La legge sul consumo dei suoli agricoli: e se ne riparlassimo con più calma?

di Dario Casati
  • 09 September 2015
Con la ripresa dei lavori parlamentari si rimette in moto il lungo iter preparatorio della “ Legge quadro in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo del suolo” (Atti della Camera, C.2039). Il testo base è pronto e sono stati predisposti circa 500 emendamenti. È volontà del Ministro Martina arrivare all’approvazione prima della conclusione di EXPO, sede in cui verrebbe presentato il provvedimento. 
La preoccupazione per il consumo del suolo è condivisibile, ma occorre precisare che la vera questione è l’uso dissennato, anche a fini agricoli, che se ne fa. E anche qui è bene capirsi: rientra in questa tipologia anche un uso inefficiente rispetto ai fondamentali fini produttivi. Tecniche poco efficaci, eccessi ambientalisti, colture a basso rendimento, sono tutti fenomeni da valutare attentamente. Dobbiamo chiederci quanta sia la terra ad uso agricolo e quanto produca. La sorpresa è che, nonostante la riduzione di circa il 50% della superficie agricola negli ultimi 80 anni, il volume della produzione si è circa quadruplicato. Tutte le principali produzioni, vegetali ed animali, si sono moltiplicate grazie agli incrementi di produttività del suolo compensando il calo della superficie e realizzando la vera valorizzazione di questa risorsa limitata.  
La lunga vicenda parlamentare può spiegare la natura della proposta. Il suo sembra un caso lampante di eterogenesi dei fini, non raro nella produzione legislativa, ma grave per una materia come questa. Lo dimostrano le stesse finalità indicate all’art.1 e che sono fra loro contrastanti, come è inevitabile, considerata la forte competizione fra i potenziali utenti. È difficile conciliare la valorizzazione del suolo per gli usi agricoli con i molteplici obiettivi che si sono aggiunti. La confusione cresce all’articolo 2 con le definizioni che fanno da supporto con un linguaggio confuso, figlio della confluenza di diverse discipline e ideologie. I risultati sono dubbi nell’ottica dell’esercizio dell’agricoltura. Valga per tutte la definizione di “suolo” dell’art.2, comma 2  che suscita persino il timore di un refuso.
La proposta presenta alcuni gravi limiti. Il primo è che non affronta il problema della tutela e valorizzazione dell’uso agricolo, se non congelando l’esistente e condizionando ogni potenziale sviluppo ad altri usi, spesso oscuri, come ” il rilancio della città pubblica”. Oppure con l’introduzione del concetto di “copertura artificiale del suolo” in cui vengono inserite e bandite, in un lungo elenco, le serre insieme a piazzali, parcheggi, banchine, moli etc. 
Un secondo limite è quello dell’applicabilità. Gran parte del testo formula un lungo elenco di adempimenti concatenati e con tempi rigidamente fissati. L’approccio complessivo delle norme prescrittive è sostanzialmente solo urbanistico ed è affidato a Comuni e Regioni, cioè a quegli enti che sono all’origine dell’attuale deprecato consumo di suoli. Un’enorme bardatura formale in cui il potere  finale, in caso di carenza, è affidato, con un ritorno di centralismo, al Ministero.
ll terzo è costituito dall’ingente mole di vincoli introdotti e che di fatto non sono a favore dell’agricoltura né della produzione. Non mancano gli equilibrismi verbali come “ i compendi agricoli neorurali periurbani” dell’art.5, un neologismo per indicare aree le cui destinazioni d’uso non prevedono quella agricola produttiva: quelle elencate includono diversi servizi extra agricoli cui si aggiunge la sola vendita diretta di prodotti agricoli e ambientali locali, quali siano non è detto, ma non la trasformazione.
In breve, l’esame del testo non è rassicurante per il futuro del suolo agricolo né per quello della stessa agricoltura. Non si ritrova lo spazio per l’innovazione di prodotto e di processo, specie se richiede spazi “nuovi” o da riutilizzare. Per intenderci, e se comprendiamo bene, un produttore di Basilico Genovese D.O.P. , che per disciplinare può essere coltivato all’aperto o in serra, incontrerebbe  difficoltà che sembrano insormontabili per scelte imprenditoriali a favore della coltura in serra, nonostante le tante rassicurazioni verbali.
Forse, prima di  calare  sulle imprese una gabbia di queste proporzioni, sarebbe meglio avere più chiari ruolo ed esigenze dell’attività agricola, completando uno dei tanti compiti non finiti dai tempi dell’Unità d’Italia e cioè quello di una vera Politica fondiaria, ma la tentazione del controllo dell’Urbanistica appare irresistibile e di più immediato impatto.
E se ne riparlassimo con più calma, quando saranno spente le luci di EXPO?


The law on agricultural soil consumption: what if we talked about it taking the due time?

With the resumption of parliament, the long preparatory process for the “framework law concerning the promotion of agricultural areas and the control of soil consumption” (Chamber Proceedings, C.2039) has been set in motion again. The basic text is ready and about 500 amendments have been drawn up. 
Concerns for soil consumption can be shared but it should be noted that the real issue is its improper use, even for agricultural purposes. In addition, it is important to understand exactly what is meant: even an inefficient use with regard to basic production purposes falls into this category. Ineffective techniques, environmental excesses, and low output cultivation are to be carefully evaluated. We have to ask ourselves how much agricultural land there is and how much it yields.
However, the scheme has some serious limits. The text is not reassuring as regards the future of agricultural soil or agriculture itself. There is no room for production or process innovation, especially if it requires “new” areas or ones to be reused.