I virus delle piante, non attaccano l'uomo ma ci fanno mancare il cibo

di Massimiliano Borgia
  • 08 April 2020

I virus delle piante sono il grande nemico dimenticato. Eppure anche questi si combattono solo aumentando la capacità di resistenza del vegetale ed evitando il più possibile i contagi.
Non fa molto notizia ma siamo in continua allerta per virosi che riguardano l’agricoltura. Una lotta senza tregua verso malattie che non infettano l’uomo, ma che all’uomo possono fare mancare il cibo. È stato sempre così, ma oggi, nel mondo connesso e dell’agricoltura intensiva, i “fito” virus possono arrivare in un attimo e piegare intere economie agricole, interi territori e cambiare le quotazioni delle commodity alimentari con conseguenze economiche sulle filiere produttive e sui prezzi del cibo.
Dunque, i virus vegetali non fanno ammalare l’uomo e gli animali ma solo le piante. Ogni giorno, senza saperlo, mangiamo e tocchiamo tantissimi virus con le foglie di insalata, addentando la frutta, tagliando le patate, pulendo ortaggi, ma sempre senza nessuna conseguenza per la nostra salute, sempre che frutta e verdura non siano già piene di marciumi.
Eppure molti virus vegetali sono simili a quelli che ci fanno ammalare e, soprattutto, si comportano allo stesso modo: danno inizio al processo di infezione di una pianta penetrando in una o poche cellule, ne sovvertono il metabolismo per costringerle a replicare l’RNA virale e a formare nuovi virioni che, a loro volta, infetteranno le cellule vicine, fino a fare ammalare l'intera pianta.
Così simili alle nostre malattie che, in questi giorni, c’è chi sta studiando certi meccanismi di rapporto virus-cellula vegetale per applicare le scoperte nella lotta contro il coronavirus.
È proprio dallo studio delle malattie delle piante che è arrivata la scoperta dei virus.

Per la precisione, è stata una malattia del tabacco a fare pensare che gli abitanti più piccoli del mondo naturale non fossero i conosciuti batteri ma qualcosa di infinitamente più microscopico. Gli fu dato il nome di “virus” che in latino è sinonimo di veleno e la loro scoperta è relativamente recente.
Nel 1879, Adolf Eduard Mayer, direttore della Stazione sperimentale della allora Scuola di agricoltura di Wageningen (NL), fu chiamato a studiare una sconosciuta malattia del tabacco, che causava un mosaico di macchie sulle foglie infette e che non era riconducibile a nessun patogeno conosciuto. Nel 1886 la definì “mosaico del tabacco” (è ancora conosciuta con questo nome) e provò la trasmissibilità attraverso l’inoculazione con succo estratto da piante infette. Pur riuscendo a trasmettere la malattia, Mayer non fu in grado di isolarne l’agente, ma ipotizzò l’esistenza di batteri di natura sconosciuta, invisibili al microscopio.
L’esistenza di un agente infettivo più piccolo dei batteri venne descritta in Germania da F. Loeffler e P. Frosch nel caso dell’afta epizootica degli animali e, nel 1901, da un medico statunitense, Walter Reed, che identificò il virus della febbre gialla, il primo virus umano conosciuto.
Ma per altri 30 anni la scienza non riuscì a indentificare con certezza i virus. A Dimitri Ivanovsky si devono le descrizioni di corpi di inclusione cristallini nelle cellule infette (1903), poi identificati come aggregati del virus del mosaico del tabacco (TMV), visibili solo con le prime immagini al microscopio elettronico nel 1939.
Dunque si è partiti dalle piante per arrivare all’Uomo.
Nel mondo agricolo ci sono virus storici e virus emergenti, proprio come nel caso del mondo animale e umano.
Molti non si conoscono ancora, ma il mondo dei virus è anche in eterno movimento: durante la replicazione essi possono mutare generando nuovi virus con caratteristiche leggermente differenti. Virus nuovi possono anche nascere da due virioni “genitori” per ricombinazione dell’RNA.
Le piante mostrano sintomi caratteristici (come per le infezioni virali umane). Si va dalle maculature sulle foglie ai “mosaici”, dall’alterazione del colore o della forma della pianta che assume aspetti non naturali alla malformazione dei fiori.
I virus possono essere presenti dentro una pianta in modo asintomatico per poi manifestare i sintomi quando attaccano una pianta appartenente a una specie diversa. Oppure, possono restare latenti in piante asintomatiche per poi “svegliarsi” e infettare la stessa pianta ospite anche molto lontano nel tempo. Di solito, hanno un rapporto molto stretto con la specie a cui si sono adattati ma possono anche attaccare specie di famiglie diverse.

