Il vino ha un tavolo con tre Ministeri, l’ICE e tutto il sistema. L’ortofrutta niente. Ma forse c’è un perché …

di Lorenzo Frassoldati*
  • 26 April 2017
Comunicato del ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, data 12 aprile: “Si rende noto che mercoledì 26 aprile si svolgerà al Mipaaf, una riunione del Tavolo di filiera del settore vitivinicolo, per analizzare le tematiche relative al comparto a partire dall’attuazione del testo unico del vino e del nuovo decreto Ocm promozione 2017/2018. All’incontro prenderà parte il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina”. Leggendo di questo Tavolo di filiera per il vino mi sono fischiate le orecchie. Infatti pochi giorni fa, al Vinitaly, il presidente dell’Ice aveva accennato a questo ‘Tavolo’. Quindi, signori che mi leggete, fate attenzione. Il comparto vino non solo gode delle premurose attenzioni del Governo, espresse in mille occasioni, da Expo giù giù fino ai provvedimenti legislativi di semplificazione/sburocratizzazione fatti ad hoc (se non poi non funzionano, è altro discorso), ma adesso sbuca fuori questo ‘Tavolo’ di cui io stesso – che seguo per lavoro questi temi – non sapevo niente. Incuriosito, ho cercato informazioni. Ecco il quantum. Il comparto vino gode di un tavolo interministeriale permanente di consultazione dove siedono tre ministeri (Politiche agricole, Sviluppo economico, Esteri, tutti con dotazioni finanziarie), l’Ice e le rappresentanze professionali di categoria (Unione vini, Federvini, ecc), cioè mondo produttivo, industriali, commercianti, ecc. In pratica tutto il sistema vino. Per carità, essendo il primo comparto del nostro export agroalimentare, si merita ampiamente questo trattamento di attenzione. Anzi è doveroso. Ma la seconda voce del nostro export, l’ortofrutta, anche alla luce dei buoni risultati del 2016, non meriterebbe analoghe premure? Proprio commentando gli straordinari numeri del 2016, ci eravamo permessi di scrivere una lettera aperta al Sig. Ministro in cui tra il serio e l’ironico mandavamo questo messaggio: “Caro Martina, la nostra ortofrutta è da record. A Roma ve ne siete accorti?”. Scrivevamo: “Il settore chiede più attenzione, e non una attenzione generica ma una attenzione specifica, come è stato fatto per il vino. Questo risultati sono figli della vivacità di un “sistema” che, messo con le spalle al muro, ha dimostrato di saper reagire con capacità innovative di processo e di prodotto, collaborando dove possibile col pubblico (ad esempio sulle barriere fitosanitarie), raggiungendo risultati di eccellenza nelle tecnologie, creando nuove grandi aggregazioni commerciali su grandi prodotti come mele, pere e kiwi; avviando il rinnovamento nel mondo dei Mercati generali (anche se qui il Governo deve dimostrare di far seguire i fatti alle promesse); creando nuovi prodotti e nuovi mercati con la IV e V gamma; cavalcando il sentiment dei consumatori puntando su sostenibilità e biologico”. Ma i burocrati ministeriali sono un muro di gomma; Martina è in procinto di andare a fare il vicesegretario Pd se Renzi vincerà le primarie. Quindi? Temiamo che le nostre lettere più o meno aperte, e gli appelli delle imprese del settore siano destinati a cadere nel vuoto. Se il sistema ortofrutta troverà al proprio interno le energie per uscire dal cono d’ombra in cui vive; se troverà la forza di confrontarsi con politica e istituzioni con la schiena diritta e non sempre mendicando attenzione; se avrà la forza di proporsi con una nuova immagine e rivendicando i propri valori, allora qualcosa (forse) cambierà. Tempo fa lanciammo l’idea di una cabina di regia per il settore, poi caduta nel vuoto. Magari la cabina si trova, servirebbe un regista, anche una regìa a più mani. Nel vino adesso il tema è la sfida del valore, cioè riuscire a strappare prezzi più alti per i nostri vini sui mercati internazionali. Per l’ortofrutta il tema è lo stesso e vale anche per il mercato interno. Ma qui tutti vogliono prezzi bassi, nessuno dice al consumatore che si deve abituare a spendere di più per qualità, sostenibilità, sicurezza alimentare, ecc. I messaggi che filtrano sono quasi sempre devastanti per le imprese dell’ortofrutta, che sono costrette a scannarsi per qualche centesimo in più o in meno sui prodotti a fronte di una Gdo dove l’unica legge che vale è quasi sempre quella del prezzo più basso. Poi saltano fuori i saltimbanchi, i cuochi, le associazioni dei consumatori, i nani e le ballerine a parlarci del made in Italy, dell’export, della qualità, dei dazi… E allora ti cascano le braccia. Quindi: bravo chi è riuscito a mettere in piedi un Tavolo con la politica e peggio per chi non ce l’ha. Chi ha avuto ha avuto, e chi ha dato ha dato.


*direttore del Corriere Ortofrutticolo

(da: Corriereortofrutticolo.it, 18/4/2017)