Notiziario







A Bari, celebrazione dei 90 anni di Franco Scaramuzzi

Lunedì 10 aprile 2017 alle ore 16.30 nel Salone degli Affreschi dell'Università degli Studi di Bari Aldo Moro (Piazza Umberto I) si svolgerà la celebrazione 90 anni del Prof. Franco Scaramuzzi, Presidente onorario dell’Accademia dei Georgofili.
L’evento si intitola: La ricerca in agricoltura nel segno della continuità

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Quanta acqua per un chilo di carne? Utilizzo e non consumo

Ieri, l’altro ieri o qualche giorno prima, come tanti italiani, ho bevuto l’urina di Giulio Cesare. Questo condottiero, nei suoi sessantatre anni di vita, ha eliminato oltre trenta tonnellate di urina che, escluse quelle della sua breve permanenza nella Gallia settentrionale, sono ricadute nel bacino del Mediterraneo dove il ciclo con rimescolamento delle molecole dell’acqua, secondo alcuni calcoli, si completa ogni duemila anni.

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60 anni di Europa e di Pac

Il 60°anniversario della firma del Trattato di Roma si è trasformato in una tribuna per i sostenitori di posizioni contrapposte e per cercare di animare un dibattito che, nonostante tutto, langue, probabilmente perché privo di attrattive e alternative concrete. Un membro importante come la Gran Bretagna si accinge ad uscire dall’Ue: è il primo caso dalla fondazione e si verifica in un momento in cui l’euroscetticismo, o meglio l’anti europeismo, si diffonde. Le posizioni avverse da noi si confrontano sull’obiettivo politico del recupero di sovranità.  Quand’anche si realizzasse in Italia non si risolverebbero tre problemi chiave come la disoccupazione a livelli record, l’inarrestabile flusso immigratorio, il colossale deficit di bilancio.
L’Europa comunitaria si è sviluppata senza avere sciolto molti nodi e, sopra a tutti, un contrasto di fondo fra due concezioni: quella di essere un’aggregazione di paesi che partendo dall’economia puntasse all’obiettivo dell’unione politica e quella, più limitata, di realizzare una grande area di libero scambio. Ad esse si è aggiunta una terza concezione presente nei paesi dell’Europa centro orientale reduci dal crollo del comunismo che cercano un sostegno economico per la loro ricostruzione. I popoli europei, oggi, stanno insieme, ma non comprendono che le motivazioni non sono condivise.
L’anniversario è l’occasione per riflettere anche sulla Pac, presente nel Trattato di Roma, poi rimasta nelle successive versioni e disegnata nel 1958 dalla Conferenza di Stresa. La Pac conferisce un primato alla Cee: è l’unico caso di un’area di libero scambio che abbia introdotto anche i prodotti agricoli creando per essi addirittura una specifica politica comune.  L’ingresso inglese nel 1973 fu rallentato e condizionato anche da essa, poco compatibile con la politica agraria inglese. Entrambe protezionistiche, ma la Pac abbinava l’intervento strutturale, basato su strategie e finanziamenti comuni, ad un sostegno pagato dai consumatori attraverso prezzi più elevati di quelli del mercato mondiale e la protezione del mercato interno dalle importazioni grazie a un sistema di dazi mobili e incentivi all’esportazioni. La politica inglese era basata sull’ integrazione dei prezzi di mercato percepiti dai produttori (deficiency payments) che scaricava l’onere del sostegno ai contribuenti e lasciava il mercato più esposto alle dinamiche di quello mondiale. Quando l’Ue è stata costretta a modificare la vecchia Pac, scostandosi sempre più dal modello originario, ne ha scelto uno più vicino a quello inglese. Ciò spiega la volatilità degli scorsi anni ed i prezzi bassi dell’ultimo triennio.
La pesantezza della crisi di tutta l’agricoltura europea oggi impone una coraggiosa rilettura di questa versione della Pac e l’attivazione di meccanismi diversi e più efficienti, pur rimanendo nel solco tracciato dalle trattative internazionali.

