Crisi dell’olivicoltura nazionale

  • 24 May 2017
Siamo di fronte a due importanti contraddizioni: continuano ad aumentare gli oliveti abbandonati a se stessi, proprio mentre è in crescita la richiesta di olio extravergine di oliva. 
Il prossimo 26 maggio alle 10,30 presso la Sala stampa dello Stadio Artemio Franchi di Firenze (Via Manfredo Fanti, 4), si terrà un dibattito per approfondire e riflettere su questa diffusa crisi dell’olivicoltura. Sono previsti interventi di Fabrizio Filippi (Presidente IGP), Christian Sbardella (Responsabile Marketing e Comunicazione IGP Toscano), Riccardo Gucci (Presidente dell’Accademia dell’Olivo e dell’Olio e docente di Università di Pisa), Maurizio Servili (Università di Perugia), Francesco Paolo Fanizzi (Università del Salento). E’ previsto un intervento di Marco Remaschi (Assessore all’Agricoltura, Regione Toscana). Modererà i lavori Alberto Grimelli (Teatro Naturale).
L’importante iniziativa affronterà un tema fondamentale, che da tempo richiede una necessaria programmazione per rinnovare l’olivicoltura.
Traiamo dalle considerazioni ripetute più volte dal prof. Scaramuzzi e pubblicate nel volume “Toscanità” da Giunti Editore nell’ottobre 2016, a pagina 250 con il titolo “Maestra olivocultura” (Scarica qui l’articolo in PDF).

L’olivo non è una pianta originale dei nostri territori, ma vi è stato introdotto e adattato ai diversi territori e microclimi che hanno scelto cultivar e tecniche assai differenti. Anche nella Toscana, troppi oliveti sono ancora su margini ripidi di terreno oppure su stretti terrazzamenti sui quali non tutte le macchine possono facilmente operare. I sesti degli olivi tradizionali sono irregolari, costituiti spesso da diverse cultivar disordinatamente mescolate. Tutto ciò è di ostacolo alle indispensabili operazioni colturali e determina costi di produzione non competitivi.
Questa olivicoltura “considerata marginale”, rappresenta una parte considerevole ma meno sostenibile. L’assegnazione di contributi finanziari integrativi a queste realtà è estranea agli obiettivi di sviluppo e può quindi assumere solo carattere meramente assistenziale, che non potrà essere eterno e neppure risolvere le difficoltà attuali. Le piccole proprietà, moltiplicatesi anche per le polverizzazioni fondiarie prodotte dalle illimitate e incontrastate divisioni nelle successioni ereditarie, continuano a generare oliveti sempre più piccoli, tanto che le famiglie proprietarie svolgono altrove le proprie attività lavorative e giustamente le statistiche ufficiali e europee non le considerano più come aziende agricole.
Il destino del nostro intero comparto olivicolo non è solo nelle mani degli olivicoltori, ma anche di chi gestisce le olive e il loro olio. Molte importanti innovazioni tecnologiche hanno recentemente realizzato risultati molto interessanti. Nella successiva fase commerciale non mancano aziende olivicole e industrie olearie che dispongono di moderni frantoi e che commercializzano direttamente il prodotto. Spesso però non sono singolarmente in grado di svolgere un’autonoma e adeguata attività pubblicitaria. 
Purtroppo, non siamo stati in grado di ottenere una documentata tracciabilità lungo tutto il percorso della filiera dal campo al consumatore. Continua a svilupparsi una gara tecnico scientifica, sempre più avanzata, tra gli organi ufficiali di controllo e gli autori di sofisticazioni e frodi sempre più raffinate. L’ampia gamma di oli di oliva extravergine a livello internazionale, sottoposti a controlli di conformità, non hanno sufficienti strumenti per individuare prodotti adulterati o etichettati in modo fuorviante. Si auspica un condiviso piano strategico per la tutela del comparto olivicolo, da realizzare con la forza e l’impegno necessari per superare le miopie e le incomprensioni contingenti. 
L’olivicoltura ha urgente bisogno di un’analisi dettagliata e oggettiva delle singole situazioni che costituiscono la complessiva realtà, ormai lontana da quella tradizionale. Abbiamo il dovere di fare tempestivamente il possibile per assicurare il futuro della nostra millenaria olivicoltura, senza sottrarci al confronto con l’evolversi del mercato globale. Per ottenere questo sarebbe molto utile eliminare le interferenze, gli ostacoli e i condizionamenti delle amministrazioni pubbliche e della politica sulle libere scelte imprenditoriali che gli agricoltori intendessero adottare per modernizzare l’olivicoltura e mostrare la validità di innovazioni efficaci da poter copiare (come è sempre avvenuto in agricoltura).