Neve, alberi, città e cittadini

di Francesco Ferrini
  • 05 January 2011
Tra i fattori di danno alle alberature cittadine da ritenere occasionali, almeno nella maggioranza delle città del nostro Paese, troviamo la caduta di neve. La neve esercita, infatti, un'azione di compressione della chioma che, in casi estremi (soprattutto legati a caduta di neve "pesante"), può provocare scosciature dei rami e, addirittura, stroncamenti e schianti di intere piante. Le piante sempreverdi sono, in linea generale, più soggette ai danni a causa della persistenza dell'apparato fogliare in inverno. In particolare il pino domestico, a causa della sua caratteristica chioma ad ombrello, risulta particolarmente suscettibile ad essere danneggiato dalle nevicate. Tuttavia, anche le caducifoglie possono manifestare problemi qualora siano state sottoposte a drastiche potature o siano attaccate da funghi cariogeni, fattori che indeboliscono la struttura della pianta e ne diminuiscono la resistenza meccanica.
L’incidenza del danno è, inoltre, variabile in funzione della specie, poiché alcune, specialmente quelle contraddistinte da tassi di crescita elevati, hanno un tipo di legno “fragile” che le rende maggiormente soggette a rotture. Fra queste troviamo l’olmo (Ulmus spp), l’acero argentato (Acer saccharinum), il pioppo (Populus spp.), l’Acer negundo.
Altre ancora mantengono il fogliame per lungo tempo (es. olmo, pioppo nero, Pyrus calleryana) e ciò aumenta la potenziale capacità di intercettazione della neve da parte della chioma.
La caratteristica della nevicata (quantità, tipo di neve, durata dell’evento, temperatura, ecc.) sono fattori che possono esercitare un’influenza talvolta fondamentale sulla entità del danno.
In caso di evento nevoso è fondamentale conoscere non solo la quantità di neve caduta ma, soprattutto, la densità della stessa, definita come la quantità di acqua liquida presente nella stessa. La neve leggera ha, infatti, un contenuto in acqua notevolmente inferiore rispetto alla neve pesante (3% versus 20%). Capire come questo 17%  di differenza nel contenuto in acqua fra i due tipi di neve è la parte fondamentale per capire la differenza di carico sulle piante.
Il cambiamento nella densità della neve è determinato dallo scioglimento della neve durante la caduta (influenzato, come è logico, dalla temperatura degli strati di aria attraversati) e, quindi, dalla possibilità di avere fiocchi con elevato contenuto in acqua.
30 cm di neve “secca” esercitano una pressione su una superficie di circa 14.65 kg/m2, mentre 30 cm di neve umida arriva in media 102.53 kg/m2.
Recentemente Firenze è stata colpita da una nevicata particolarmente intensa (la seconda per quantità accumulata in 50 anni) che ha provocato danni soprattutto su pino domestico (Pinus pinea L.), con schianti di branche di vario diametro che, in base ad una stima visiva, hanno interessato circa il 70% degli alberi, ed il ribaltamento di numerosi soggetti.
Come riportato da Sani (2008) la neve costituisce spesso un importante carico aggiuntivo che può determinare il cedimento strutturale di un albero sia per ribaltamento della zolla sia per rottura del tronco o dei rami. Ciò può accadere sia in alberi ben bilanciati, a causa del notevole aumento del peso determinato dalla neve che si deposita sui rami e fra le foglie (se presenti), sia in alberi inclinati e/o con chioma asimmetrica, dove l’aumento del peso dovuto al depositarsi della neve incrementa in modo sensibile l’eccentricità del carico e quindi la sollecitazione. Il punto di applicazione di questa forza, se intesa unitariamente, è individuabile nel baricentro della chioma. Tuttavia il carico da neve non deve essere sopravvalutato in quanto, in presenza di vento, la neve tende a staccarsi dalla chioma e depositarsi al suolo. Diversamente la formazione di ghiaccio sui rami non si riduce con l’aumentare dell’intensità del vento e quindi spesso determina rotture o cedimenti anche più significativi.
Lo stesso Autore propone un modello per il calcolo del carico dei neve su un albero. La stima di quest’ultimo è particolarmente complessa poiché dipende strettamente dalla sua architettura, che è assai difficile da modellizzare in modo chiaro e semplice e dalla natura intrinsecamente dinamica del fenomeno, in quanto il carico di neve dipende dalla temperatura, dalle condizioni della neve, dal vento che agisce sul manto nevoso e da altre variabili ancora. Nel processo di modellizzazione del fenomeno sono state assunte alcune semplificazioni necessarie per rendere possibile un’analisi efficace del problema ed ottenere soluzioni senz’altro approssimate, ma chiare e coerenti ed i test sinora effettuati hanno dimostrata una buona efficacia del modello stesso.
L’evento che ha colpito Firenze ha anche portato all’attenzione non solo dei tecnici e della municipalità, ma anche dei cittadini, il problema della gestione alberature vetuste in generale, e dei pini in particolare, presenti nelle nostre aree urbane. Tematica spinosa che, in alcuni casi, deve essere affrontata in modo purtroppo inderogabile. In ogni caso dovrà essere prestata molta attenzione all’aspetto comunicativo che assume un’importanza fondamentale per gestire le problematiche e venire incontro alle aspettative ed alle richieste della cittadinanza.
Detto questo, è doveroso sottolineare l’importanza “storica” di alcuni individui e ambientale (gli alberi creano un “mesoambiente” molto ombreggiato che mitiga notevolmente la temperatura estiva) per cui la rimozione di interi filari o gruppi di piante ed il loro successivo reimpianto non appare una soluzione percorribile per alberature storiche o che comunque connotino una certa parte della città.
In accordo con altri Autori (Sani, 2010) appare suggeribile una soluzione gestionale che preveda un rinnovo graduale di questa tipologia di alberature, garantendo la continuità visiva del viale alberato nel corso del tempo. Iniziare a sostituire oggi gli alberi in condizioni più critiche, proseguendo in modo progressivo, permetterà di garantire al tempo stesso condizioni di maggiore sicurezza assieme alla presenza stabile di un viale alberato. Potrebbe essere preferibile procedere per blocchi per evitare che le nuove piante siano eccessivamente dominate da quelle rimaste. In ogni caso, questo deve essere valutato caso per caso. È, perciò, ragionevole provvedere alla sostituzione degli alberi in un arco di tempo non superiore a 15-20 anni, in moda da rimpiazzare dal 5 al 6,7% di alberi/anno. Ciò può essere programmato in accordo con i vivaisti in modo che essi possano pianificare la produzione e fornire piante già pronte e di dimensioni progressivamente maggiori in modo da garantire una certa uniformità dimensionale delle piante che saranno messe a dimora.
Nel caso, dei pini, invece, qualora di decida di sostituirli con altre specie più idonee al contesto cittadino, si dovrà provvedere alla sostituzione integrale o graduale degli alberi presenti nelle diverse aree della città (sia come parti di viali alberati, sia nei parchi e nei giardini).
È chiaro che questa scelta sottintende che alcune decisioni politicamente “forti” e, forse, impopolari dovranno essere prese quando gli alberi sono vecchi, malati o danneggiati, ma ancora di elevato valore affettivo per i cittadini e quando l’impatto emotivo per una loro rimozione sia rilevante. Purtroppo talvolta è necessario effettuare queste scelte per contribuire allo sviluppo di città sostenibili usando gli alberi nella maniera migliore per migliorare la qualità dell’aria e dell’acqua, ridurre i costi energetici e, allo stesso tempo, fornire habitat migliori per l’uomo e per la conservazione delle specie animali.