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Dalle scoperte scientifiche alle applicazioni tecnologiche: passaggio tutt'altro che scontato

Negli ultimi anni si è discusso molto, anche in questa Accademia, di "genome editing", cioè di un metodo di modifica del DNA, molto efficace e diverso dal più anziano "trasferimento genico". I genetisti ci hanno spiegato in cosa consiste e come sia suscettibile di impiego pratico anche per il miglioramento genetico delle piante coltivate. Ciò che è meno conosciuta è la complessa battaglia che si sta combattendo tra gruppi di scienziati e Istituzioni scientifiche per il riconoscimento del diritto allo sfruttamento del "know how", recentemente documentata dalla rivista americana Science. Esistono varie tecniche di "genome editing" che consentono di modificare i geni; tra di esse la più promettente viene chiamata CRISPR e si basa sull'uso di segmenti di DNA procariotico contenenti sequenze ripetitive. Nel 2012 due ricercatrici, Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna, pubblicano un articolo su Science nel quale dichiarano lo straordinario potenziale applicativo della tecnica CRISPR/Cas9; Cas9 è una endonucleasi associata a CRISPR che, di fatto, viene guidata nel sito esatto del DNA dove si deve esercitare il taglio. Infatti le due scienziate si erano convinte che con questo strumento si potesse tagliare il DNA in modo mirato, modificando poi i geni e quindi, la loro espressione. L'interesse del mondo scientifico su questa tecnica è stato immediato, come dimostra il numero delle pubblicazioni sul CRISPR che salgono dalle 126 del 2012 alle 2155 del 2016. Nel frattempo, il lavoro delle due scienziate desta l'interesse di molti altri valenti colleghi insieme ai quali condividono l'idea di formare, tutti insieme, una società per mettere la tecnica a disposizione del mercato che appare molto vasto (dalla medicina alla agricoltura, all'ambiente ecc.). Ma l'interessante tentativo unitario non decolla, come spesso accade alle belle idee. La comunità dei ricercatori si divide presto per disaccordi su vari argomenti: preoccupazioni circa la proprietà intellettuale, rapporti con le Università e con gli Enti di ricerca (Università della California, Broad Institute, Università di Harvard, Massachusetts Institute of Technology e Università di Vienna), ambizioni di premio Nobel, presenza in trasmissioni televisive, profitti personali, ecc. In pratica una classica saga accademica con tutti gli ingredienti e soprattutto un forte ego. Ciascun gruppo prende quindi la sua strada e vengono fondate varie Società. Si stima che siano stati raccolti circa due miliardi di dollari di "Venture Capital" di cui varie decine di milioni sono stati spesi per gli avvocati che hanno dovuto gestire la grande battaglia per stabilire chi avesse diritto a brevettare le tecniche scoperte, presso lo U.S. Patent and Trademark Office (USPTO).

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Brodo di carne: ritorno al futuro

Il brodo di carne, in grande considerazione nella alimentazione del passato, poi caduto in disuso, sta divenendo ora di moda confermando il detto che il progresso sta anche nel saper tornare all’antico. 
Niente è remoto come il brodo e si ritiene che la cucina sia nata e sviluppata con questo alimento, dal quale nasce anche il termine di ristorante: Alla metà del XVIII secolo, infatti, a Parigi aprono locali denominati “bouillons restaurants” nei quali si servono dei brodi atti a restaurare le forze indebolite e il termine Restaurant diviene il nome dei locali della buona cucina.

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Allegoria del Nongoverno

Oggi, di fronte alle difficoltà della crisi, della gestione dello Stato e di quella delle organizzazioni sovranazionali si manifesta una generale difficoltà a comprendere quale sia la forma di governo che si sta realizzando. Non vi è più il Buongoverno o quello Cattivo, ma un modo diverso di governare caratterizzato dall’incertezza dei fini (gli obiettivi) e degli strumenti per realizzarli (le politiche) che finisce per creare una grande confusione.  

