Frane, smottamenti, alluvioni: il “bel paese” sta crollando!

Volentieri ripubblichiamo questo articolo, uscito sul “Notiziario” cartaceo dei Georgofili nel marzo 2010, a dimostrazione del fatto che è opportuno occuparsi di dissesto idrogeologico sempre e non soltanto quando accadono delle disgrazie in conseguenza al forte maltempo, come quello che ha flagellato l’Italia nei giorni scorsi.

di Marcello Pagliai
  • 07 November 2018
E’ vero che i disastri ambientali sono sempre accaduti, ma la loro frequenza negli ultimi decenni, da Sarno (Campania) nel 1998, a Giampilieri (Sicilia) nel 2009, alle attuali alluvioni della Toscana, del Veneto, ecc., è veramente impressionante. Certo, i cambiamenti climatici possono incidere, ma la causa principale è sempre da ricercare nell’attività dell’uomo, ovvero alla non corretta gestione del suolo. Da anni è noto che:
•    i 2/3 dei suoli del territorio nazionale sono a rischio di degradazione;
•    l’erosione del suolo supera mediamente di 30 volte il tasso di sostenibilità (erosione tollerabile);
•    la degradazione del suolo avvenuta negli ultimi 40 anni ha provocato una diminuzione di circa il 30% della capacità di ritenzione idrica dei suoli agricoli italiani, con un relativo accorciamento dei tempi di ritorno degli eventi meteorici in grado di provocare eventi calamitosi.
Questi sono dati significativi e preoccupanti, che devono far riflettere circa la situazione dei suoli e quindi dell’ambiente nel nostro Paese. Nonostante l’accresciuta sensibilità verso i problemi ambientali, maggiore attenzione deve essere ancora rivolta all’impatto delle attività antropiche sul suolo. Il consumo del suolo stesso dovuto alla cementificazione selvaggia, all’abusivismo edilizio, in molti casi veramente scellerato in quanto si costruisce in zone ad alto rischio idrogeologico, ecc., sta aumentando in maniera preoccupate nell’indifferenza non solo dei decisori politici ma anche dei semplici cittadini. Nell’ottica di una agricoltura sostenibile si assiste ancora ad alcune pratiche agricole che meriterebbero di essere evitate o comunque corrette. Il paesaggio agricolo mediterraneo è ancora oggi caratterizzato da versanti modellati dall’uomo mediante una serie di interventi sistematori aventi quale principale finalità la riduzione della lunghezza del versante, la modificazione delle pendenze, l’intercettazione e regolazione dei flussi idrici. Con la modernizzazione dell’agricoltura si è persa la “coscienza sistematoria”, che collegava la difesa del suolo dal campo ai bacini idrografici, ed è proprio qui una delle chiavi di volta che spiegano l’intensificarsi negli ultimi decenni di eventi catastrofici.
Attualmente i margini di reddito per gli agricoltori sono diventati molto spesso talmente esigui che nei fatti impediscono l’attuazione di opere di sistemazione idraulica-agraria. E’ chiaro che l’agricoltura, nonostante gli incentivi della Nuova PAC finalizzati alla salvaguardia dell’ambiente, da sola e nelle aree più fragili, non può prevenire le catastrofi ambientali. E’, quindi, assolutamente necessario operare una pianificazione del territorio che parta dalla conoscenza del suolo, dalla conoscenza dei processi che in esso avvengono e che, soprattutto, sia finalizzata alla prevenzione della degradazione ambientale. Occorre una presa di coscienza che per qualsiasi intervento sul suolo i risultati si vedono nel lungo termine e, proprio per questo, si impone un drastico cambiamento nella cultura della protezione dell’ambiente. E’ fondamentale, perciò, disporre di banche dati aggiornate dei vari tipi di suolo al fine di pianificarne una corretta gestione e un utilizzo secondo la specifica vocazione. Per questo è assolutamente necessario educare l’opinione pubblica alle problematiche della conservazione del suolo e persuadere gli agricoltori ad adottare pratiche agricole sostenibili.