Lo strano caso degli alchil-esteri

di Maurizio Servili
  • 09 March 2011
In relazione alle attuali polemiche uscite sulla stampa nazionale riguardanti l’entrata in vigore del nuovo regolamento (UE) no 61/2011 relativo alla ufficializzazione del metodo analitico ed alla definizione dei limiti per gli esteri metilici e gli esteri etilici degli acidi grassi (alchil-esteri) negli oli extravergini di oliva, si crede opportuno precisare quanto segue.

La classe commerciale tutela poco la qualità in quanto, essendo molto ampia, include oli con caratteristiche troppo diverse. Ciò è però indipendente dall’inserimento in normativa del parametro degli alchil-esteri che, semmai, avrà un effetto positivo nel limitare la diversità nella qualità degli extravergini. Quanto detto circa la variabilità qualitativa dell’extravergine è ancora più vero se spostiamo l’attenzione dai parametri di purezza e qualità merceologica a quelli relativi alla qualità salutistica. Va infatti osservato che i parametri analitici utilizzati nella classificazione dell’olio extravergine di oliva tendono a garantire solo due cose e cioè che sia estratto dalle olive (purezza) e che sia bassamente alterato. Un olio extravergine di qualità oggi si misura invece anche sulla base del suo contenuto in sostanze fenoliche bioattive alle quali sono legate alcune proprietà di prevenzione sulle malattie cardiovascolari o sull’insorgenza di alcune forme tumorali. Attività queste che rappresentano una delle principali ragioni che dovrebbero spingere al consumo dell’olio extravergine di oliva di qualità all’interno di una corretta ed equilibrata alimentazione mediterranea. Il contenuto in sostanze fenoliche bioattive non è però riportato in nessuna normativa relativa alla classificazione degli oli extravergini ma può variare da un minimo di 40 mg/Kg ed un massimo di 900 mg/Kg. Ciò significa che se un extravergine ha 40 mg/kg non potrà avere alcuna proprietà salutistica relativa alla presenza di questi composti in quanto la loro concentrazione è troppo bassa per evidenziare una qualsivoglia azione sull’uomo se invece ne contiene più di 300 mg/KG queste proprietà possono esplicasi. Ciò detto nessuno riporta o può riportare in etichetta, in base alle attuali norme, il contenuto in biofenoli.

Quindi lo scaffale degli oli extravergini che troviamo presso i supermercati è, se vogliamo fare un paragone nel settore automobilistico, come il salone dell’auto di Ginevra dove potete trovare dalla nuova Ferrari FF a svariate tipologie di macchine utilitarie caratterizzate quindi da prestazioni enormemente diverse. Cosa hanno in comune tutte queste auto? Il solo fatto di essere tali, cioè auto. Tornando al nostro scaffale degli oli, il nome riportato in etichetta è per tutti rigorosamente uguale “olio extravergine di oliva” cioè teoricamente sono tutte Ferrari in quanto, dal punto di vita merceologico, non c’è nulla, per qualità, superiore all’extravergine. Una volta a casa però il consumatore ha un’alta probabilità di trovare in bottiglia un prodotto che della Ferrari non ha neppure la pallida imitazione del cavallino rampante, magari sostituita da quella di un asinello scalciante che, con tutto il rispetto per il nobile animale, forse non era quello che il consumatore cercava.

Da qui la domanda, come se ne esce? Sicuramente non con attacchi scomposti ed immotivati a norme Comunitarie approvate dopo ampie ed approfondite discussioni su metodi e limiti fatte dagli appositi comitati del COI. Se ne esce differenziando la produzione. La classe dell’extravergine è troppo ampia e non permette di differenziare l’alta qualità dei migliori oli Italiani. Da questo dato di fatto ne consegue che dovremmo puntare, come stanno facendo alcune associazioni di produttori, al riconoscimento dell’alta qualità nell’olio extravergine di oliva Italiano sulla falsa riga di quanto fatto per il “latte pastorizzato di alta qualità”. In questo caso però, per differenziare il prodotto di qualità superiore dall’extravergine comune, oltre ad un più basso livello di acidità libera del numero di perossidi ed alchil-esteri dovremmo inserire anche altri parametri legati alle proprietà salutistiche del prodotto quali l’a-tocoferolo ed il contenuto di biofenoli. Questo permetterebbe al consumatore ti orientarsi meglio nel mare tempestoso dell’extravergine e potrebbe garantire, ai produttori Italiani, che fanno qualità, una maggiore retribuzione per l’encomiabile lavoro silenziosamente svolto, spesso a dispetto di polemiche inutili e troppo spesso basate sulla mancanza di conoscenza.

(foto: www.morguefile.com)

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