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Piante per lo Spazio

L’astronauta Paolo Nespoli durante la sua terza missione sulla Stazione Spaziale Internazionale (missione VITA) eseguirà le attività di volo di 13 esperimenti italiani selezionati dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). Tra questi c’è MULTRITROP un progetto presentato dal Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, in collaborazione con il Liceo Scientifico Silvestri di Portici. Durante la missione VITA, MULTRITROP non solo sarà l’unico progetto italiano che coinvolge nelle attività di ricerca gli alunni di una scuola, ma è anche l’unico esperimento sulle piante finanziato da ASI.
MULTRITROP si inserisce in una linea di ricerca spaziale avviata da circa venti anni da un gruppo, tutto femminile, di docenti del Dipartimento di Agraria dell’Università di Napoli. In particolare, la georgofila Stefania De Pascale in collaborazione con Roberta Paradiso si interessa della coltivazione di piante nello spazio e di trasferimento tecnologico. La sottoscritta e Veronica De Micco sono maggiormente interessate agli effetti dei fattori spaziali (tra cui gravità alterata e radiazioni) su vari aspetti di biologia delle piante. Il gruppo è partner di MELiSSA, un consorzio dell’ente spaziale Europeo (ESA). È quindi inserito in un network scientifico e tecnologico internazionale che considera le piante superiori un elemento fondamentale dei sistemi biorigenerativi di supporto alla vita nello spazio (BLSSs, Bioregenerative Life Support Systems). I BLSSs sono ecosistemi artificiali basati sulle interazioni tra uomo, microorganismi e piante superiori, in cui i prodotti di scarto del metabolismo di un componente sono utilizzati come risorsa dall’altro.
MULTRITROP è un esperimento di biologia vegetale spaziale. L’idea è nata considerando che sulla Terra la crescita delle radici è orientata da diversi stimoli tra cui i principali sono la forza di gravità (gravitropismo), la presenza di acqua (idrotropismo) e la presenza di elementi nutritivi nel substrato (chemiotropismo). Si ritiene che sulla Terra l’attrazione esercitata dalla forza di gravità sia dominante sugli altri fattori di orientamento. Pertanto, soltanto attraverso un esperimento sull’ISS, e quindi senza l’interferenza del fattore gravità, è possibile verificare il ruolo dell’acqua e degli elementi nutritivi sull’orientamento della crescita della radice. 
Oltre che stimolare l’interesse dei giovani in età pre-universitaria verso la biologia spaziale, l’esperimento ha quindi come obiettivo scientifico approfondire le interazioni tra i diversi tropismi, da cui il nome del progetto: MULTI TROPismo.
Per raggiungere questo obiettivo si svolgerà un esperimento di germinazione di semi a bordo nella ISS nell’unità sperimentale YING-B2 integrata nel contenitore BIOKON di KAYSER ITALIA. Ciascuna unità sperimentale sarà allestita con tre substrati: uno imbibito solo con acqua, uno con una soluzione nutritiva e uno non imbibito creando tre ambienti. In ogni unità sperimentale, due semi saranno posizionati in modo che la radice possa direzionarsi liberamente verso qualsiasi substrato. La germinazione dei semi e lo sviluppo delle radici avverrà in condizioni di microgravità e la crescita sarà bloccata attraverso l’iniezione di un fissativo chimico. I campioni saranno recuperati ed analizzati al fine di capire quale dei tre stimoli ha prevalso e come hanno interagito tra loro.

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Inaugurazione del 264° Anno Accademico dei Georgofili

Venerdì 7 aprile 2017 alle ore 10.30, nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio a Firenze, si svolgerà la cerimonia di Inaugurazione del 264° Anno Accademico dei Georgofili.

Programma:

- Saluto del Sindaco 
- Relazione del Presidente Giampiero Maracchi
- Prolusione di Phil Hogan, Commissario all'Agricoltura e Sviluppo Rurale della Commissione Europea 

E' stato invitato il Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Maurizio Martina.