Ma le piante sanno difendersi.
«A differenza dell’Uomo, una pianta non può produrre anticorpi – spiega Luisa Rubino virologa molecolare dell’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del CNR e membro dell'Accademia dei Georgofili – La difesa da parte della pianta è molto diversa. Per esempio, può sviluppare una reazione di ipersensibilità. Il virus entra in una cellula e svolge il primo ciclo di replicazione, ma la pianta lo “sente” e uccide le cellule che circondano quella infettata e, in questo modo, uccide anche il virus. Sacrifica una piccola parte di se stessa per salvarsi. Un altro meccanismo è stato scoperto appena negli anni anni ’90 ed è chiamato “silenziamento genico”. Circa l'80% dei virus conosciuti possiede un genoma composto da RNA a singola elica, proprio come è fatto il coronavirus. Nella cellula infetta il virus libera il genoma per indurla a sintetizzare le proteine necessarie a creare nuovi RNA virali. Al momento della replicazione si formano delle molecole a doppia elica, in pratica una copia del genoma che serva da “stampo” per replicare il nuovo RNA ed il nuovo genoma. Ecco, in quel preciso istante, la pianta "sente" l'attacco e reagisce con alcuni enzimi che “tagliano” l'RNA in piccoli pezzi e lo rendono inoffensivo. Naturalmente anche i virus hanno sviluppato delle strategie di protezione dalle difese della pianta, e nelle cellule vegetali si svolge una lotta senza quartiere tra patogeno e ospite».
Quindi l’unica soluzione è avere piante forti, in grado di mettere in atto i loro meccanismi di protezione.
«L’unica difesa che abbiamo è ottenere una maggiore resistenza della pianta. In natura questo avviene in modo casuale, ma in agricoltura si possono ottenere piante più resistenti ai virus utilizzando la genetica classica, ovvero il vecchio sistema degli incroci. Si incrociano piante della stessa specie che abbiamo visto essere meno attaccate dalla malattia. Otterremo dei semi di piante più forti che potremo incrociare ancora fino ad avere una varietà resistente. Non dobbiamo dimenticare i moderni metodi di ingegneria genetica, anche se poco applicati, che permettono di accelerare moltissimo i tempi della genetica tradizionale. Con la cisgenesi si permette il trasferimento di un gene di resistenza da una specie interfertile, e non da una pianta completamente estranea come nel caso della transgenesi, quindi imitando la tecnica dell'incrocio».
Come fanno a diffondersi i virus nelle piante?
«Possono entrare attraverso microferite sulla pianta. Oppure sono trasmessi da vettori, cioè insetti portatori dei virus (afidi, cicaline, cimici per esempio) che, pungendo la pianta per succhiare la linfa, inoculano i virioni nella pianta. I virus più pericolosi che conosciamo si trasmettono con gli insetti: per questo si combatte l’insetto oltre che per ridurre il danno che esso anche per ostacolare la dispersione dei virus di cui potrebbe essere portatore. Dove si posizionano reti antinsetto o dove si tratta la coltivazione con insetticidi assistiamo a una minore incidenza dei virus. Ma un altro possibile meccanismo di diffusione dei virus è la trasmissione attraverso l’intervento umano. Un taglio effettuato su una pianta infetta seguito da un altro taglio su una pianta sana con lo stesso strumento infettato propaga la malattia tramite la lama dell’attrezzo».
L’agricoltura intensiva è naturalmente più esposta ai virus… «Sì, certo. Basta un seme di lattuga infetto su un milione per attaccare l’intero campo. Ne sanno qualcosa gli agricoltori che coltivano in serra: in ambienti chiusi occorre fare molta attenzione. Un caso classico è il divieto di fumo: una sigaretta può essere vettore del virus del mosaico del tabacco se con le mani si toccano poi le piante di una serra, e si può infettare l’intera coltivazione se si coltiva una specie attaccabile dallo stesso virus. È una buona norma rimuovere e distruggere le piante infette per evitare che fungano da sorgenti di inoculo».
Per questo, la prevenzione è fondamentale nella lotta contro i virus delle piante. La difesa dalla propagazione dei virus in Italia è all’avanguardia. La nostra normativa è spesso stata pioniera. In generale è vietato importare piante da paesi extra Ue che non siano certificate. Anche le sementi devono essere certificate come immuni da virus. Ed è buona norma limitare le generazioni dei semi fai da te a meno che non si producano in ambienti meno vulnerabili.
Ma l’agricoltura italiana introduce sempre nuove varietà e sempre nuove specie, per le richieste dei mercati ma anche per adattarsi ai cambiamenti climatici. Arrivano quindi piante nuove e spesso piantiamo specie in ambienti non adatti a loro portando in campo esemplari che si indeboliscono e sono più soggetti alle malattie.
«Certo, piantare il mango al posto del grano non è una buona idea se si vogliono avere piante forti; e nemmeno ci aiutano le varietà antiche, che sono state selezionate soprattutto per resistere ad altri fattori più che ai virus. Direi che le migliori difese sono queste: semi certificati immuni, materiali di impianto il più possibile dal buon fitness generale e soprattutto esenti da virus, difesa dagli insetti vettori. Altrimenti, se in campo o in frutteto arriva il virus giusto si perde l’intero raccolto e si possono perdere anche i successivi».

A proposito, ecco le virosi più famose presenti nelle nostre coltivazioni. Quelle in grado di farci perdere grandi quantità di cibo in pochi giorni.
Pomodoro: i virus più classici sono il virus dell'accartocciamento fogliare giallo del pomodoro (tomato yellow leaf curl virus) e il virus dell'avvizzimento maculato del pomodoro (tomato spotted wilt virus), cui si possono aggiungere il virus del mosaico del cetriolo (cucumber mosaic virus) che ha messo in ginocchio la coltivazione del pomodoro in Italia meridionale nel 1988. Tra i virus emergenti, è importante il virus dell'imbrunimento rugoso dei frutti, il tomato brown o rugose fruit virus.

Vite: tra i virus più antichi c'è il principale agente che causa la malattia della degenerazione infettiva della vite (grapevine fan leaf virus, virus dell'arricciamento fogliare della vite). Due virus emergenti che stanno assumendo una certa importanza sono il virus della maculatura fogliare rossa della vite e il virus del Pinot grigio (grapevine red blotch virus e grapevine Pinot gris virus).

Agrumi: il virus della “tristezza” degli agrumi (Citrus tristeza virus), “tristemente” famoso in Sicilia.

Drupacee: il virus della vaiolatura del susino (plum pox virus), un vero flagello


tratto da: Festival del Giornalismo Alimentare, 4/4/2020