Glutammato sicuro

di Giovanni Ballarini
  • 05 October 2016
Cosa sarebbero la nostra cucina senza un formaggio stagionato come il parmigiano e il pomodoro, o la cucina cinese senza le alghe? Tra le cose che uniscono queste due cucine così diverse vi è una molecola, il glutammato di sodio, detto anche il quinto sapore, accanto al salato, dolce, amaro e acido. Una molecola che suscita curiosità, piacere, ma anche timore e paura, dando avvio a leggende metropolitane come la "Sindrome del Ristorante Cinese".
La conoscenza del glutammato inizia nel 1908, quando il dott. Kikunae Ikeda dell’università di Tokyo estrae da un’alga marina (kombu) il glutammato di sodio che ha un particolare e piacevole gusto. Per questo il sapore del glutammato in giapponese è detto umami (o umai) che significa saporito, delizioso, e diviene il quinto sapore, riconosciuto come tale in Occidente solo dagli inizi del ventunesimo secolo, quando il ricercatore Bernd Lindeman, nel 2001 identifica una proteina che funge da recettore per il glutammato.
Non bisogna in ogni caso confondere il glutammato di sodio con l’acido glutammico, di cui è un sale, largamente diffuso. Per esempio, il pomodoro è molto ricco in acido glutammico (anche se le quantità sono modeste in assoluto), pur contenendo solo 5 milligrammi di sodio per 100 grammi. Condensando il pomodoro e trasformandolo in salsa si aumenta la quantità di glutammato, e da qui il suo successo nella cucina italiana e mondiale, anche se non si raggiungono quelli della salsa di soia, anche questa ricca di glutammato, nella cucina asiatica. Anche il formaggio Parmigiano Reggiano contiene ben 1,2 g di glutammato di sodio, e molti altri formaggi stagionati si avvicinano queste quantità, giustificando il loro successo gastronomico. Si comprende facilmente come salsa di pomodoro e formaggio si sposino così bene su un piatto di pasta!
Con la scoperta del glutammato, in Giappone si passa alla sua estrazione dalle alghe che ne sono ricche e poi, nel 1909, dagli idrolisati di proteine naturali quali glutine di frumento e fiocchi di soia. Oggi il glutammato si ottiene dalla fermentazione batterica, in modo speciale da batteri del genere Corynebacterium glutamicus fatti crescere in un liquido contenente zuccheri, melassa o amido, separandolo tramite filtrazione, purificandolo e convertendolo in glutammato monopodico, ottenendo una polvere bianca da usare come esaltatore o miglioratore di aroma. La produzione mondiale di glutammato è di circa due milioni di tonnellate, soprattutto in Cina (50%), Corea, Thailandia, Vietnam ecc. e minima in Giappone e negli USA.
Il glutammato di sodio contenuto o aggiunto agli alimenti, quando arriva nell’ambiente acido dello stomaco si trasforma in acido glutammico, un aminoacido che é metabolizzato come gli altri aminoacidi che derivano dalle proteine alimentari. Dall’ingestione di ottanta grammi di proteine, il nostro organismo ricava mediamente quindici grammi di acido glutammico, per cui è difficile immaginare che un grammo in più aggiunto possa causare più problemi, ad esempio, di una gustosa bistecca, da un buon piatto di formaggi o da una generosa porzione di lasagne alla bolognese.
Oggi in tutto il mondo il glutammato di sodio é uno dei più usati e diffusi esaltatori di sapidità usati dall’industria alimentare, che nell’UE é indicato con le sigle che vanno da E620 fino a E625.
Alimenti in cui si fa largo uso di glutammato di sodio sono i dadi da brodo, la carne e le verdure in scatola, i salumi, i prodotti congelati o liofilizzati e alcuni piatti pronti. Il formaggio Parmigiano Reggiano, come gli altri formaggi grana (Padano, Trentingrana), insieme ai dadi vegetali e ai piselli in scatola, sono gli alimenti più ricchi in assoluto di glutammato monopodico, che ha la stessa soglia di percezione del sale da cucina per il gusto salato, ma contiene meno di un terzo del sodio.
Glutammato fa bene o fa male? Pur essendo una molecola assolutamente naturale, internet e giornali sono pieni di notizie molto spesso terroristiche sul glutammato. Specialmente nei siti d’informazione alternativa abbonda una cattiva informazione, priva di qualsiasi chiaro e sicuro riferimento scientifico, che imputa al glutammato le peggiori atrocità: morbo di Alzheimer, danni al cervello dei bambini, cecità e gli immancabili tumori, paventando spesso un complotto mondiale. Mai si ricorda che un etto di ottimo parmigiano contiene milleduecento milligrammi di glutammato libero e che il corpo umano produce e metabolizza il glutammato.
Se il glutammato è un nutriente che oltretutto migliora l’appetibilità dei cibi, non manca chi lo teme, inevitabilmente evocando la "Sindrome del Ristorante Cinese", caratterizzata da mal di testa, debolezza, asma, palpitazioni, rossore in viso e altri sintomi che alcune persone provano dopo aver mangiato in un ristorante cinese. Una leggenda che inizia nel 1968 da una lettera che il dottor Robert Kwok scrive alla rivista di medicina The New England Journal of Medicine, dicendo: "Vivo da vari anni in questo paese, e manifesto una strana sindrome ogniqualvolta mangio in un ristorante cinese, specialmente quelli che servono cibo della Cina del nord" e continua confessando la causa è oscura. Prosegue elencando alcune ipotetiche possibili cause: un ingrediente della salsa di soia, il vino usato in cottura, il glutammato di sodio, l’alto livello di cloruro di sodio utilizzato nella cucina cinese e da buon scienziato termina la lettera suggerendo di indagare sull’origine dei sintomi, senza propendere per nessuna causa e quindi senza incolpare il glutammato.