Chi desidera avvalersi del servizio di traduzione simultanea è invitato a presentarsi alle ore 10.00

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Viviamo meglio e più a lungo

La durata media della nostra vita continua a crescere. Mentre si discute troppo su cosa fare per migliorare e diffondere il “benessere”, inteso come qualità della vita. Non manca neppure chi considera come “diritto sociale” anche l’utopistica e statica “uguaglianza” (promossa invano dalla “Dichiarazione di indipendenza” degli Stati Uniti, dalla “rivoluzione francese”, ecc.).
In realtà, la società nella quale siamo nati e cresciuti ha sempre cercato di migliorare appunto le generali condizioni di vita, a cominciare dalla disponibilità del cibo necessario, così come diffondere l’istruzione, la formazione di ciascuna persona e delle intere società coese, educandole a consoni comportamenti morali e civili.

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“La carta senza fine” di Pistoia

Pistoia, capitale italiana della Cultura per il 2017 richiama anche alcuni fra i suoi più illustri concittadini. Questa volta è la famiglia Cini, in particolare Giovanni, il fratello Cosimo, Bartolomeo e Tommaso figli di Giovanni,  e la loro Cartiera sul fiume Lima così come ci viene descritta dal georgofilo Rinaldo Ruschi in una corposa relazione dell’ottobre 1851. 

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Cucine etniche e agricoltura

Ambivalente è il rapporto tra agricoltura e cucina. Se da una parte e in generale la cucina usa quanto offerto dall’agricoltura, questa in molti casi è indotta a produrre quanto la cucina richiede e, in mancanza di questo dialogo, vi sono stati prodotti che per lungo tempo sono rimasti inutilizzati, come è avvenuto in Europa per la patata e il pomodoro. Nel dialogo tra agricoltura e cucina un ruolo importante hanno le migrazioni dei popoli, che nell’antichità nel mediterraneo hanno diffuso il grano e pane, nei tempi della romanità la vite e vino in gran parte dell’Europa, e in tempi successivi il riso portato dalle invasioni musulmane. Altrettanta importanza nella conoscenza dei cibi e delle cucine esotiche hanno avuto e continuano ad avere i commerci, ora sempre più mondializzati e, di recente, il turismo, mentre continuano ad avere un grande peso gli spostamenti di popolazioni e le immigrazioni. Oggi in Italia vi è la presenza di quasi sei milioni di nati all’estero e dai più diversi paesi, circa il dieci per cento dei residenti, un fenomeno che ha significativi riflessi sulla cucina e di conseguenza anche sull’agricoltura.
Il complesso processo attraverso il quale le popolazioni immigrate adattano stili o scelte alimentari nei paesi dove vivono è definito acculturazione alimentare, un comportamento influenzato da complessi cambiamenti psico-sociali. Se le popolazioni immigrate tendono a mantenere gli stili e le abitudini alimentari del paese d’origine, nel tempo cambiano per assimilazione di quelli del paese di arrivo, sia pure più lentamente di quanto non accade per la lingua, il modo di vestire e altri stili di vita. Nelle famiglie de-gli immigrati i pasti sono consumati prevalentemente in casa conservando modi di preparazione, cottura, scelte alimentari e usando anche alimenti del luogo di provenienza, che sono ricercati e acquistati in negozi etnici. Per questo in Italia, dal 2007 a oggi, il mercato degli alimenti etnici, di provenienza extraeuropea e non tradizionali dell’alimentazione italiana, è quasi raddoppiato, tanto che alcune grandi catene di supermercati hanno iniziato a inserirli tra le loro offerte, con un giro d’affari di circa centosessanta milioni d’Euro. Non noto è il giro d’affari dei sempre più frequenti negozi etnici che vendono anche alimenti e solo a Milano hanno un ritmo di crescita del dieci per cento superiore a quelli italiani.
Contestualmente in Italia, anche sotto la spinta di quanto visto all’EXPO 2015, vi è stato un incremento di ristoranti etnici, che non sono più una novità o una moda e che soprattutto nei giovani diffondono un nuovo modo di mangiare, con diverse giustificazioni, non ultima quella economica. Oggi in Italia questi ristoranti, tra grandi e piccoli, sono quasi duecentomila e ancor più interessante è che tra i ristoranti di nuova apertura quasi uno su tre è di tipo etnico. La frequenza degli italiani in questi ristoranti sta orientando su nuovi gusti la loro alimentazione ed è in continua ascesa, riguardando quasi la metà della popolazione, soprattutto i giovani tra i diciotto e i trentaquattro anni che preferiscono in particolare la cucina cinese, seguita da quella giapponese, messicana e indiana.
La presenza di popolazioni immigrate, con i loro ristoranti e negozi, e i contatti tra interculturali soprattutto tra i giovani (fino ai trentaquattro anni) sta cambiando la cucina italiana, come dimostra il progressivo acquisto da parte degli italiani di cibi esotici, sia in negozi etnici e sia nella grande distruzione, per la preparazione di ricette piatti con ricette esotiche e etniche da parte di una percentuale della popolazione che, secondo alcune statistiche e con diversa frequenza, arriverebbe al trentacinque per cento degli intervistati.

