La scomparsa della tubercolosi bovina nell’uomo

di Giovanni Ballarini
  • 08 March 2017
I gobbi sono scomparsi, come le lucciole di Pier Paolo Pasolini dell’articolo sul Corriere della Sera del primo febbraio 1975, dove lo scrittore rileva che nei primi anni sessanta, a causa dell'inquinamento dell'aria, e, soprattutto, in campagna, a causa dell'inquinamento dell'acqua sono cominciate a scomparire. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante e dopo pochi anni le lucciole non c'erano più. Che cosa è avvenuto? In modo analogo perché vi erano e sono scomparsi i gobbi, uomini e donne di piccola statura con una pronunciata gobba o gibbo, i primi ritenuti segno favorevole tanto da essere toccati per avere fortuna e riprodotti come oggetti scaramantici, e le seconde infauste da evitare? Una domanda che ha sollevato l’interesse d’infettivologi, veterinari, storici e antropologi, anche con una risposta che riguarda la sicurezza alimentare e da non dimenticare, perché i gobbi oggi potrebbero ritornare.
Senza entrare nei significati scaramantici o di superstizione popolare, la quasi totalità di questi ammalati, perché tali sono, spesso di piccola statura tanto che in Sicilia erano denominati “corti”, sono ammalati del Morbo di Pott, tubercolosi vertebrale causata da un’infezione di batteri in gran parte di tipo bovino. Nella grande famiglia dei batteri tubercolari, l’infezione da batterio della tubercolosi di tipo bovino colpisce anche l’uomo, per contatto degli animali infetti e soprattutto per via alimentare con l’uso di latte crudo, prodotti caseari freschi e carni provenienti da mucche ammalate di tubercolosi. Per questo la malattia è tipica delle popolazioni che allevano bovini e già presente nell’Antico Egitto, mentre é assente nelle Americhe precolombiane nelle quali la discussa interpretazione di una statuetta fittile è stata alla fine risolta attribuendola alla rappresentazione di un caso di condrodistrofia e non di Morbo di Pott.
Fino alla metà del secolo scorso, il Morbo di Pott era abbastanza diffuso e invalidante, chi ne era colpito in forma grave aveva scarse possibilità di lavoro e, se ne aveva le doti diveniva musicista. Nel rinascimento spesso era anche giullare e buffone di corte, una figura entrata nel mondo dello spettacolo come Rigoletto dell’opera verdiana e nella letteratura con Quasimodo di Victor Hugo.
L’infezione umana da batterio tubercolare bovino è (relativamente) meno mortale di quella di tipo umano, verso il quale il batterio bovino sembra avere un’attività di contrasto, analogamente a quanto si è ritenuto possa avere nei riguardi dell’infezione di un altro batterio, quello di Hansen che provoca la lebbra, tanto che si è supposto che la fortissima riduzione della lebbra postmedievale in Europa sia la conseguenza dell’espansione nell’uomo della tubercolosi umana e bovina.
La progressiva diminuzione e poi la quasi totale sparizione della tubercolosi bovina nell’uomo in Italia, e quindi la seguente scomparsa dei gobbi con Morbo di Pott è avvenuta attraverso diverse fasi.  Per la grande diffusione della tubercolosi bovina nel bestiame, dapprima vi è stata una campagna informativa sulla necessità di bollire il latte, seguita dall’istituzione delle Centrali del Latte dove si eseguono trattamenti di risanamento del latte tramite pastorizzazione e stassanizzazione, infine e con metodo definitivo si è proceduto all’eliminazione della tubercolosi negli animali da latte: bovini, ovini e caprini. Contestualmente vi è stata l’abolizione dell’istituto della Bassa Macelleria, con la quale ai meno abbienti erano vendute le carni di animali tubercolotici, ora destinate alla distruzione.
Le campagne d’eradicazione della tubercolosi dagli allevamenti, iniziate negli anni sessanta del secolo scorso, proseguite negli anni successivi e ancora in atto, hanno portato all’abbattimento e alla distruzione degli ani-mali infetti. Tuttavia oggi sono rimaste piccolissime sacche di persistenza delle tubercolosi animali, in particolare nelle regioni meridionali italiane, come risulta dai dati forniti dalle autorità sanitarie e anche dalle recenti segnalazioni comparse sui giornali di formaggi freschi prodotti con latte pro-veniente dall’allevamenti non controllati e infetti e sottoposti a non legali trattamenti. Da non sottovalutare inoltre che l’Italia importa rilevanti quantità di carne e soprattutto di latte e di semilavorati caseari di non sempre garantita provenienza, nonostante le documentazioni cartacee, e da paesi che non hanno sistemi capillari di controllo sanitario animale.
Se i gobbi con il Morbo di Pott sono scomparsi, non é da escludere possano ricomparire e questo ritorno non può essere evitato appellandosi alla fortuna della gobba, che non contrasta l’inefficace rispetto delle norme imposte per l’eradicazione della malattia, i mancati o insufficienti tratta-menti del latte con la pastorizzazione o la cottura o la lunga stagionatura dei formaggi, soprattutto nelle aree dove ancora insistono casi di tubercolosi degli animali, e non sufficientemente approfonditi controlli delle importazioni.
Troppo spesso, inoltre, si sente invocare la necessità di mantenere in vita sistemi tradizionali di produzione e lavorazione degli alimenti e del latte e formaggi in particolare, usando il latte crudo prodotti caseari freschi, dimenticando che anche i gobbi ammalati di Morbo di Pott erano tradizionali!