Rifugiati siriani raccoglitori di nocciole

  • 14 May 2019
Il "New York Times" ha dedicato un articolo sul lavoro di raccolta delle nocciole in Turchia da cui proviene il 70% della produzione mondiale, più precisamente da 600mila piccole aziende sparse tra le colline lungo la costa settentrionale del paese. Gran parte del raccolto finisce in prodotti noti e amatissimi, ma pochi consumatori sanno che dietro ciascuna di queste delizie c'è una coltura che è da tempo nota per la sua rischiosità, dato che il raccolto avviene su ripide salite senza nessuna misura di sicurezza, oltre che per la prevalenza di lavoro minorile, piaga che il governo ha cercato di combattere per anni.  Attualmente, un crescente numero di lavoratori stagionali sono rifugiati siriani, che hanno una serie di fragilità, a partire dal fatto che pochi hanno permessi di lavoro, il che significa che non hanno nessuna tutela legale. Lo statuto dei lavoratori turco non si applica alle imprese agricole con meno di 50 dipendenti, per cui gran parte del tentativo di regolamentare la corilicoltura ricade sull'industria alimentare, che acquista un terzo della produzione turca. Ma l'estrema frammentazione delle aziende rende il monitoraggio delle condizioni di lavoro quasi impossibile. Inoltre, il salario minimo, che quasi ogni azienda paga ai lavoratori, non basta a tenere una famiglia sopra la soglia di povertà e questo se non si tiene conto della cifra dovuta ai "sensali" o "caporali" che hanno trovato loro il lavoro.


Rassegna stampa estera 1294 di Agrapress, 9/5/2019