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Il bosco. Storia, selvicoltura, evoluzione nel territorio fiorentino

Martedì 28 marzo alle ore 16.30 nella sede dell’Accademia dei Georgofili si svolgerà la presentazione del volume di Fabio Cappelli: Il bosco. Storia, selvicoltura, evoluzione nel territorio fiorentino (Olschki, 2016).

Il libro può essere letto come un percorso di preparazione all’ingresso in un bosco. Invito alla comprensione: attraverso le caratteristiche ambientali – clima e suolo – che influenzano la vegetazione, come questa si sviluppa e come si evolve fino a formare i boschi. E ancora: illustrazione dei metodi selvicolturali più comuni per i tagli dei cedui e delle fustaie e brevi cenni di storia – dai provvedimenti di legge alle trasformazioni forestali avvenute nei secoli passati dal governo mediceo fino allo Stato italiano. Ma è soltanto dopo che la soglia è stata varcata, per così dire, che il bosco domanda la precisione dello sguardo. S’indagano con passione e acutezza le caratteristiche forestali del territorio fiorentino, dalla Val d’Era fino all’Alto Mugello. Sono passati al vaglio dell’osservatore tutti i principali tipi di bosco, naturale e artificiale, presenti: di ognuno se ne traccia storia, evoluzione e aspetti selvicolturali. Completano il quadro alcuni comprensori particolari – Colli Alti Fiorentini, Vallombrosa – e una breve ricognizione sulle Foreste demaniali della Regione Toscana e le aree protette. Così il lettore può posare il libro e fare delle parole una pratica d’esperienza.

Iscrizione su: adesioni@georgofili.it


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Il ruolo della ricerca per la tutela della risorsa suolo

Il suolo, definito dall’Unione europea come la parte più esterna della crosta terrestre, situata tra la roccia o il sedimento inalterato e l’atmosfera, è un sistema naturale complesso, multi-fase, che tende ad auto-organizzarsi in conseguenza dell’azione dei fattori della pedogenesi e in particolare dell’attività biologica, che ne determina i maggiori dinamismi. Non è quindi un mero substrato inerte, statico, attraverso il quale realizzare le produzioni agricole e forestali o sul quale appoggiare le nostre attività e infrastrutture, ma un essere vivente. 

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Olivicoltura e gastronomia

L’olio d’oliva, a livello mondiale è quasi un prodotto di nicchia, perché nell’ambito dell’olio alimentare e secondo i diversi sistemi di rilevazione rappresenta solo dal due e mezzo al quattro per cento dei consumi totali. In Italia si producono circa duecentocinquantamila tonnellate di olio d’oliva, con un fatturato al consumo complessivo annuo pari a tre miliardi e duecentomila Euro. Il consumo pro-capite annuale è di poco più di nove chilogrammi, con un totale di oltre cinquecentomila tonnellate il che significa che almeno, se non più della metà dei consumi sono coperti dall’importazione.

