Così il miglio resiste alla desertificazione

  • 18 October 2017
L’aumento delle temperature e della frequenza di eventi climatici estremi, come le ondate di caldo che si verificano in molte parti del mondo, sono destinati a portare ad un calo delle rese produttive delle più importanti colture alla base dell’alimentazione umana. Oggi, con la decifrazione della sequenza del genoma del miglio perlato, un progetto che ha coinvolto un team internazionale di 65 scienziati appartenenti a 30 diverse istituzioni di ricerca, è possibile svelare le strategie vincenti messe in atto da questa coltura per affrontare condizioni climatiche estreme. L’analisi della variabilità genetica di un migliaio di linee di questo cereale, tipicamente ben adattato a crescere nelle regioni desertiche, ha permesso di comprendere meglio come esso possa sopravvivere a temperature estreme (oltre 42°C) e sia eccezionalmente tollerante al secco.
Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Biotechnology (doi:10.1038/nbt.3943), getta le basi per il potenziale sviluppo di analoghe strategie adattative in altri importanti cereali. La ricerca, co-diretta dall'International Crops Research Institute for Semi-Arid Tropics (Icrisat), India, dal Beijing Genomics Institute (Bgi)-Shenzhen, Cina e dall’Istituto nazionale di ricerca per lo sviluppo sostenibile (Ird), Francia, e che ha visto anche il coinvolgimento dell’Istituto di biologia e biotecnologia agraria del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibba-Cnr) di Milano, “ha impiegato le tecnologie di sequenziamento e analisi del Dna più innovative per identificare nuovi strumenti genetici, come marcatori molecolari correlati alla tolleranza alla siccità e alle alte temperature, così come ad altri importanti caratteri (migliore profilo nutrizionale, resistenza a patogeni)”, spiega Francesca Sparvoli dell’Ibba-Cnr. “Queste nuove conoscenze costituiscono un propellente per l’avanzamento delle attività di miglioramento genetico di questo cereale, una coltura cruciale per l’alimentazione ed il sostentamento di milioni di persone che vivono nelle regioni aride e semi aride dell’India e dell’Africa sub-Sahariana”. Il miglio perlato [Cenchrus americanus (L.) Morrone] è un cereale tipico delle regioni aride molto nutriente, essendo ricco in proteine, fibre, micronutrienti essenziali come ferro, zinco e folato. Studi nutrizionali hanno mostrato come questo cereale possieda le potenzialità per combattere la carenza di ferro, la più importante fra le carenze di micronutrienti e la principale causa di anemia che colpisce la salute e lo sviluppo di un terzo della popolazione mondiale.
“Nel mondo, il miglio perlato viene coltivato su circa 27 milioni di ettari e rappresenta un alimento quotidiano per oltre 90 milioni di persone, appartenenti alle fasce più vulnerabili delle aree aride e semi aride dell’India e dell’Africa sub-Sahariana”, prosegue la ricercatrice. “Questo cereale è inoltre un importante foraggio usato da milioni di allevatori. Tuttavia, le rese produttive del miglio perlato sono rimaste a bassi livelli da oltre sessanta anni, infatti questa specie è principalmente coltivata da piccoli agricoltori in terreni poveri, privi di sistemi di irrigazione e senza l’ausilio di fertilizzanti o altre pratiche agricole. Gli investimenti in ricerca nel settore della genetica sono stati inadeguati, di conseguenza i ’breeders‘ hanno a disposizione poche informazioni programmi di miglioramento genetico finalizzati all’ottenimento di varietà superiori ad alta resa e ibridi in grado di incontrare le necessità dei piccoli agricoltori. I risultati ottenuti grazie al sequenziamento del genoma del miglio perlato hanno portato a una migliore comprensione della variabilità genetica di questa specie, e i ricercatori hanno identificato geni candidati per caratteri molto importanti, come la tolleranza al calore, o la resistenza alla peronospora, un fungo tra i principali patogeni del miglio perlato”. Ad esempio, il miglio perlato possiede una straordinaria capacità di tollerare elevate temperature. Molti cereali, come il riso o il mais, non sopportano temperature superiori a 30-35°C durante la fase di maturazione dei semi, al contrario il i semi del miglio perlato maturano fino a temperature di 42°C. In questa ricerca si è scoperto che, rispetto ad altri cereali come il grano, il riso o il mais, il miglio perlato dispone di un repertorio diverso di geni per la produzione di proteine che agiscono come delle cere naturali in grado di proteggere la pianta dallo stress termico. È evidente che questa capacità di resistere al calore è cruciale se si considera che gli esperti di cambiamenti climatici prevedono per il futuro una maggiore frequenza delle ondate di calore. Grazie all’impiego di approcci biotecnologici è possibile ipotizzare il trasferimento in futuro di queste caratteristiche di tolleranza al calore e alla siccità anche ad altri importanti cereali.
 Come spiegato dal Dott. David Bergvinson, Direttore Generale dell’Icrisat, “la conoscenza della sequenza del genoma del miglio perlato sarà cruciale in questa fase di grandi cambiamenti climatici. Questa ricerca consentirà agli agricoltori delle aree marginali dell’Africa e dell’Asia di ottenere produzioni elevate di miglio perlato nei loro campi. L’identificazione in miglio perlato di geni che consentono una migliore tolleranza al calore sarà inoltre di aiuto per trasferire questa conoscenza anche ad altre importanti colture come frumenti, riso e mais, dimostrando l’importanza di investire nella conoscenza delle cosiddette ’orphan crops‘ o colture neglette”. Il più rapido sviluppo di varietà migliorate di miglio perlato che, nonostante le alte temperature e la carenza di acqua, possono crescere, essere molto produttive e garantire una fonte di guadagno per i piccoli agricoltori, aiuterà le comunità ad adattarsi ai cambiamenti climatici, garantendo cibo e sicurezza alimentare.

Fonte: CNR, Consiglio Nazionale delle Ricerche - 10/10/2017