Mappato il Dna della quinoa. "Può aiutare a sfamare il mondo"

  • 15 February 2017
Sarà la quinoa, che gli Incas chiamavano "madre di tutti i semi", a dare una mano a sfamare una popolazione che si attesterà, a metà secolo, attorno ai 9 miliardi di persone? E' l’ipotesi avanzata dai ricercatori che hanno quasi completato la mappatura del genoma della pianta e pubblicato i risultati su Nature. "E’ incredibilmente resistente, e può crescere su terreni poveri o salati," ha dichiarato Mark Tester, professore al King Abdullah University of Science and Technology in Arabia Saudita e leader del team a cui hanno lavorato 33 esperti di quattro continenti.
In effetti la quinoa – che appartiene alla famiglia degli spinaci, ma dà una farina con molto amido che la fa classificare come pseudo cereale - ha proprietà sorprendenti: cresce fino a 4 mila metri di quota, alcune varietà riescono a sopportare una temperatura di 38 gradi, non contiene glutine e quindi può essere mangiata anche dai celiaci. Ma nonostante queste caratteristiche la sua produzione è molto ridotta: circa 100 mila tonnellate l’anno, niente a che vedere con le centinaia di milioni di tonnellate dei grandi cereali che si dividono il mercato globale.
A frenarne la diffusione, aggiunge la ricerca, sono due fattori. L’amarezza dei semi determinata da composti chimici chiamati saponine, e gli steli, molti lunghi e quindi fragili in caso di vento o pioggia forti. Il team di Tester ha individuato il gene che controlla la produzione di saponine suggerendo che potrebbe essere alterato attraverso l’allevamento o la modifica del gene.
"La quinoa è una buona alternativa dal punto di vista alimentare perché ha una componente proteica maggiore del riso ed è ricca sia di minerali come il magnesio che di vitamina C ed E", commenta Renata Alleva, nutrizionista e specialista in scienza dell’alimentazione. "Non va però trasformata in un alimento magico da moltiplicare forzando la produzione in tutti i modi. Sono proprio questi gli errori che ci hanno portato al maggior rischio che dobbiamo fronteggiare: la riduzione della biodiversità alimentare".
"Noi stiamo studiando l’adattamento di questa pianta in Italia e i risultati sono incoraggianti", racconta Stefano Benedettelli, docente di Agraria all’università di Firenze. "C’è qualche difficoltà di adattamento che deriva dal fatto che i semi sono molto piccoli. La mappatura genetica ora aiuterà il processo di selezione che avviene con i sistemi tradizionali agevolati dall’uso dei marcatori molecolari: si accelerano i tempi del processo e si possono trovare le varietà migliori per il nostro clima".
"Il rilancio della quinoa è certamente una buona notizia, ma non dobbiamo trascurare le piante alimentari che hanno popolato l’Italia e che sono state dimenticate non per difetti nutrizionali ma perché poco adatte alle colture intensive e ad alto impatto chimico", aggiunge Raffaele Sacchi, docente di Agraria all’Università di Napoli Federico II ed esperto di molecular gastronomy. "Nel Cilento ad esempio è stato riscoperto il maracuocciolo, un legume rustico che cresce anche con pochissima acqua e su terreni argillosi e dà una farina ricca di proteine con cui si fa un'ottima polenta".


da: Repubblica.it, 9/02/2017