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Biodiversità degli ortaggi dimenticati: dagli antichi sapori ai moderni segreti della salute

L’ormai inesorabile affermazione della cosiddetta “globalizzazione” alimentare ha paradossalmente stimolato un crescente interesse per quella biodiversità che stava per scomparire per sempre dal panorama delle risorse genetiche di ormai antico “addomesticamento” vegetale e/o animale. In questo ambito gli ortaggi rappresentano una risorsa genetica di assoluto interesse non solamente sotto un profilo gastronomico ma anche storico e nutraceutico. Viene da chiedersi: ma perché certe antiche cultivar sono state messe da parte e sostituite da moderne cultivar commerciali? Il motivo è semplice: anche se non ce ne rendiamo conto richiediamo agli ortaggi delle caratteristiche che, sebbene spesso appiattiscano le componenti di sapore e salute, certamente consentono di disporre di alimenti pronti, ben conservabili, facilmente raccoglibili e con attitudine al confezionamento e quindi alla commercializzazione. In altre parole le nostre quotidiane esigenze hanno favorito cultivar caratterizzate da contemporaneità di maturazione (quindi facilmente meccanizzabili e raccoglibili) uniformi come forma, colore e dimensioni  (quindi facilmente confezionabili), con scarsi fitochimici rapidamente alterabili (quindi ben conservabili) e con caratteristiche gastronomiche di facile impiego come attitudine al lavaggio, brevi tempi di ammollamento nel caso dei legumi e persino assenza di odori considerati sgradevoli. Questo ultimo caso può essere ben rappresentato dal cavolfiore fiorentino (ormai raro) che, essendo ricco iso-tiocianati, la sua cottura implicava odori considerati sgradevoli nonostante che è proprio la presenza di questi fitochimici a conferirgli un ruolo nutraceutico in termini di attività anticancerogena. Analoga azione è garantita anche da altre brassicacee come il “Broccolo fiolaro di Creazzo” (provincia di Vicenza, ricco di sulforafano), il cavolo nero fiorentino, il “Broccolo romanesco” dalla tipica forma a frattale e dal “Cavolo a foglie ricce” pugliese. Analoghi legami tra ortaggi locali e salute è dato dall’asparago violetto di Albenga, dal sedano rosso di Orbassano e la carota nera di Polignano (ricchi di antociani ad attività antiossidante), il cece nero della Murgia ricco di ferro (FOTO), la zucca serpente siciliana ad attività ipolipidemica ed il Pomodoro tondino liscio da serbo Toscano (detto anche Pendolino) molto ricco di polifenoli attivi come prevenzione delle malattie cardiovascolari. Di estremo interesse gastronomico-culturale sono inoltre gli “intrecci storici” che intercorrono tra un determinato ortaggio e la tradizione rurale di un particolare territorio. E’ questo il caso della melanzana rossa di Rotonda, importata ad inizio del secolo scorso in Basilicata da soldati della guerra di Etiopia, dello Scalogno, il cui nome deriva dalla città di Ashkelon (Israele) importato dai Crociati (~ 1200), il pomodoro San Marzano, regalato dal viceré del Perù al Re Napoli Ferdinando IV di Borbone nel 1770), della “Batata salentina”, introdotta nel 1842 dal marchese Cosimo Ridolfi (fondatore a Pisa della prima Istituzione Agraria nel mondo), nonché della Lenticchia nera (Vicia articulata) considerata “coltura relitto” della Magna Grecia calabrese (Bovesia, VIII secolo a.C.) la cui popolazione ha tuttora un dialetto grecofono. Analoga “coltura relitto” della Magna Grecia, in questo caso salentina, è costituita dal Pisello nano di Zollino (Lecce).

