La presenza della vite è diffusa su un ampio areale, che nell’emisfero nord va da 30° a 50° di latitudine. In molti di questi territori, la coltivazione avviene storicamente in vari ambienti considerati “difficili”, quali le zone ad elevata pendenza o montane.
Le problematiche di gestione dei vigneti in queste aree sono comuni a molti territori italiani, tanto che nel 2020, su sollecitazione del CERVIM (organismo internazionale creato nel 1987 sotto gli auspici dell’O.I.V.) è stato emanato un Decreto interministeriale che definisce questa tipologia di viticoltura, definendola “eroica”. Il D.M. 30.06.2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 settembre 2020 riporta all’art. 3 i requisiti per la definizione di viticoltura “eroica”, cioè:
- coltivazione su terrazzi e gradoni;
- altitudine superiore a 500 m (esclusi gli altipiani);
- pendenza superiore al 30%;
- vigneti nelle piccole isole;
Le caratteristiche che accomunano le zone sulle quali si fonda il riconoscimento delle "viticolture eroiche" sono di fatto le seguenti:
• condizioni orografiche che creano impedimenti alla meccanizzazione;
• vigneti dalle ridotte dimensioni, non sempre contigui e in molti casi con presenza di terrazzamenti o significativi dislivelli tra i filari;
• aziende agricole con superfici aziendali contenute e prevalenza di imprenditorialità non a titolo principale;
• condizioni climatiche talvolta limitanti;
• tipologie produttive spesso fuori dai modelli di riferimento (prodotti di nicchia);
• vigneti situati in aree geografiche ad alta valenza paesaggistica e turistica.
Frusciante: Nel dialogo precedente abbiamo discusso l’importanza storica del miglioramento genetico del grano duro in Italia, partendo dal lavoro pionieristico di Strampelli fino alle moderne tecnologie di evoluzione assistita (TEA). Spostando ora l’attenzione sul grano tenero, una coltura fondamentale per l’alimentazione umana, con oltre 760 milioni di tonnellate prodotte annualmente nel mondo, è interessante riflettere sui principali fattori che ne hanno determinato il successo.
Tuttavia, negli ultimi anni il tasso di crescita della produttività del grano tenero sta rallentando in molte regioni. Tale fenomeno è attribuibile all’esaurimento della diversità genetica disponibile e agli effetti del cambiamento climatico. Quali strategie possano essere adottate per affrontare queste sfide e garantire una maggiore resilienza e sostenibilità nella sua coltivazione?
De Vita: Il successo del grano tenero è il risultato di una combinazione di innovazioni genetiche e miglioramenti nelle pratiche agronomiche, che hanno consentito di soddisfare la crescente domanda alimentare a livello mondiale. Negli ultimi decenni, il miglioramento genetico ha portato a un guadagno annuale nelle rese di circa l’1% a livello globale, con tassi di incremento ancora maggiori in alcune aree. Anche in Italia, l’introduzione di varietà migliorate ha contribuito all’aumento delle rese e alla stabilità produttiva: in un secolo, la produzione di frumento è più che raddoppiata, mentre la superficie coltivata si è ridotta a meno della metà.
Tuttavia, mantenere questo ritmo di progresso genetico rappresenta una sfida, soprattutto in quelle aree dove le condizioni ambientali stanno diventando più estreme. Si stima che ogni aumento di 1°C della temperatura globale possa causare una perdita del 4-6% in resa. In questo contesto, emergono conflitti tra le priorità di resistenza agli stress ambientali e l’incremento del potenziale produttivo, i cosiddetti “trade-off”. Per superare questa impasse, è fondamentale approfondire la conoscenza dei meccanismi genetici che regolano i vincoli fisiologici delle colture.