discussione che ne è seguita, se da un lato ha apprezzato e condiviso l’utilità della metodologia seguita, dall’altro lato, ha mostrato posizioni non sempre coincidenti su quali strumenti di gestione della Denominazione di origine dei vini possano essere proposti nel quadro di riforma della PAC ormai imminente e soprattutto su quali debbano essere gli orientamenti nazionali e regionali sul ruolo dei Consorzi di tutela.
Qualunque sia l’opzione, si dovrebbe trovare un ambito adatto a comporre i rapporti inter-professionali, senza dimenticare che il livello adeguato non può che essere quello specifico della filiera di ciascuna Denominazione.
Al seguente link è possibile scaricare le sintesi delle relazioni:
http://www.georgofili.it/contenuti/regolare-il-mercato-delle-filiere-vitivinicole-nella-prospettiva-di-riforma-della-pac-riflessioni-da/5965