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“Cresce la cooperazione agroalimentare, cresce l’agricoltura”: due giornate di studio internazionali a Firenze il 23 e 24 marzo

La cooperazione rappresenta la struttura elementare e il sistema portante dell’agroalimentare italiano ed europeo. Con il metodo cooperativo si articolano la maggior parte delle forme organizzative che oggi sono utilizzate per sostenere la competitività delle imprese agricole e superare scompensi e dualismi sia territoriali, sia di comparto produttivo. La cooperazione agroalimentare oggi osservabile è il risultato di un processo aggregativo e di adattamento continuo all’evoluzione dei mercati, delle politiche e dei contesti produttivi. La necessità di rafforzare le strutture organizzative e finanziarie ha spinto la cooperazione agroalimentare a cercare nuovi schemi e moltiplicare i modelli. 
Dotarsi di tutti gli strumenti necessari per competere è un imperativo cui nessuno può ormai sottrarsi, ma il modello cooperativo ha perduto la sua originalità lungo tale percorso? O invece proprio i nuovi modelli organizzativi contengono le risposte chiave da esplorare? Su quali basi possiamo oggi guardare alla cooperazione agroalimentare con rinnovato interesse? Quali sono i supporti offerti dalle politiche? 

Le due Giornate di studio internazionali, organizzate dall’Accademia dei Georgofili in collaborazione con Agrinsieme e Crea (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’ Economia Agraria), nascono anche a seguito del protocollo di intesa sottoscritto recentemente tra l’Accademia e Agrinsieme ed intendono rispondere ai predetti interrogativi attraverso un approfondimento che si svilupperà in tre specifiche sessioni con l’obiettivo di fare emergere un filo conduttore tra come la ricerca in campo economico va inquadrando la cooperazione agricola, come emergono nuovi modelli di cooperazione agricola nelle due realtà francese ed italiana e come le politiche possono interpretare il cambiamento in atto e supportare il modello cooperativo rispetto ad altre soluzioni organizzative dell’agricoltura.

Le giornate di studio si svolgeranno in sedi diverse: il 23 marzo, dalle ore 14.30 alle 19.00 presso l’Accademia dei Georgofili, Logge Uffizi Corti; il 24 marzo, dalle ore 9.00 alle ore 17.30 presso Auditorium Santa Apollonia, Via San Gallo 25 (Firenze).

Per confermare la partecipazione scrivere a: adesioni@georgofili.it. Le adesioni saranno accolte compatibilmente alla capienza della sala.


PROGRAMMA

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I parassiti della Palma cinese, Trachycarpus fortunei, messa in piazza Duomo a Milano

Molti organi di informazione, forse suggestionati dall’autorevolezza botanica di qualche politico, lasciano intendere che i Trachycarpus fortunei, messi a dimora nella piazza del Duomo di Milano, siano originari dell’Africa e che, in qualche maniera, siano ricollegabili ai clandestini o immigrati africani. Voglio solo ricordare che l’Arecacea in questione, comunemente nota come Palma cinese, è originaria delle montagne della Cina e della Birmania, dove viene coltivata per ottenere fibre tessili con cui si producono corde, sacchi e indumenti. Essendo in grado di resistere a temperature anche inferiori a -15°C la palma viene utilizzata a scopo ornamentale fino al Nord Europa, mentre soffre nelle zone a clima troppo secco e caldo. 

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Schegge di bosco

Etica forestale spicciola 
Un tale voleva far legna nel suo bosco; il forestale fece osservare che era inutile fare il taglio perché ricorrevano le condizioni per avere dal comune un’assegnazione di legna a prezzo di favore. L’interessato rispose: “Se il bosco è una cosa tanto importante quanto voi dite, chi può deve riscaldarsi con la legna del suo bosco e non con quella del bosco degli altri!”.

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La scomparsa della tubercolosi bovina nell’uomo

