Mezze verità non sono sicurezza alimentare

di Giovanni Ballarini
  • 08 November 2017
Già negli anni novanta del secolo scorso gli Stati Uniti hanno un si-stema di monitoraggio della sicurezza degli alimenti importati. Il sistema è costruito su un campionamento che tiene conto della quantità della categoria dei cibi e su analisi di laboratorio per la ricerca di contaminanti, tossici, farmaci e quanto non permesso dalle leggi statunitensi. Ogni anno, in una prima fase, con un migliaio di campioni opportunamente scelti e un totale di circa centomila analisi gli US riescono a individuare aree a rischio sulle quali, in una seconda fase, approfondiscono analisi, ricerche e indagini per ottenere i dati necessari per intervenire e assicurare elevati livelli di sicurez-za alimentare alla popolazione americana. In Europa, solo dopo l’incidente della Mucca Pazza e a seguito del Regolamento CE 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, è istituito un Sistema di Allerta Rapido (RASFF) analogo a quello americano. I due sistemi non sono però uguali soprattutto in due punti. Il primo riguarda i cosiddetti “oggetti del contendere” che dividono USA e Europa cioè gli ormoni, i farmaci e quant’altro che sono ammessi o vietati da una parte e non dall’altra. Il secondo punto è che diversi sono gli stili alimentari e quindi la quantità che le singole categorie di alimenti hanno nei due paesi. Anche dalla diversità dei due sistemi sor-gono divergenze e difficoltà nel commercio tra US e UE.
Il sistema di allerta europeo di comunicazione rapida RASFF (Rapid Alert System for Food and Feed) prevede il ritiro di prodotti pericolosi per la salute umana o animale. Le notifiche sono comunicate e condivise tra gli Stati membri in tempo reale. Nel caso di rischio grave ed immediato (esempio tossina botulinica), in Italia funziona l’immediato sequestro dei prodotti da parte del Comando Carabinieri della Sanità e degli Assessorati Regionali e la procedura di emergenza può essere integrata con comunicati stampa per informare i cittadini sul rischio legato al consumo di un determinato prodotto e sulle modalità di riconsegna dell’alimento. Presso l’EFSA e il Ministero della Salute esistono siti web che consentono di conoscere le notifiche settimanali divise in new alert notification per i prodotti a rischio che sono sul mercato europeo e le new information notification per i prodotti non presenti sul mercato europeo o già sottoposti a misure di controllo dal paese interessato e da questi siti chiunque può ricavare notizie e farne buono o cattivo uso, trasformandole anche in fake news, notizie di-storte e più o meno ingannevoli.
Non è raro che le informazioni fornite dal sistema RASFF siano di-vulgate solo parzialmente, senza una corretta interpretazione che deve considerare anche la quantità dell’alimento. Ben diversi sono i rischi per una micotossina trovata in una partita di pepe, usato in minime quantità e solo da poche persone, o per la stessa micotossina presente nel frumento che trasformato in pane o pasta è mangiato in grande quantità da moltissime persone. Inoltre non bisogna dimenticare che gran parte delle segnalazioni so-no dele allerte che, secondo i dizionari, è “una condizione di particolare vi-gilanza dovuta a una segnalazione di pericolo” e che in gran parte dei casi le autorità competenti sono intervenute per controllare il pericolo.
Non rara è la disinformazione che deriva dal riportare “mezze verità”, cioè dati parziali o di comodo, come quello recente di considerare soltanto le allerte che riguardano i paesi esteri dai quali arrivano gli alimenti in Italia e non quelli che l’Italia esporta, mentre la conoscenza di questi ultimi è molto importante per migliorare le nostre produzioni e le nostre esportazioni, senza cullarci nella falsa illusione che siamo i migliori del mondo, abbiamo un numero elevatissimo di DOP e IGP ecc. ecc.
Nella Relazione annuale 2016 del RASFF e per quanto riguarda i Pae-si di origine quello che ha ricevuto il maggior numero di notifiche per pro-dotti non conformi è la Turchia (276), seguita dalla Cina (256) e dall’India (194). I prodotti italiani risultati irregolari sono 105 (115 nel 2015) e nella classifica europea l’Italia non è certamente tra gli ultimi e è risultata, insieme all’Olanda, il quinto Paese europeo per numero di notifiche d’irregolarità. Considerando, invece, anche i Paesi Terzi, l’Italia risulta nona (ottava nel 2015).
Per quanto concerne le 105 notifiche riguardanti i prodotti di origine italiana, 65 segnalazioni riguardano rilievi e contestazioni sollevate da altri Stati Membri, mentre le restanti sono pervenute attraverso la vigilanza na-zionale.
La categoria dei prodotti italiani irregolari è eterogenea: il mag-gior numero riguarda frutta, vegetali e i prodotti della pesca (17), seguiti da carni (escluso pollame), cereali e derivati (12). Anche la tipologia del rischio è eterogenea e le maggiori irregolarità riguardano contaminazioni mi-crobiologiche, tra le quali si segnala la presenza di microrganismi patogeni tra i quali Salmonella (21), Escherichia coli (11) e Listeria monocytogenes (8), con alcuni prodotti con più patogeni. La Salmonella è stata riscontrata in alimenti di diverso tipo e soprattutto pollame (6) e alimenti per animali (9). Altre irregolarità riguardano micotossine (14), corpi estranei (14), residui di pesticidi (6), allergeni (6) e metalli pesanti (6). Tra le micotossine vi sono aflatossine (9), fumonisine (4) e ocratossina A (1).
Ci si può chiedere quale sia il significato di questi numeri, apparentemente bassi, ma se li si considera come segnali d’allarme sono invece preoccupanti e dovrebbero indurre a migliorare le nostre produzioni desti-nate alla gran parte della popolazione che certamente non può nutrirsi solo di prodotti d’élite.