La lettera attira l’attenzione della stampa e da quel momento, sui giornali e nell’immaginario popolare occidentale il glutammato è accusato di essere il colpevole della Sindrome da Ristorante Cinese, essendo un ingrediente quasi sconosciuto al pubblico occidentale dell’epoca e quindi, a differenza di sale o salsa di soia, un ottimo bersaglio, perché ciò che non si conosce e viene da lontano fa sempre un po’ paura.
Quando inizia una ricerca seria con dei test alla cieca e con placebo, arrivano le prime smentite scientifiche di un coinvolgimento del glutammato, anche dall’italiano Silvio Garattini (1970), dimostrando l’assenza di correlazioni tra mal di testa e glutammato. Ricerche che sono poi corroborate e validate dai pareri ufficiali delle Istituzioni mondiali (FDA americana ecc,) che si occupano della sicurezza alimentare.
L’EFSA, organizzazione Europea che si occupa di sicurezza alimentare e qualità degli alimenti, afferma quanto segue. Il glutammato monosodico (MSG) è un additivo alimentare che gode di una cattiva, benché infondata, reputazione. Esso può essere utilizzato per intensificare il sapore degli alimenti senza rischi per la salute e può perfino abbassare il livello di sodio contenuto negli stessi. Nonostante vi sia un ristretto numero di persone che dichiarino di essere sensibili al glutammato monosodico, studi scientifici hanno messo in evidenza che non vi sarebbe alcun legame diretto tra tale sostanza e reazioni allergiche o intolleranze. In passato, il glutammato monosodico era ritenuto il responsabile della “sindrome da ristorante cinese”, un disturbo così definito poiché il primo caso fu riscontato a seguito del consumo di un pasto cinese e perché il glutammato monosodico è usato con frequenza nella cucina asiatica. I sintomi di tale sindrome sono: senso di bruciore alla nuca, difficoltà respiratorie, nausea e sudorazione. Tuttavia, un test clinico in doppio cieco (esperimento nel quale né lo sperimentatore né il soggetto sanno quale prodotto è stato somministrato al soggetto) effettuato su persone che dichiaravano di soffrire della “sindrome” non confermò che il glutammato monosodico fosse l’agente responsabile. Altri studi hanno dimostrato che le reazioni di tipo allergico che insorgono dopo aver consumato pasti di provenienza asiatica sono solitamente attribuibili ad ingredienti come i gamberetti, le arachidi, le spezie e le erbe aromatiche.
In ultima analisi, chi sta male dopo aver mangiato al ristorante cinese deve forse dar la colpa al troppo sale, cattiva qualità degli ingredienti, troppi fritti, ai grassi o ad altro, ma non al glutammato.
La più sottile accusa che si fa al glutammato é che sia un inganno, in quanto impiegato come esaltatore di sapidità e aumentando l’appetibilità dei cibi, soprattutto di quelli di basso valore gastronomico. Si dimentica che è tradizione antica e consolidata che alimenti ricchi di acido glutammico sono aggiunti agli alimenti di limitato o scarso sapore, come le paste alimentari e le verdure. Da qui il formaggio sugli spinaci, le parmigiane di melanzane e finocchi, ma soprattutto il pomidoro e il formaggio sulla pasta o il riso bollito, con risultati ben diversi di uno squallido piatto di riso o di pasta condito con solo olio! In modo analogo é per una carne bianca come il petto di tacchino che é valorizzata da una cottura con formaggio e salse contenenti glutammato.
Su questa linea quindi il glutammato non é un inganno, come non lo sono tanti altri ingredienti e additivi che portano o esaltano il sapore degli alimenti, come il sale e le spezie esotiche e nostrane iniziando dal peperoncino! Aumentare l’appetibilità di un cibo é fonte di benessere psicofisico e non significa incrementare il rischio d’obesità che ha ben altre cause.

Safe glutamate
What would our cuisine be like without tomatoes or an aged cheese like parmesan, or Chinese cuisine without seaweed? Among the things linking such diverse cuisines is a molecule, sodium glutamate, also known as the fifth taste alongside salty, sweet, bitter and acid. This molecule arouses curiosity, pleasure, but also dread and fear thus starting urban legends such as the Chinese restaurant syndrome.
Information about glutamate first became known in 1908, when Kikunae Ikeda of Tokyo University extracted sodium glutamate with a particular and pleasant taste from kombu seaweed. Consequently, glutamate’s taste is called umami (or umai) in Japanese which means tasty, delicious and has become the fifth taste. It was acknowledged as such in the western world only at the beginning of the 21st century, when the researcher Bernd Lindeman identified a protein that acts as a receptor for glutamate in 2001.
Is glutamate good or bad for our health? Even if it is an absolutely natural molecule, the internet and newspapers are full of news, often terrorist in nature, regarding glutamate. The EFSA, the European organization that deals with food safety and quality states the following:
Monosodium glutamate (MSG) is a food additive that has a bad albeit unfounded reputation. It can be used to intensify the taste of foods without any risk to health and it can even lower their sodium content.