Una macchina animale perfetta: il dromedario

di Dario Cianci
  • 28 January 2015
Sta nascendo in Europa ed in Italia la moda del dromedario; l’anno scorso l’Europa ne ha autorizzato la vendita del latte e quest’anno un veterinario di Messina ne ha creato un allevamento. Recentemente nel Parco di San Rossore (Pisa) è stato introdotto un piccolo gruppo di dromedari per aiutare il turismo ma ambientalisti e intellettuali si oppongono perché li credono incompatibili con l’oasi protetta e che potrebbero introdurre virus e batteri pericolosi. Devo ricordare agli oppositori che, nella tenuta di San Rossore, molti dromedari sono stati ospiti ben accetti per oltre tre secoli: il primo vi giunse nel 1622 e divennero circa 200 nel XVIII e nel XIX secolo, per poi calare progressivamente ed estinguersi verso la metà del XX secolo. I resti ossei di alcuni di essi sono conservati presso il Museo di Anatomia Veterinaria del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa. Per parte mia sono dalla parte degli ambientalisti per tante cose, comprese quelle che riguardano l’allevamento di razze esotiche al posto di quelle autoctone, ma qui si tratta di pochi animali che non vanno a sostituire le popolazioni autoctone, anzi arricchiscono il quadro delle attrazioni del parco anche per i ragazzi che non hanno la possibilità di andarli a vedere nei loro habitat o allo zoo o al circo. Per quanto riguarda le patologie trasmissibili ci sono tutti i sistemi per evitarle, come facemmo degli anni ’80 per l’importazione dalla Tunisia di quattro dromedari tenuti per oltre 10 anni presso l’azienda sperimentale della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Pisa. 
E’ utile perciò riassumere su questi straordinari animali qualche informazione ricavata dai miei tanti soggiorni in Africa e riassunte nel volume “Il cammello” scritto con i colleghi D. Scaramella e G. Macchioni, pubblicato nel 1989 da Edagricole Bologna 
Il dromedario (o cammello ad una gobba) e il battriano (o cammello a due gobbe, il nome deriva da Bactria, area a cavallo tra Afghanistan, Uzbekistan, e Tajikistan) oltre alle differenze nelle caratteristiche fisiche (rispettivamente una gobba e due gobbe) hanno diversa area di diffusione: il battriano vive in Asia centrale, mentre il dromedario è presente in Nord Africa, Asia Minore e India. Il dromedario è stato addomesticato nella parte meridionale dell’Arabia tra il 3.000 ed il 3.500 a. C. Riferimenti al dromedario quale animale da lavoro e da guerra si hanno già nella Bibbia. I cammelli sono stati addomesticati invece qualche secolo dopo, intorno ai 2.500 a. C. nell’area dell’attuale Korasan iraniano e del Turkemenistan russo. Oggi il dromedario è esclusivamente domestico mentre esistono cammelli selvaggi nei deserti del Sinkiang e del Gobi, che derivano in parte da progenitori ancestrali selvatici ed in parte da soggetti rinselvatichiti. 
Entrambi combinano una grandissima resistenza alla fatica con la straordinaria capacità di sopravvivere in ambiente difficile dovuta al minimo consumo di acqua e di nutrienti. Dromedario e battriano sono animali eccezionali e complessi, sia sotto l’aspetto anatomico che fisiologico, per le loro capacità adattative collegate ai meccanismi di tolleranza termica ed alla efficienza dei cicli dell’energia, dell’acqua, dell’azoto. 
La riduzione delle attività metaboliche, la vera forza di adattamento all’ambiente dei camelidi, è dovuta ai suoi meccanismi biochimici estremamente efficaci che consentono una più intensa utilizzazione della energia lorda contenuta negli alimenti con la riduzione della quota degradata a calore e, di conseguenza, dei ritmi biologici (ritardo nella maturità somatica e sessuale) ma anche un minore consumo di cibo e, soprattutto, di acqua. 
Il bilancio termico, finalizzato al risparmio di acqua, è regolato più dal controllo dei processi di termogenesi che non dai meccanismi di termolisi legati alle perdite evaporative. Le ghiandole sudoripare sono presenti sulla cute e l’evaporazione avviene direttamente dalla pelle; il pelo, rimane asciutto e può assorbire il calore ambientale innalzando la propria temperatura e riducendo l’ulteriore assorbimento di calore. Il consumo di acqua e di nutrienti azotati è ridotto anche per la scarsa eliminazione di urina. 
L’antica credenza (ne parla Plinio il Vecchio) che battriani e dromedari abbiano la capacità di conservare acqua in speciali tasche del rumine, le sacche acquifere, non è più accettata dagli anni ’50, quando è stata scoperta la loro modesta capacità (non oltre 8 litri) e la somiglianza del loro contenuto fluido con quello del rumine. Le scarse riserve d’acqua localizzata viene compensata dalla grande capacità di cedere acqua da tutti i tessuti, talché ciascuno di essi diventa una potenziale riserva idrica. Il dromedario tollera senza rischi per la salute anche la perdita del 25% del proprio peso, che ricupera con una bevuta di oltre 100 litri appena raggiunge un punto d’acqua. 
Sono convinto che il futuro del dromedario esista allontanandolo di poco dalle forme di allevamento tradizionale, anzi ampliandone gli orizzonti e le opzioni di allevamento nonché migliorando e validando ancor più le precipue caratteristiche fisiologiche della specie. 



A perfect animal machine: the dromedary

There is a growing trend for dromedaries in Europe and Italy. Last year Europe authorized the selling of its milk and this year a vet from Messina set up a dromedary farm. Recently a handful of dromedaries was introduced in the San Rossore Park (Pisa) to foster tourism. Besides their physical differences, the one-humped or dromedary camel and the two-humped or Bactrian camel (the latter’s name derives from Bactria, an area that straddles Afghanistan, 
Uzbekistan, and Tajikistan) have different distribution areas. The Bactrian camel lives in central Asia while the dromedary can be found in North Africa, Asia Minor, and India. Both combine great stamina with an extraordinary ability to survive in a harsh environment thanks to their reduced consumption of water and nutrients. Dromedary and Bactrian camels are exceptional and complex animals, both from an anatomical and a physiological point of view, because of their adaptive capabilities related to thermal tolerance and to the efficiency of their energy, water, and nitrogen cycles.