Pioppi per la produzione di biocarburanti: un importante risultato della ricerca

di Francesco Ferrini
  • 07 May 2014
È noto che per produrre biocarburanti da piante legnose è necessario rimuovere il componente chiave del legno, la lignina, per arrivare alla cellulosa che, dopo fermentazione origina alcool e altri composti ricchi di energia. Il procedimento è, però, energeticamente costoso perché richiede normalmente alte temperature e prodotti chimici caustici. 
Alcuni ricercatori negli Stati Uniti e in Canada hanno modificato la lignina in alberi di pioppo in modo che essa si “autodistrugga” con “pressioni” deboli, una soluzione che potrebbe ridurre drasticamente il costo di trasformazione della biomassa vegetale in biocarburanti. La modifica è stata ottenuta Inserendo un pezzo di codice isolato da un'erba cinese nel DNA di un albero di pioppo. Il codice modifica la chimica di alcuni dei legami che tengono insieme la lignina.
Il lavoro ha un elevato potenziale d’impatto nel settore dei biocarburanti, poiché potrebbe essere possibile applicarlo anche ad altre specie come il mais e a colture energetiche come il Panicum virgatum, uno sforzo già in atto, che potrebbe letteralmente “aprire i rubinetti” per l'etanolo cellulosico, prodotto da residui vegetali anziché da piante destinate all’alimentazione. Il Dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti ha sostenuto un certo numero di produttori di etanolo cellulosico e, nel 2007 predisse che entro il 2014 si sarebbero potuti produrre più di 6 miliardi di litri di etanolo cellulosico. Tuttavia la produzione effettiva dovrebbe essere solo l'1% di tale volume.
Il problema è la lignina. Più di due terzi della materia vegetale è costituito da fibre di cellulosa ed emicellulosa, entrambi composti da lunghe catene di glucosio e altre molecole di zuccheri. Gran parte del resto è rappresentato dalla lignina che ha la principale funzione di legare, saldandole fra di loro, le fibre vegetali, conferendo compattezza e resistenza meccanica al vegetale.  Per rimuovere i legami fra lignina e le cellulose, il processo prevede tipicamente il riscaldamento della biomassa a 170°C per diverse ore in presenza di idrossido di sodio o altri composti alcalini che rompono i legami della lignina. Questo “pretrattamento" rappresenta tra un quarto e un terzo del costo di produzione di etanolo cellulosico. Questo è il motivo che ha spinto la ricerca a cercare di risolvere questo problemi e mettere a punto una tecnica a basso impatto ambientale ed economico. Un approccio iniziale fu quello di diminuire l'espressione dei geni che regolano la produzione di lignina, ma i risultati furono insoddisfacenti poiché le piante manifestavano una crescita stentata, si piegavano o addirittura venivano abbattute dalle folate di vento.
Tra le strategie investigate per la degradazione della lignina, alcuni team di ricerca hanno cercato di alterare le sostanze chimiche che compongono lignina. Anche se la struttura della lignina varia da specie a specie, la maggior parte delle specie la assemblano da tre principali componenti ( “mattoni”) chiamati alcol coniferilico (CA), alcool sinapilico (SA), e l'alcool p-cumarilico, producendo catene rispettivamente abbreviate in lignina G, lignina S, e lignina H. Le ricerche si sono perciò orientate sul genoma delle piante per cambiare le proporzioni dei “mattoni” nella speranza di creare una lignina che si degrada più facilmente. Alcuni ricercatori della Purdue University hanno recentemente riferito su Nature, per esempio, che le piante ingegnerizzate per produrre solo lignina H risultavano nane, ma controllando i geni regolatori sono cresciute fino a una dimensione quasi normale. Anche se le lignine H si scompongono in zuccheri con un pretrattamento più moderato, i legami chimici tra le molecole di lignina restanti sono ancora difficili da rompere.
I ricercatori del progetto a cui facciamo riferimento hanno optato per un altro percorso. Invece di alterare le proporzioni della lignina, hanno aggiunto un nuovo acido 1-ferulico (FA) – che si accoppia con le molecole costruttive di SA e CA. Si formano quindi legami più facili da rompere con trattamenti chimici blandi.
Per giungere a questo risultato sono occorsi diversi anni, necessari per l’isolamento dei geni che regolano la sintesi dei “mattoni” di FA, inserirli nelle piante, mostrare che le piante potevano produrre i composti, inviarli alle pareti cellulari, e inserirli nelle lignine. Qualche settimana fa sulla rivista Science un team di ricercatori ha pubblicato i risultati ottenuti lavorando con giovani alberi di pioppo e introdotto il termine di "zip–ligninaTM". Le piante ottenute appaiono sane e mostrano tutti i segni di crescita normale in serra. Ma quando il legno viene macinato e sottoposto ad un trattamento con basi deboli a 100 °C, le lignine si disgregano facilmente, liberando una quantità doppia di zuccheri rispetto al “wild-type” analogo alle stesse condizioni. 
Il gruppo di ricerca sta già lavorando per inserire la zip-ligninaTM in piante di mais. Se lo sforzo avrà successo, le aziende di biocarburanti cellulosici potrebbero abbattere i costi e addirittura arrivare alla redditività senza incentivi e si potrebbe anche originare una nuova generazione di bioraffinerie che convertono cellulosa delle piante in plastica e altri materiali industriali anche se, occorre evidenziarlo, ciò potrebbe richiedere un decennio o più. Tutte le piante ingegnerizzate e gli alberi devono comunque essere testati sul campo per dimostrare che crescono normalmente e non sono maggiormente suscettibili ai parassiti e che il processo è, effettivamente, conveniente. Ma se la strategia funzionasse, i biocarburanti potranno finalmente trovare una via d'uscita dall’impasse che li ha intrappolati per decenni.

Articolo originale: Wilkerson et al., 2014. Monolignol Ferulate Transferase Introduces Chemically Labile Linkages into the Lignin Backbone. Science 344, 90 (2014)