Il made in Italy nel cono d’ombra del Coronavirus

di Lorenzo Frassoldati*
  • 11 March 2020

Anche Macfrut ha gettato la spugna, come era inevitabile. Le fiere del food una dopo l’altra si arrendono all’aggravarsi dell’epidemia del Coronavirus dopo tutta Italia è stato messo in quarantena per decreto. Macfrut è slittato a settembre (dall’8 al 10) e anche Cibus si farà a settembre (dall’1 al 4) per agevolare l’arrivo degli operatori asiatici e americani. In settembre e ottobre ci sarà un affollamento fieristico straordinario in Italia e all’estero (c’è anche Sana a Bologna dal 10 al 13 settembre e a Singapore Asia Fruit Logistica dal 16 al 18 settembre, e in ottobre Madrid dal 20 al 22) ma pazienza… chi può prevedere cosa potrà succedere da qui a qualche mese? Limitiamoci a sperare per il meglio.
Il virus globale minaccia l’economia globale, ed è subito disperazione globale. Borse nel panico, Europa in ordine sparso (tanto per cambiare), la Cina che improvvisamente si scopre fragile e indifesa, e il resto del mondo che scopre improvvisamente di dipendere dalla stessa Cina.
L’Italia che passa dalla stagnazione alla sicura recessione. La vita quotidiana di milioni di famiglie sconvolta, l’Italia produttiva che si ferma o viene pesantemente rallentata. L’ortofrutta sta dentro questo scenario complicatissimo con tutti i suoi problemi, che già erano seri prima, figuriamoci adesso. Tante incognite: i consumi, le forniture, le dogane, l’export sotto attacco, la logistica, viaggi annullati, il made in Italy nel cono d’ombra del Coronavirus.
Come ne usciremo? Oggi impossibile dirlo. Le catene della Gdo stanno vendendo, ma quanto durerà? Vedo ovunque supersconti, promozioni e sottocosto a go-go. Il mondo dei Mercati e dei grossisti sembra al momento il più colpito dalle quarantene, dai blocchi delle merci, dalla crisi di prezzi e consumi, dal calo verticale del turismo e della ristorazione fuori casa. Un calo complessivo nella richiesta di freschi e freschissimi va messo in conto, se il virus non mollerà. La logistica delle merci in entrata e uscita dai vari territori (limitatamente all’esigenza di consegna o prelievo dei prodotti) al momento è garantita, ma poi bisognerà vedere in concreto cosa succederà.
L’impressione è che l’export del nostro agrifood subirà un colpo fortissimo, di cui abbiamo già avuto pesanti avvisaglie. Bisogna che i provvedimenti del governo, in particolare il Piano straordinario di promozione del made in Italy da oltre 700 milioni, diventino operativi al più presto, vengano concordati con le imprese e non si perdano in un delirio burocratico. Il ministro Di Maio deve fare le valigie e iniziare un bel giro del mondo a spiegare che il made in Italy è esente dal virus.
Se l’economia fa crac e non si interviene con tempestività per tenere a galla imprese e famiglie, la prima vittima che farà il virus sarà questo Governo. In seconda battuta può finire sul banco degli imputati l’Europa che ancora una volta ha perso una buona occasione per dimostrare di essere all’altezza delle grandi sfide del momento. Come ha scritto il Corriere della Sera: “Quale emergenza più grande del Coronavirus dobbiamo aspettare per mettere mano ad una riforma radicale del modo in cui funziona l’Europa?”. Se questa Europa a 27 non funziona, inevitabile pensare che se ne può fare a meno.
L’Italia vive di export. L’ortofrutta, su questo fronte, è un vaso di coccio tra i vasi di ferro. Fra breve arriveranno i dati consuntivi dell’export-import relativi al 2019 e sicuramente non saranno buone notizie.
Ma il comparto ha tante emergenze in arretrato che attendono non dico di essere risolte ma di essere affrontate. Il ristoro dei danni da cimice a che punto è? Travolto dal virus? Le priorità messe sul Tavolo nazionale stanno ancora lì, appunto, tutte sul tavolo: dal catasto frutticolo (i soldi ci sono, ma non se ne parla più) ai mercati esteri da aprire, al problema dei controlli all’import, agli agrofarmaci di cui non si può fare a meno per difendere le produzioni, alle pratiche sleali da sanzionare, alle mille certificazioni da regolamentare… che si fa? Al momento l’emergenza ha messo tutto in stand-by: “primum vivere, deinde philosophari”, dicevano con saggezza gli antichi romani. Ma la resa dei conti non tarderà.
Chiudo con una nota positiva (si fa per dire). Questa emergenza costringe la politica a lavorare, a decidere, a smettere di chiacchierare, a parlare per scelte concrete che impattano sulla vita di milioni di persone. Avete visto come sono scomparsi da un giorno all’altro i No-global, quelli della “decrescita felice”, i No-vax, i vari stregoni dell’anti-scienza e delle medicine alternative? Siamo qui tutti in attesa messianica del vaccino per il coronavirus. Facciamo tutti il tifo per la ricerca biotech in sanità. Della politica tutta “chiacchiere e distintivo”, degli annunci, delle promesse mai mantenute, non sappiamo che farcene. Ricordiamocelo, per il dopo-virus.

*Direttore de Il Corriere Ortofrutticolo