I gobbi sono scomparsi, come le lucciole di Pier Paolo Pasolini dell’articolo sul Corriere della Sera del primo febbraio 1975, dove lo scrittore rileva che nei primi anni sessanta, a causa dell'inquinamento dell'aria, e, soprattutto, in campagna, a causa dell'inquinamento dell'acqua sono cominciate a scomparire. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante e dopo pochi anni le lucciole non c'erano più. Che cosa è avvenuto? In modo analogo perché vi erano e sono scomparsi i gobbi, uomini e donne di piccola statura con una pronunciata gobba o gibbo, i primi ritenuti segno favorevole tanto da essere toccati per avere fortuna e riprodotti come oggetti scaramantici, e le seconde infauste da evitare? Una domanda che ha sollevato l’interesse d’infettivologi, veterinari, storici e antropologi, anche con una risposta che riguarda la sicurezza alimentare e da non dimenticare, perché i gobbi oggi potrebbero ritornare.
Senza entrare nei significati scaramantici o di superstizione popolare, la quasi totalità di questi ammalati, perché tali sono, spesso di piccola statura tanto che in Sicilia erano denominati “corti”, sono ammalati del Morbo di Pott, tubercolosi vertebrale causata da un’infezione di batteri in gran parte di tipo bovino. Nella grande famiglia dei batteri tubercolari, l’infezione da batterio della tubercolosi di tipo bovino colpisce anche l’uomo, per contatto degli animali infetti e soprattutto per via alimentare con l’uso di latte crudo, prodotti caseari freschi e carni provenienti da mucche ammalate di tubercolosi. Per questo la malattia è tipica delle popolazioni che allevano bovini e già presente nell’Antico Egitto, mentre é assente nelle Americhe precolombiane nelle quali la discussa interpretazione di una statuetta fittile è stata alla fine risolta attribuendola alla rappresentazione di un caso di condrodistrofia e non di Morbo di Pott.
Fino alla metà del secolo scorso, il Morbo di Pott era abbastanza diffuso e invalidante, chi ne era colpito in forma grave aveva scarse possibilità di lavoro e, se ne aveva le doti diveniva musicista. Nel rinascimento spesso era anche giullare e buffone di corte, una figura entrata nel mondo dello spettacolo come Rigoletto dell’opera verdiana e nella letteratura con Quasimodo di Victor Hugo.
L’infezione umana da batterio tubercolare bovino è (relativamente) meno mortale di quella di tipo umano, verso il quale il batterio bovino sembra avere un’attività di contrasto, analogamente a quanto si è ritenuto possa avere nei riguardi dell’infezione di un altro batterio, quello di Hansen che provoca la lebbra, tanto che si è supposto che la fortissima riduzione della lebbra postmedievale in Europa sia la conseguenza dell’espansione nell’uomo della tubercolosi umana e bovina. 
La progressiva diminuzione e poi la quasi totale sparizione della tubercolosi bovina nell’uomo in Italia, e quindi la seguente scomparsa dei gobbi con Morbo di Pott è avvenuta attraverso diverse fasi.  Per la grande diffusione della tubercolosi bovina nel bestiame, dapprima vi è stata una campagna informativa sulla necessità di bollire il latte, seguita dall’istituzione delle Centrali del Latte dove si eseguono trattamenti di risanamento del latte tramite pastorizzazione e stassanizzazione, infine e con metodo definitivo si è proceduto all’eliminazione della tubercolosi negli animali da latte: bovini, ovini e caprini. Contestualmente vi è stata l’abolizione dell’istituto della Bassa Macelleria, con la quale ai meno abbienti erano vendute le carni di animali tubercolotici, ora destinate alla distruzione.

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I GEORGOFILI SU RTV38

Come previsto dal Protocollo di intesa sottoscritto tra Accademia dei Georgofili e Unicoop Firenze, sono state registrate dal Presidente Maracchi negli ultimi mesi del 2016, e ne sono in programma anche per il 2017, alcune rubriche all’interno della trasmissione di approfondimento Stili di Vita Magazine su RTV38, a cura di Cecilia Morandi. 

Le rubriche, che trattano argomenti che stanno a cuore alla nostra Accademia (l’agricoltura, la globalizzazione, la sicurezza alimentare, il clima, le stagioni, i prodotti del nostro territorio, ecc..), verranno trasmesse il mercoledì alle ore 21.00 (in replica la domenica dalle 17.45) e sono inoltre visibili sui canali Youtube dell’Accademia dei Georgofili (https://www.youtube.com/channel/UCosKzVZGcw6VR3sW9QKGkVw) e di RTV38 (https://www.youtube.com/playlist?list=PLfVSUc0etIzeb2ibbgdIHkVHGu_jRHOEv).

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