IL CILIEGIO RITORNA NELLA PIANURA VERONESE

di Giorgio Bargioni
  • 06 April 2011
Il ciliegio è stata l’ultima, fra le specie da frutto a grande sviluppo, ad avere la possibilità di ridurre la mole degli alberi con portinnesti nanizzanti e preparare impianti a densità elevate. La mole che gli alberi spesso raggiungevano con i portinnesti tradizionali (P. avium e P. mahaleb) e le derivanti difficoltà e pericolosità nelle operazioni di raccolta dei frutti sono state in molti luoghi causa dell’abbandono della coltura, soprattutto là dove le condizioni podologiche accentuavano lo sviluppo vegetativo. Così è avvenuto negli anni ‘70 nei terreni profondi e freschi della media pianura veronese e in quelli irrigui dell’Alta pianura determinando in quella provincia il restringersi della coltura alle aree della media e alta collina.                                                                                                                                      La disponibilità di portinnesti nanizzanti è stata offerta ai cerasicoltori  solo in anni relativamente recenti, anche se gli studi e i lavori per la selezione di quel tipo di soggetti, particolarmente negli Stati Uniti d’America, in Belgio e in Germania,  hanno avuto origine poco dopo la seconda metà del secolo scorso. Oggi si dispone di varie selezioni e nel Veronese viene data la preferenza ai soggetti di origine tedesca Gisela 5 e Gisela 6, che consentono di ottenere alberi di altezza media di 3 m o poco più sui quali tutte le operazioni da compiere, manuali o meccaniche, sono rese comode e celeri e richiedono un  impiego limitato di energia. Si ha così un notevole aumento dell’efficienza della mano d’opera: se un operaio esperto su alberi innestati su franco e con elevata produzione poteva raccogliere al massimo 10 kg/ora di ciliegie, oggi su alberi allevati a fusetto innestati sui soggetti nanizzanti può raccoglierne almeno un terzo in più. Si tratta, d’altra parte, di soggetti particolarmente esigenti, soprattutto per quanto riguarda la disponibilità idrica. Questa disponibilità, difficilmente reperibile nella collina, è presente nella media  pianura veronese grazie alla falda freatica relativamente alta e  alle numerose risorgive, e nell’Alta pianura grazie all’ampia rete di distribuzione dell’acqua dell’Adige creata da decenni dai consorzi irrigui.                                                                                                                                         In queste condizioni le migliori varietà oggi disponibili, a frutto grosso e con produttività elevata, innestate su quei soggetti, possono consentire al coltivatore un risparmio sensibile nei costi di raccolta e l’offerta al consumatore di  un prodotto di alta qualità, sostenendo la competizione  con  analoghi luoghi di coltura. Le aziende di collina, prive di irrigazione, dovranno modificare i propri ordinamenti produttivi orientandosi essenzialmente sulle varietà a maturazione tardiva, il cui ritardo di maturazione può essere accentuato dall’altitudine.

(foto: www.morguefile.com)

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