I prodotti dell’acquacoltura nell’alimentazione

di Dario Cianci
  • 03 February 2016
Il pesce rappresenta dalla preistoria un componente fondamentale nell’alimentazione umana e le opportunità della pesca hanno condizionato gli insediamenti umani lungo le coste. Ma i pesci appaiono non solo come cibo ma anche per il valore simbolico loro attribuito; così in affreschi tombali egizi e nei mosaici romani è simbolo di sessualità: il delfino, considerato pesce, era il simbolo di Afrodite e le sirene di Omero incantavano i marinai. Il Cristianesimo attribuisce al pesce un significato mistico e Gesù cerca i discepoli tra i pescatori e compie il miracolo dei pani e dei pesci. Oggi miliardi di persone ne consumano e concorrono all'impoverimento o all’estinzione di molte specie. Il Giappone è il Paese che consuma più pesce soprattutto crudo (sushi e sashimi) ma è stato ed è un'importante fonte di cibo anche per le civiltà del bacino mediterraneo. 
Da alcuni decenni l’acquacoltura è una valida alternativa alla pesca per consentire la disponibilità di alimenti pregiati. Oltre agli aspetti storici e tecnici presentati nelle note già pubblicate da “Georgofili INFO”, è bene sottolineare che l'acquacoltura offre una ampia scelta per l’alimentazione dell’uomo: oltre alle specie carnivore molto ricercate (salmone, trota, branzino, orata, rombo, storione, anguilla), vi sono anche specie vegetariane ed omnivore (tilapia, cefalo, tinca, carpa erbivora, carpa comune, carpa argentata e diversi tipi di cefalo), nonché molluschi (cozze, vongole, ostriche), crostacei (soprattutto mazzancolle, gamberoni, capesante) e per usi farmacologici anche filtratori (spugne, ascidie, anfiossi), piante (alghe), perle. 
Tutte le specie ittiche, selvatiche o di allevamento, hanno ottime qualità nutrizionali e sono adatte a tutte le età perché più digeribili della carne in quanto l'assenza di tessuti connettivi rende più facile il lavoro dei succhi gastrici. Le sue proteine sono di alto valore biologico e grazie al basso contenuto in purine e pirimidine determinano una bassa produzione di acido urico. I grassi sono presenti nel pesce in misura variabile per età, sesso, stadio fisiologico, stagione, ambiente e soprattutto secondo la specie da quelli più magri (merluzzo, sogliola, trota, orata, storione, dentice, branzino) a quelli più grassi (soprattutto pesce azzurro: alici, sarde, anguilla, tonno, aringhe, salmone, sgombro); sono ricchi però di acidi polinsaturi ?3 e 6, e di acido linoleico coniugato (utili per la prevenzione delle malattie cardiovascolari e la riduzione del colesterolo cattivo nel sangue), nonché di acido a–lipoico (che ritarda l’invecchiamento ed è utile contro il diabete), che l'uomo non sintetizza e devono essere introdotti con l'alimentazione. Nel pesce sono presenti inoltre in buona quantità anche fosfolipidi, importanti per la funzionalità nervosa, ma, a differenza dei crostacei (scampi, astice e gamberi) è basso di norma il contenuto in colesterolo. Sono importanti anche i sali minerali (selenio, iodio, sodio, fosforo, zinco e ferro) e le vitamine A, E, gruppo B ma la variabilità tra le specie ittiche è notevole. 
Naturalmente, tenendo a mente queste notizie può essere utile conoscere quali siano i pesci da evitare e quelli consigliati. Le specie più consigliate sono le carpe (comune, erbivora, testa grossa, argentata), la spigola (o branzino), l’orata, il cefalo, il merluzzo, il rombo, la trota, lo storione e le sogliole tutti a carne bianca, magra e facilmente digeribile. La triglia e la spigola compensano il leggero eccesso di grassi con la ricchezza di fosforo e potassio. L’orata è il pesce con un ridotto numero di lische più indicato per tutte le età (dal bambino all’anziano). Qualche dubbio è sollevato sul salmone perché concentra nelle carni le sostanze nocive prese dalle acque e per le scorie che rilascia nell’ambiente. Sconsigliati sono i gamberi tropicali che arrivano dall’Asia e dall’America Latina e, con il sistema intensivo sono la causa principale della distruzione delle foreste di mangrovie. E’ sconsigliato anche il pangasio, allevato in Vietnam in acque ad alto inquinamento e importato surgelato e trattato con tripolifosfato di sodio, dannoso per la salute del consumatore; poco interessante per qualità organolettiche e nutrizionali, il suo consumo aumenta nelle mense aziendali e scolastiche per il basso costo e per la polpa priva di lische. I molluschi come filtratori possono portare infezioni (tifo, paratifo ed epatite virale); la cottura attenua il rischio mentre il limone non ha ruolo protettivo.
La domanda che ci facciamo di solito di fronte a questa offerta di prodotti ittici è se il pesce allevato è buono come quello pescato; non sono possibili risposte valide per tutti i prodotti perché le qualità bionutrizionali ed organolettiche dei prodotti di allevamento variano in relazione alla specie ed alle tecnologie adottate. Per di più il pesce di allevamento ha una minore concentrazione di sali minerali e il rischio da possibili sofisticazioni dei mangimi con i quali viene alimentato, ma quello selvatico è esposto al rischio di scorie tossiche (metalli pesanti - mercurio -, ma anche diossina e policlorobifenili). Dubbi ci sono anche sulla possibilità di riconoscere il pescato dall’allevato; perché l’offerta di soggetti di taglie omogenee non significa che la scelta sia avvenuta in un impianto di acquacoltura. Può essere di aiuto l’etichetta sulla quale per legge UE devono essere precisati: la specie, se si tratta di pesce pescato o allevato, lo Stato membro o il Paese terzo in cui si è svolta la fase finale di allevamento, l’eventuale zona di cattura dei giovani. 


Aquaculture products in the diet
Fish has been a fundamental part of the human diet since prehistory with fishing opportunities influencing human settlements along the coasts. In addition, a symbolic value was often attributed to fish.  
For some decades now, aquaculture has been a good alternative to fishing to enable the availability of a valuable food. All the fish species, either wild-caught or farmed, have excellent nutritional qualities and are suitable to all ages because they are easier to digest than meat as the absence of connective tissues makes the work of gastric juices easier.
The question we usually ask ourselves when before these fish products is whether farmed fish is as good as those caught. No one answer is suitable for all products because the bio-nutritional and organoleptic qualities of farmed products vary according to the species and the technologies adopted. By EU law, the label that must specify the species, whether caught or farmed, the member state or the third country in which the final phase of farming took place, and the catch area of the young fish may be of help.