L’altra genetica

di Valeria Terzi
  • 11 April 2012
Lo sviluppo, negli ultimi decenni, delle tecniche di biologia molecolare (isolamento di geni, trasformazione genetica, marcatori molecolari, sequenziamento totale o parziale dei genomi, ecc.) ha contribuito a modificare significativamente le relazioni tra produzione agricola, sicurezza degli alimenti e biodiversità. L’avvento delle tecniche di trasformazione genetica ha determinato la comparsa di un grande numero di piante portanti nuovi caratteri: dai genotipi resistenti ad insetti o patogeni, fino alle piante che esprimono vaccini o materie prime industriali.
Sono emerse nuove problematiche connesse alla rapida diffusione di Piante Geneticamente Modificate, non accettate in ugual misura dall’opinione pubblica dei diversi Paesi, e si è arrivati spesso ad identificare ogni attività genetica con la produzione di PGM.
In realtà la genetica è molto di più: è scienza antica, che ci accompagna a partire dalla nascita dell’agricoltura stessa. L’addomesticamento di importanti piante agrarie ha infatti origine nel Neolitico, momento di transizione in cui i genetisti dell’epoca selezionarono piante con caratteri favorevoli a partire da quanto offriva l’ambiente naturale.
Questa genetica è tuttora viva, potenziata da avanzamenti scientifici e tecnologici che stanno aprendo nuove opportunità per “pescare” geni utili da quello che già esiste in natura, cioè dalle risorse genetiche.
E’ da lungo tempo ampiamente riconosciuta l’importanza di conservare risorse genetiche come attività basilare per il presente ed il futuro: la biodiversità (misurata a livello di geni, specie, popolazioni ed ecosistemi) deve essere mantenuta attraverso la conservazione in situ e/o ex situ e valorizzata, in quanto fonte di caratteri utili per il miglioramento varietale (http://www.bioversityinternational.org/). La biodiversità può essere percepita anche a livello di geni: in questo senso i geni delle specie coltivate e selvatiche vengono visti come risorse per il futuro, da cui attingere per rinnovare i programmi di pre-breeding e breeding, in risposta alle mutate situazioni ambientali ed alle diverse esigenze dei consumatori o dell’industria zootecnica.   Identificare geni utili in risorse genetiche è diventata negli ultimissimi tempi  un’attività molto più concreta e produttiva grazie all’abbattimento dei costi dell’analisi genetica, sia essa basata sull’uso di marcatori molecolari di vario genere o sul risequenziamento dell’intero genoma. La strategia di oggi è quindi quella di “genotipizzare” e “fenotipizzare” collezioni di risorse genetiche e cercare geni utili inseguendo il “linkage disequilibrium”, cioè l’associazione non casuale tra varianti geniche presenti in popolazioni naturali o collezioni di germoplasma e variazioni fenotipiche.


FOTO di Renzo Alberici: Parcelle per il mantenimento, la moltiplicazione o la valutazione di genotipi di orzo. A sinistra, accessioni di Hordeum spontaneum. A destra varietà di orzo coltivato, ad habitus di crescita sia invernale, che primaverile.