Dalle scoperte scientifiche alle applicazioni tecnologiche: passaggio tutt'altro che scontato

di Amedeo Alpi
  • 05 April 2017
Negli ultimi anni si è discusso molto, anche in questa Accademia, di "genome editing", cioè di un metodo di modifica del DNA, molto efficace e diverso dal più anziano "trasferimento genico". I genetisti ci hanno spiegato in cosa consiste e come sia suscettibile di impiego pratico anche per il miglioramento genetico delle piante coltivate. Ciò che è meno conosciuta è la complessa battaglia che si sta combattendo tra gruppi di scienziati e Istituzioni scientifiche per il riconoscimento del diritto allo sfruttamento del "know how", recentemente documentata dalla rivista americana Science. Esistono varie tecniche di "genome editing" che consentono di modificare i geni; tra di esse la più promettente viene chiamata CRISPR e si basa sull'uso di segmenti di DNA procariotico contenenti sequenze ripetitive. Nel 2012 due ricercatrici, Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna, pubblicano un articolo su Science nel quale dichiarano lo straordinario potenziale applicativo della tecnica CRISPR/Cas9; Cas9 è una endonucleasi associata a CRISPR che, di fatto, viene guidata nel sito esatto del DNA dove si deve esercitare il taglio. Infatti le due scienziate si erano convinte che con questo strumento si potesse tagliare il DNA in modo mirato, modificando poi i geni e quindi, la loro espressione. L'interesse del mondo scientifico su questa tecnica è stato immediato, come dimostra il numero delle pubblicazioni sul CRISPR che salgono dalle 126 del 2012 alle 2155 del 2016. Nel frattempo, il lavoro delle due scienziate desta l'interesse di molti altri valenti colleghi insieme ai quali condividono l'idea di formare, tutti insieme, una società per mettere la tecnica a disposizione del mercato che appare molto vasto (dalla medicina alla agricoltura, all'ambiente ecc.). Ma l'interessante tentativo unitario non decolla, come spesso accade alle belle idee. La comunità dei ricercatori si divide presto per disaccordi su vari argomenti: preoccupazioni circa la proprietà intellettuale, rapporti con le Università e con gli Enti di ricerca (Università della California, Broad Institute, Università di Harvard, Massachusetts Institute of Technology e Università di Vienna), ambizioni di premio Nobel, presenza in trasmissioni televisive, profitti personali, ecc. In pratica una classica saga accademica con tutti gli ingredienti e soprattutto un forte ego. Ciascun gruppo prende quindi la sua strada e vengono fondate varie Società. Si stima che siano stati raccolti circa due miliardi di dollari di "Venture Capital" di cui varie decine di milioni sono stati spesi per gli avvocati che hanno dovuto gestire la grande battaglia per stabilire chi avesse diritto a brevettare le tecniche scoperte, presso lo U.S. Patent and Trademark Office (USPTO).
Gli anni trascorsi dal 2012 ad oggi, sono stati contrassegnati da furiose battaglie legali tra quelli che, un tempo sodali, si sono divisi per "mettersi in proprio". Il settore dove si pensava di ottenere il massimo dei guadagni era, ovviamente, l'ambito biomedico e, in un primo momento, poteva sembrare che la tecnologia CRISPR potesse essere accolta come la soluzione ottimale anche per la modifica genetica delle colture e degli animali allevati, in quanto la vecchia tecnologia per fare gli OGM e basata sul trasferimento di DNA, è ancora molto contestata in buona parte del mondo. Purtroppo si è verificato, anche per questa nuova tecnologia, una situazione di stallo; le varie agenzie governative sembravano orientate ad usare anche nel caso del CRISPR, buona parte dei lunghi e complessi protocolli di verifica a suo tempo adottati per gli organismi geneticamente modificati tramite trasferimento di DNA. Pertanto può essere accolta con favore la notizia, riportata recentemente da The Scientist -rivista americana di Scienze della vita-, circa l'intenzione dell'European Patent Office (EPO) dell'Unione Europea, di concedere il brevetto per la tecnologia CRISPR "gene-editing", all'Università della California-Berkeley, all'Università di Vienna e a Emmanuelle Charpentier, sia per le cellule procariotiche che eucariotiche. L'inclusione, nel brevetto, delle cellule eucariotiche rappresenta una diversa posizione, rispetto alla decisione della corrispondente organizzazione U.S.A., U.S. Patent and Trademark Office's Patent Trial and Appeal Board, che ha negato, nel mese di Marzo, la possibilità di sfruttamento commerciale del brevetto, concedendone solo la proprietà intellettuale al Broad Institute del MIT e ad Harvard.
E' possibile che questa posizione dell'EPO possa generare ricorsi da parti di alcuni Enti americani; la storia potrebbe così continuare, mettendo ulteriore scompiglio tra i vari gruppi americani in competizione, ma con grande soddisfazione degli avvocati; è utile ricordare che sulla metodologia CRISPR i brevetti depositati sono circa un migliaio.
Viene in mente "Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur", ma questa volta non si discuterebbe troppo a "Roma", che potremmo prendere a simbolo dell'EPO dell'Unione Europea, ma invece a Sagunto, cioè in USA, dove le divisioni hanno causato veti incrociati, nonostante la notevole disponibilità di capitali, mezzi e competenze.